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TERRA!!! TERRA!!! PIANETA TERRA: FILOLOGIA E ’DENDROLOGIA’ (gr.: "déndron" - albero e "lògos" - studio/scienza). L’ALBERO DELLA VITA ...

RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO". Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE (2005). Una "memoria" - di Federico La Sala.

(...) il “nuovo mondo” che abbiamo costruito dimostra quanto presto abbiamo dimenticato la ‘lezione’ delle foreste, dei mari, dei deserti, e dei fiumi e delle montagne!!!
domenica 14 aprile 2024
Secondo quanto suggerisce Vitruvio (De architectura, 2,1,3) la struttura del tempio greco trasse la sua origine da primitivi edifici in argilla e travi di legno (Wikipedia)
IL SEGRETO DI ULISSE: "[...] v’è un grande segreto /nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./ Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo [...]"
(Odissea, Libro XXIII, vv. 188-192).
EUROPA. PER IL (...)

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> RIPENSARE L’EUROPA!!! -- Ezra Pound, non finisce mai il naufragio dell’Occidente. Com’è avara l’Europa.

lunedì 3 ottobre 2016


L’antologia degli scritti in prosa di Ezra Pound: dall’introduzione di Giorgio Agamben

Pound, non finisce mai il naufragio dell’Occidente

Dalla critica all’usura delle banche e alla “denarolatria” alle riflessioni su Confucio, al necrologio per Eliot

di Giorgio Agamben (La Stampa, TuttoLibri, 01.10.2016)

Non si comprende l’opera di Pound se non la si colloca innanzitutto nel suo contesto proprio. Questo contesto coincide con una frattura senza precedenti nella tradizione dell’occidente, una frattura da cui l’occidente non soltanto non è ancora uscito, ma nemmeno potrà farlo se non sarà prima in grado di misurarne la portata in ogni senso decisiva. Dopo la fine della prima guerra mondiale era, infatti, chiaro per chi avesse mantenuto la lucidità, che qualcosa di irreparabile si era prodotto in Europa e che il nesso tra passato e presente si era spezzato.

Che i primi a rendersene conto siano stati i poeti e gli artisti non deve stupire, poiché è ad essi che incombe in ogni tempo la trasmissione di ciò che vi è di più prezioso: la lingua e i sensi. Non si può nemmeno porre il problema delle avanguardie poetiche del Novecento se non s’intende preliminarmente che esse sono il tentativo di rispondere - con maggiore o minore consapevolezza secondo i casi - a questa catastrofe: esse non hanno a che fare con la poesia e con le arti, ma con la loro radicale impossibilità, col venir meno delle condizioni che le rendevano possibili.

La trasposizione in termini estetico-mercantili della crisi epocale che si era espressa nelle avanguardie è, per questo, una delle pagine più vergognose della storia dell’occidente, di cui i musei di arte contemporanea rappresentano oggi l’estrema e più ignava propaggine. Ciò in cui ne andava della stessa possibilità della sopravvivenza dell’uomo in quanto essere spirituale viene ridotto a un fenomeno di moda e liquidato una volta per tutte in forma di produzione di nuove merci [...]. Soltanto in questo contesto l’opera di Pound - almeno a partire dai primi Cantos - diventa intellegibile. Egli è il poeta che si è posto con più rigore e quasi con «assoluta sfacciataggine» di fronte alla catastrofe della cultura occidentale.

Ben più decisamente di Eliot, egli dimora in questa «terra devastata» - un inferno che, come egli suggerisce nel canto XLVII non si può credere, come ha fatto il «reverendo Eliot», di «attraversare in fretta». Ma proprio per questo, per lui «tutte le età sono contemporanee» ed egli può riferirsi immediatamente all’intera storia della cultura, da Omero a Cavalcanti, da Mani a Mussolini, da Dante a Browning, da Persefone a Woodrow Wilson, da Confucio a Arnaut Daniel. «Soltanto Pound» ha detto Eliot «è capace di vederli come esseri viventi» - a condizione di precisare che, nei Cantos, essi sono in verità soltanto frantumi, che sbucano per un attimo dal Lethe e incessantemente si rituffano in esso [...].

Se la tradizione è accessibile solo come scheggia e frammento, il poeta a caccia di forme non vede davanti a sé chemacerie - anche se queste sono, almeno per lui, vive e vitali proprio in quanto frammenti. Il suo canto inaudito è intessuto di questi lacerti, che, una volta esaurita la loro funzione, non sopravvivono a esso. Di qui l’impressione di artificiosità, così spesso ingiustamente rimproverata alla sua poesia: Pound procede come un filologo che, nella crisi irrevocabile della tradizione, prova a trasmettere senza note a piè di pagina la stessa impossibilità della trasmissione.

