Inviare un messaggio

In risposta a:
ITALIA: 19 luglio 1992 ...

GIOVANNI FALCONE, PAOLO BORSELLINO, ANTONINO CAPONNETTO. UN URLO PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE

giovedì 19 luglio 2007 di Federico La Sala
"C’è un equivoco di fondo.
Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose,
se non viene giudicato colpevole dalla magistratura,
è un uomo onesto.
No!
La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale.
Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia,
per essere oneste e apparire tali"
(Paolo Borsellino, "Lezione sulla mafia", 1989)
L’ITALIA HA TROVATO IL SUO LOGOPEDISTA "COSTITUZIONALE"!!! CHE PACIFICAZIONE!!! (...)

In risposta a:

> GIOVANNI FALCONE, PAOLO BORSELLINO, ANTONINO CAPONNETTO. --- Stato e mafia. Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino (di Roberto Scarpinato)

martedì 21 gennaio 2014

Stato e mafia

Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino

di Roberto Scarpinato (il Fatto, 21.01.2014)

      • Pubblichiamo l’intervento di Roberto Scarpinato in occasione dell’anniversario del compleanno di Paolo Borsellino

Quel che non cessa di interrogarmi della vicenda di Paolo è la rassegnazione impotente all’ineluttabile che lo pervase nell’ultimo mese di vita. È come se a un certo punto si fosse reso conto - lui che era stato un indomito combattente per tutta la vita - che nulla e nessuno avrebbe potuto salvarlo. Il senso di questa solitudine impotente emerge da vari indizi.

Ad esempio l’avere sentito la necessità di confessarsi pochi giorni prima del 19 luglio 1992, non in Chiesa, ma nel Palazzo di Giustizia di Palermo, luogo certo inusuale per una confessione. Qui infatti convocò un sacerdote suo amico per confessarsi, compiendo un gesto di grande valenza simbolica che va, io credo, interpretato.

In quel luogo egli aveva vissuto insieme a Giovanni Falcone quella che il 23 giugno 1992, nel suo ultimo discorso pubblico prima della morte, aveva definito una “lotta d’amore” per liberare Palermo dal sistema di potere mafioso, modo straordinario di Paolo di qualificare il senso del proprio impegno antimafia e che dice tanto della sua umanità. In quello stesso luogo, sentendo che la sua lotta d’amore stava volgendo al termine per forze superiori, con quella confessione si apprestava a entrare nella morte vivendo, a occhi aperti, come un martire cristiano che sta per entrare nell’arena dove sa che sarà divorato da bestie feroci sotto lo sguardo di un paese che quasi attendeva la sua fine, come quella di una vittima sacrificale predestinata; sotto lo sguardo impotente di uno Stato che lo aveva consegnato alla sua solitudine e che neppure si era curato di imporre una zona rimozione sotto la casa dell’abitazione materna dove Paolo aveva l’abitudine di recarsi, per rendere almeno più difficile lo sporco lavoro degli assassini.

Altro segnale della rassegnata impotenza di Paolo è la frase che egli nella intimità degli affetti affidò alla memoria della moglie Agnese, e ora consacrata negli atti processuali: “Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere”.

Chi erano questi altri che volevano la sua morte e che Paolo, mente lucidissima, aveva ritenuto di poter individuare e che riteneva talmente potenti da non aver scampo dinanzi ad essi? Forse le tracce per dare un volto a costoro erano in quell’agenda rossa che era divenuta per Paolo una sorta di promemoria sull’indicibile. Quell’indicibile che lui aveva intravisto e che lo aveva lasciato sgomento.

QUELLO stesso sgomento che aveva segnato Giovanni Falcone quando dopo l’attentato all’Addaura nel 1989, aveva compreso che le forze che volevano la sua morte andavano ben al di là degli uomini della mafia, semplici esecutori di disegni di menti raffinatissime, come egli le definì.

E fu allora che Giovanni coniò l’espressione “gioco grande” per alludere al gioco grande del potere che, come un gorgo malefico, ha inghiottito nelle sue spire le vite di tanti.

Un gioco grande che ha attraversato come un vento impetuoso la storia martoriata di questo nostro povero paese sin dalla fondazione della Repubblica il cui atto di nascita è segnato da una strage di mafia - quella di Portella della Ginestra la cui matrice politica è ormai acclarata - e che ha visto concludere la fase terminale della prima Repubblica con le convulsioni dello stragismo del 1992-1993.

E tra l’inizio e la fine è una catena ininterrotta di altre stragi e di omicidi politici che non ha eguali nella storia di alcun altro paese europeo.

Nell’agosto del 2012 mi recai a fare visita ad Agnese Borsellino già gravemente segnata dalla malattia che l’avrebbe condotta a morte nell’anno successivo. A un certo punto mi disse: “Non so se sia stato peggio quello che abbiamo vissuto prima della strage, quando ogni giorno temevamo che Paolo potesse essere ucciso, o quello che siamo stati costretti a vivere dopo”.

E nel dire quel “dopo” i suoi occhi si riempirono di lacrime e la sua mano cominciò ad agitarsi nell’aria come ad alludere a una verità indicibile di cui era stata costretta a rendersi conto, forse quella stessa verità che aveva lasciato sgomento e rassegnato Paolo.

Credo che per rendere onore a Paolo, per strapparlo almeno nella memoria alla terribile solitudine che lo pervase negli ultimi giorni di vita, occorre che in giorni come questi, non solo nelle commemorazioni private, ma anche in quelle ufficiali, cominciamo a dire a noi stessi che egli non è stato solo vittima di personaggi come Riina e i suoi sodali, ma anche della storia malata di un paese democraticamente immaturo che non ha mai saputo fare i conti con il proprio passato, non ha mai avuto la forza di guardare dentro la propria realtà, e che per questo motivo ha lasciato morire nella solitudine alcuni dei suoi figli migliori, rischiando così di far morire insieme a loro anche la parte migliore di sé.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: