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ITALIA: 19 luglio 1992 ...

GIOVANNI FALCONE, PAOLO BORSELLINO, ANTONINO CAPONNETTO. UN URLO PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE

giovedì 19 luglio 2007 di Federico La Sala
"C’è un equivoco di fondo.
Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose,
se non viene giudicato colpevole dalla magistratura,
è un uomo onesto.
No!
La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale.
Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia,
per essere oneste e apparire tali"
(Paolo Borsellino, "Lezione sulla mafia", 1989)
L’ITALIA HA TROVATO IL SUO LOGOPEDISTA "COSTITUZIONALE"!!! CHE PACIFICAZIONE!!! (...)

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> GIOVANNI FALCONE, PAOLO BORSELLINO, ANTONINO CAPONNETTO. UN URLO PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE ---- IL RICORDO. A diciotto anni dal barbaro agguato di Capaci, Napolitano: "Uno stimolo per la crescita civica".

domenica 23 maggio 2010


-  IL RICORDO

-  E’ la giornata in memoria di Giovanni Falcone
-  Napolitano: "Uno stimolo per la crescita civica"
*

-  PALERMO - "A diciotto anni dal barbaro agguato di Capaci, il ricordo dell’appassionato, eroico impegno di Giovanni Falcone nella difesa delle istituzioni e dei cittadini dalla sopraffazione criminale resta indelebile in tutti noi e costituisce prezioso stimolo per la crescita della coscienza civica e della fiducia nello stato di diritto". E’ un passaggio del messaggio che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato a Maria Falcone, presidente della Fondazione "Giovanni e Francesca Falcone", in occasione del 18esimo anniversario della strage di Capaci.

"Meritano il massimo sostegno le indagini tuttora in corso - ha proseguito il Capo dello Stato - su aspetti ancora oscuri del contesto in cui si svolsero i fatti devastanti di quel drammatico periodo. Esse potranno consentire di sgombrare il campo da ogni ambiguita’ sulle circostanze e le responsabilita’ di quegli eventi, rispondendo all’ansia di verita’ che accomuna chi ha sofferto atroci perdite e l’intero paese".

Intanto, sono più di tremila le persone che stanno partecipando al convegno organizzato nell’aula-bunker dell’Ucciardone di Palermo per commemorare il giudice Giovanni Falcone e gli agenti della sua scorta, assassinati dalla mafia il 23 maggio di 18 anni fa. Nell’aula, che ospitò il primo maxi-processo alla mafia istruito da Falcone e da Paolo Borsellino, 2.500 studenti di tutta Italia ricordano la figura del magistrato trucidato a Capaci. Assieme a loro, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, i ministri dell’Interno e della Giustizia, Roberto Maroni e Angelino Alfano, il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso e il procuratore di Palermo, Francesco Messineo. Al convegno è presente, tra gli altri, anche il capo della Polizia, Antonio Manganelli. La manifestazione si è aperto con un filmato su Falcone.

I 2.500 giovani "ambasciatori della legalità" provenienti da tutta Italia è arrivata stamattina presto al molo di Palermo. Ieri sera i ragazzi, studenti di 250 scuole selezionate dal ministero dell’Istruzione e dalla Fondazione Falcone, erano partiti a bordo delle di navi, da Napoli e Civitavecchia. Ad accoglierli sul molo molti loro coetanei palermitani, che li hanno salutati con canti in onore di Falcone e Borsellino e contro la mafia. Nel cielo sono volati centinaia di palloncini tricolore, mentre i "giovani della legalità" indossavano magliette bianche con la scritta "gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini" firmata dal giudice Falcone. Sul molo è stato allestito un palco, dal quale i ragazzi sono stati salutati dalla sorella di Falcone, Maria, dal presidente di Libera, don Luigi Ciotti e dal procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, che ha fatto la traversata in mare assieme agli studenti partiti da Civitavecchia.

"Non solo la mafia aveva interesse a eliminare Giovanni Falcone - ha detto Piero Grasso - lui non voleva combattere la mafia e l’illegalità a metà, le voleva eliminare dalle fondamenta. Voleva tagliare le relazioni tra la mafia e gli altri poteri. E su questo le indagini sono ancora attuali". I ragazzi, partiti ieri pomeriggio da Civitavecchia, in serata hanno avuto modo di confrontarsi con il procuratore Grasso, il capo dipartimento per la programmazione del Ministero dell’Istruzione, Giovanni Biondi, il responsabile per la legalità di Confindustria, Antonello Montante, Andrea Colucci di Confcommercio e Giulio Bacosi, avvocato di Stato. I relatori hanno risposto alle domande degli studenti e Piero Grasso ha raccontato a lungo la sua amicizia con Falcone.

"Il rapporto d’amicizia tra noi due - ha detto ancora Grasso - è cominciato dopo il maxiprocesso. Poteva sembrare una persona altezzosa e sprezzante, ma nell’intimità, con gli amici, era una persona diversa: scherzosa, quasi demenziale, e molto affettuosa con i nostri figli. Aveva una grande forza, nonostante le avversità ogni volta si ritirava su ed era pronto a lottare di nuovo". Grasso ha quindi spiegato il mutamento che la mafia ha avuto dalle stragi a oggi: "Ha fatto un salto di qualità, ha capito che le stragi non pagano e cerca di rendersi invisibile. La forza della mafia oggi è questa: non ha visibilità e si ristruttura e si organizza negli affari, diventando sempre più potente". Pertanto, secondo Grasso, è importante educare i ragazzi alla legalità: "I problemi non si risolvono mettendo in carcere i mafiosi, ma se voi giovani riuscirete a costruire una classe dirigente che dica no alla mafia e all’illegalità".

"La verità va cercata ovunque - ha proseguito il procuratore nazionale antimafia, Grasso, parlando con i ragazzi - bisogna farlo magari con maggiore silenzio per ottenere risultati migliori". Il riferimento è stato alle nuove indagini sull’attentato fallito all’Addaura contro Giovanni Falcone, al centro di un’inchiesta della Procura di Caltanissetta che indaga sul coinvolgimento di apparati deviati dei servizi segreti nella preparazione dell’attentato. Senza entrare nello specifico delle indagini, Grasso ha tuttavia aggiunto: "Non bisogna identificare lo Stato con personaggi infedeli, di infedeli ce ne sono anche nella magistratura. Ma quello non è lo Stato per cui sono morti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che rappresentano un patrimonio che non possiamo disperdere e che oggi ricordiamo".

* la Repubblica, 23 maggio 2010


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