Nella frase del Canto 76, in cui egli evoca se stesso come scriptor di fronte al naufragio dell’Europa, il termine sarà ovviamente da intendere «scriba», non scrittore. Di fronte alla distruzione della tradizione, egli trasforma la distruzione in un metodo poetico e, in una sorta di acrobatica «distruzione della distruzione» mima ancora, come copista, un atto di trasmissione. In che misura questo atto riesca, in che misura, cioè, il testo illeggibile, in cui un ideogramma cinese sta accanto a una parola greca e un vocabolo provenzale risponde a un emistichio latino, possa essere veramente letto è una questione a cui non è possibile rispondere sbrigativamente.

La verità e la grandezza di Pound coincidono - cioè si pongono e cadono - con la risposta a queste domande [...]. Di qui l’importanza di quegli scritti in prosa - come quelli di cui questo volume fornisce un’ampia testimonianza - in cui Pound espone le sue idee sulla poesia, sull’economia e la politica. Questi scritti sono a tal punto parte integrante della sua produzione poetica, che si è potuto a ragione affermare che «i Cantos sono ovviamente l’esposizione di una teoria economica che cerca nella storia una esemplificazione».

Come un poeta arcaico, Pound si sente responsabile dell’intero paideuma (come egli ama dire, usando un termine di Frobenius) dell’occidente in tutti i suoi aspetti. «Usura», «denarolatria» e, alla fine, «avarizia» sono i nomi che egli dà al sistema mentale - simmetricamente opposto allo «stato mentale eterno» che, secondo il primo assioma di Religio, definisce la divinità - che ne ha determinato il collasso e che domina ancora oggi - ben più che ai suoi tempi - i governi delle democrazie occidentali, dediti concordemente, anche se con maggiore o minore ferocia, all’«assassinio tramite capitale».

Non è qui il luogo per valutare in che misura, malgrado le sue illusioni sui «popoli latini» e sul fascismo, le teorie economiche di Pound siano ancora attuali. Il problema non è se la geniale moneta di Silvio Gesell, che tanto lo affascinava e sulla quale, per impedirne la tesaurizzazione, si deve applicare ogni mese una marca da bollo dell’un per cento del suo valore, sia o meno realizzabile: decisivo è, piuttosto, che, nelle intenzioni del poeta, essa denuncia quella «possibilità di strozzare il popolo attraverso la moneta» che egli vedeva non senza ragione alla base del sistema bancario moderno. Che il poeta che aveva percepito con più acutezza la crisi della cultura moderna abbia dedicato un numero impressionante di opuscoli ai problemi dell’economia è, in questo senso, perfettamente coerente. «Gli artisti sono le antenne della razza. Gli effetti del male sociale si manifestano innanzitutto nelle arti. La maggior parte dei mali sociali sono alla loro radice economici».


      • Ezra Pound

      • Dal naufragio di Europa. Scritti scelti 1909-1965

      • collana: La Quarta Prosa *

      • ISBN 978-88545-0961-0
        -  Pagine 640
        -  Euro 28,00

      • Questa ampia antologia degli scritti in prosa di Ezra Pound è la sola che l’autore abbia fatto in tempo ad autorizzare tre mesi prima della morte. Che tratti di poesia, di religione o di economia, la sua voce parla «dal naufragio di Europa», dalla «terra devastata» della cultura occidentale, che forse nessuno come lui ha attraversato con assoluta lucidità e altrettanto assoluta visionarietà. Solo Pound - ha detto una volta Eliot - è capace di vedere tutte le figure del passato come contemporanee: Omero e Cavalcanti, Dante e Mussolini, Mani e Browning, Persefone e Woodrow Wilson, Confucio e Arnaut Daniel sono per lui ugualmente vivi e ugualmente significanti. Per questo l’ABC dell’economia non è meno importante dei principi dell’arte della poesia e la critica, tuttora attuale, del sistema bancario, «che strozza i popoli attraverso la moneta», va di pari passo in queste pagine con una limpida introduzione agli assiomi della religione e della filosofia. Che il poeta che aveva percepito con più acutezza la crisi della cultura moderna abbia dedicato un numero impressionante di opuscoli alla critica della «denarolatria» e dell’usura è, in questo senso, perfettamente coerente. «Gli artisti sono le antenne della specie. Gli effetti del male sociale si manifestano innanzitutto nelle arti. La maggior parte dei mali sociali sono alla loro radice economici».

      • «Pound è il poeta che si è posto con più rigore e quasi con “assoluta sfacciataggine” di fronte alla catastrofe della cultura occidentale». Giorgio Agamben


Com’è avara l’Europa vista da Pound

Escono gli scritti scelti del poeta. Ormai sdoganato anche da un filosofo come Agamben

di Luca Gallesi (il Giornale - Ven, 16/09/2016)

Dalla gabbia di Pisa, in attesa di una non improbabile condanna a morte, Ezra Pound si definiva una «formica solitaria di un formicaio distrutto». A distanza di settant’anni, il formicaio è ancora ridotto in macerie, ma la formica non è più solitaria.

