“Lo Stato non può ostacolare la verità”
Pm e politici in ricordo di Borsellino
di Sandra Amurri (il Fatto, 27.06.2012)
Con l’applauso quasi liberatorio, l’immagine di Paolo Borsellino, scolpita nel dolore, sembra non voler scomparire dal video a conclusione della sua testimonianza in quel 25 giugno del ’92 sul tema “Ma è solo mafia? ”. Era proprio qui, nell’atrio della Biblioteca Comunale di Palermo, dove oggi quel discorso viene proiettato.
Si conclude così, in un’atmosfera fortemente emotiva, la serata “Vent’anni dopo non è solo mafia” organizzata dall’associazione “Cittadinanza per la magistratura”. Quell’interrogativo mancante, sancisce un radicale cambiamento: l’odierna consapevolezza che Cosa Nostra non fu da sola.
A 33 giorni dalla strage di Capaci, il giudice, condannato a morte, come racconta la consapevolezza che attraversa il suo viso, denunciava, con toni sommessi ma con una forza dirompente, l’isolamento di Giovanni Falcone. Borsellino verrà ucciso 24 giorni dopo.
MOLTE delle persone in platea e i magistrati sul palco erano presenti allora. Rimbomba e si fa plurale quel “Giuda” con cui Borsellino definì il procuratore che aveva ostacolato l’amico Falcone. Fu Cosa Nostra a compiere la strage che, come spiega il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, “apparteneva allo Stato-mafia che si contrappone allo Stato-Stato. Uno Stato-mafia che quando la mafia alza la testa interviene con provvedimenti provvisori per dire alla controparte: stai quieta, non rompere quell’equilibrio che serve a tutti e due.
Mentre lo Stato-Stato fatto di magistrati, di poliziotti, carabinieri e di uomini delle istituzioni fedeli, continua ostinatamente a combattere”. Uno scenario che “ci consegna la storia ma non consegna quei fatti alla storia”. Rita Borsellino chiama “pupari” quelli a cui “ci affidavamo” e ammonisce: “Non sono le istituzioni a essere bacate, ma gli uomini che le occupano abusivamente”.
Leonardo Guarnotta, presidente del Tribunale di Palermo alla domanda su cosa pensi delle telefonate tra D’Ambrosio, consigliere giuridico di Napolitano e Nicola Mancino risponde: “C’è una domanda di riserva? Non trovo le parole. Non abbiamo bisogno di colpevoli ma dei colpevoli, costi quel che costi”. Ricorda: “Abbiamo sempre avuto consapevolezza che ci fossero due Stati contrapposti che Giovanni, con la sua ironia, quando, a notte fonda, uscivamo dalle nostre stanze sintetizzava così: ‘Leonardo, è ora di togliere il disturbo allo Stato’”. Antonio Ingroia visibilmente emozionato spiega: “Con attacchi a testa bassa si chiede alla magistratura di rallentare il passo anziché accelerarlo. Se la politica facesse il suo dovere si realizzerebbe quella coesione di cui si ha bisogno per restituire giustizia e verità”.
Nino Di Matteo elenca i tanti silenzi e i tanti “non ricordo” dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, racconta che un alto esponente delle Istituzioni, ascoltato come testimone al termine del colloquio tira un lungo sospiro di sollievo e alla domanda da cosa derivasse la sua ansia spiega: “Mi hanno insegnato che con la giustizia è meglio non avere nulla a che fare neppure come testimone”.
Per la prima volta la Procura di Palermo fa un processo sull’interlocuzione stato-mafia, escono i nomi e una parte consistente della politica e delle istituzioni apostrofa i magistrati “schegge eversive”. Il giudice Giovanbattista Tona, denuncia “il silenzio colpevole della grande stampa quando non diventa piffero di chi vuole impedire la verità”.
Salvatore Borsellino, che con l’energia di un ragazzo dai suoi 70 anni gira l’Italia con il popolo dell’Agenda Rossa, chiede: “Perché un magistrato dopo l’esplosione ha fatto forzare la portiera della macchina di Paolo per prendere la sua borsa ignorando che non si può alterare la scena del delitto, poi dice di non ricordare a chi l’ha consegnata? ”. E invita i magistrati a leggere una loro lettera a Paolo il 19 luglio in via D’Amelio.
Il sindaco Leoluca Orlando annuncia: “Questo luogo si chiamerà Borsellino, qui verrà ricordato il 25 giugno di ogni anno sino alla verità. Chi ha rispetto delle istituzioni deve impegnarsi con i fatti”. Chiediamo: compreso il Capo dello Stato? “Sì, certamente tenendo conto del ruolo di salvaguardia della tenuta istituzionale senza però garantire impunità ad alcuno”. È notte fonda quando i cancelli della Biblioteca si chiudono. Paolo Borsellino continua a vivere tra i colori dei vicoli di Ballarò che trasudano di quell’umanità che non riduce le figure ma le esalta.