Lo dimostra il crescente interesse per la sua vita e le sue opere, interesse che sembra affiancato da una cauta riammissione nel salotto buono delle lettere. Lo prova anche la pubblicazione in lingua italiana di un volume fondamentale della bibliografia poundiana, Dal naufragio di Europa (Neri Pozza, pagg. 654, euro 28), traduzione di quella formidabile antologia intitolata Selected Prose 1909-1965, la cui edizione originale, tra l’altro, manca da più di quarant’anni sul mercato editoriale in lingua inglese. Pubblicata nel 1973 a cura del generoso William Cookson, che spese tutta la vita a promuovere la grande letteratura con la sua rivista Agenda, questa raccolta di Scritti scelti 1909-1965 - come recita correttamente il sottotitolo - può essere considerata la vera summa del pensiero poundiano. Autorizzata, tra l’altro, dall’Autore che redasse una breve ma efficace nota introduttiva, è probabilmente l’ultimo scritto di Pound, che qui chiarisce come «Riguardo all’USURA: ero fuori strada, scambiando il sintomo per la causa: la causa è l’avarizia». Da un concetto astratto, che aveva animato tutta la sua opera nel tentativo di correggere il male del mondo, l’autore dei Cantos si concentra, alla fine, su un vizio concreto, che è la causa del male nell’uomo.

Per meglio comprendere il vero significato di questo peccato originale, bisogna affrontare senza timori reverenziali, e soprattutto senza preoccuparsi di seguirne necessariamente l’ordine, le fitte pagine di questo volume, divise per argomenti e ordinate, come sottolinea Cookson, allo scopo di «restituire l’unità della visione di Ezra Pound e l’integrità dei suoi interessi, per liberarsi dell’idea che nella sua opera ci sia una frattura di fondo». Già, perché, contrariamente a quanto potrebbe sembrare dalla apparente disorganicità e dalla talvolta eccessiva eterogeneità, il corpus poundiano è di una sorprendente unità.

Purtroppo, la crisi, anzi, la frattura della modernità non permette che una ricostruzione inevitabilmente frammentaria, come sottolinea Giorgio Agamben nella nota introduttiva, perché frammentato è il mondo del Novecento, e i poeti, oltre che i primi a rendersene conto, sono gli unici che possono tentare una reazione. Non i preti, perché Dio è morto, non i filosofi, perché la Ragione è insufficiente, non gli scienziati, perché la Tecnica è incontrollabile: il gravoso compito spetta quindi ai custodi della Parola, i poeti, che sono preposti alla trasmissione di ciò che vi è di più prezioso, la lingua e i sensi. Si può quindi capire, e questo volume ci accompagna tanto alla comprensione quanto al perdono di alcune intemperanze solo verbali, la violenta reazione di Pound alla mercificazione dell’arte e al cancro immondo dell’usura, che tutto riduce a un prezzo e a una possibilità di guadagno. La vita è altro: il Tempio è sacro perché non è in vendita, e al poeta spetta l’ingrato compito di «raccogliere le membra di Osiride», come recita il titolo dello scritto scelto da Pound come introduzione al volume.

Al capitolo di apertura seguono le sezioni dedicate a «Religione», «Confucio e Mencio», «Patria mia», «America», «Civiltà», «Denaro e storia», «L’arte della poesia», per concludere con una galleria dedicata ai «Contemporanei». Se i nomi di alcuni personaggi magari, oggi, suonano dimenticati o affatto sconosciuti, quasi tutti i temi trattati sono di bruciante attualità. Profetico, ad esempio, l’interesse per la Cina, che se un secolo fa sembrava una civiltà saccheggiata dal peggior colonialismo, oggi è una superpotenza in gara per il dominio del mondo. Attualissime, poi, sono le considerazioni sulla decadenza culturale dei Presidenti degli Stati uniti, che un tempo, come risulta dalla corrispondenza tra Jefferson e Adams, erano innanzitutto membri dell’élite culturale della loro epoca, mentre già cent’anni fa risultavano piccole pedine di quello che si sarebbe poi chiamato il complesso militar-industriale. Non parliamo, inoltre, della lungimiranza di Pound sulle cause della crisi economica che nel 1929 avrebbe schiantato il Nuovo mondo e quindici anni dopo avrebbe ridotto in macerie il Vecchio continente. Per sua fortuna, a Pound è stato risparmiato il desolante panorama attuale del mondo globalizzato, ovvero totalmente vampirizzato dall’economia finanziaria, desertificato dalla speculazione e reso sterile dall’idolatria del politicamente corretto.

Come già detto, l’edizione italiana è eccellente, anche se, a voler essere pignoli, presenta due piccole mancanze: non c’è l’indice dei nomi, che nell’edizione originale è un prezioso ausilio per il lettore esigente e curioso, e manca una pur minima bibliografia italiana, dove si scoprirebbe, oltre all’esistenza di molte versioni critiche dei testi poundiani qui raccolti, anche la disponibilità di recenti traduzioni di tanti autori cari a Pound e qui citati, come ad esempio Del Mar, Douglas, Gesell e Orage.


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