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Appello

Cattolicesimo, fascismo, nazismo, stalinismo: il sogno del "regno di ‘dio’" in un solo ‘paese’ è finito. UN NUOVO CONCILIO, SUBITO. 95 TESI? NE BASTA UNA SOLA!

UNA MEMORIA DI "VECCHIE" SOLLECITAZIONI. Il cardinale Martini, da Gerusalemme, dalla “città della pace”, lo sollecita ancora!!!
martedì 5 giugno 2007 di Federico La Sala
Foto. Frontespizio dell’opera di Thomas Hobbes Leviatano.
IL NOME DI DIO. L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"
GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo"
LEZIONE DI PIETRO: "Ὁμοίως γυναῖκες (...)

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> UN NUOVO CONCILIO, SUBITO. UNA MEMORIA DI "VECCHIE" SOLLECITAZIONI. --- LA FRAGLITA’ DEL MALE. Peccato e Misericordia (Dietrich Bonhoeffer)

domenica 15 marzo 2015

Peccato e Misericordia

      • Papa Francesco indice un Giubileo su un tema al centro delle riflessioni del teologo luterano Bonhoeffer, ucciso da Hitler esattamente 70 anni fa

di Dietrich Bonhoeffer (Il Sole-24 Ore, Domenica, 15.03.2015)

Ogni giorno la comunità cristiana canta: «Ho ricevuto misericordia». Ho avuto questo dono anche quando ho chiuso il mio cuore a Dio; quando ho intrapreso la via del peccato; quando ho amato le mie colpe più di Lui; quando ho incontrato miseria e sofferenza in cambio di quello che ho commesso; quando mi sono smarrito e non ho trovato la via del ritorno. Allora è stata la parola del Signore a venirmi incontro. Allora ho capito: egli mi ama. Gesù mi ha trovato: mi è stato vicino, soltanto Lui. Mi ha dato conforto, ha perdonato tutti i miei errori e non mi ha incolpato del male. Quando ero suo nemico e non rispettavo i suoi comandamenti, mi ha trattato come un amico. Quando gli ho fatto del male, mi ha ricambiato solo con il bene. Non mi ha condannato per i misfatti compiuti, ma mi ha cercato incessantemente e senza rancore. Ha sofferto per me ed è morto per me. Ha sopportato tutto per me. Mi ha vinto. Il Padre ha ritrovato suo figlio. Pensiamo a tutto questo quando intoniamo quel canto. Fatico a comprendere perché il Signore mi ami così, perché io gli sia così caro. Non posso capire come egli sia riuscito e abbia voluto vincere il mio cuore con il suo amore, posso soltanto dire: «Ho ricevuto misericordia».

-  23 gennaio 1938

La sofferenza del giusto

«Molti sono i mali del giusto, ma da tutti lo libera il Signore» (Salmo 34, 20). Il giusto soffre per il mondo, l’ingiusto no. Il giusto soffre per cose che per altri sono naturali e necessarie. Il giusto soffre per l’ingiustizia, l’insensatezza e l’assurdità degli avvenimenti. Soffre per la distruzione dell’ordine divino del matrimonio e della famiglia. Soffre per questi motivi non soltanto perché gli appaiono come una privazione, ma perché riconosce in essi qualcosa di malvagio, di empio. Intorno a lui tutti dicono: è così, sarà sempre così e così dev’essere. Il giusto dice: non dovrebbe essere così, è contro Dio. Il giusto si riconoscerà proprio dalla sua sofferenza: egli porta, per così dire, il sensorio del Signore sulla terra. Per questo egli soffre come il creatore soffre nel mondo. Nella sofferenza del giusto, però, c’è sempre l’aiuto del Padre, che gli è continuamente vicino. Il giusto sa che lo lascia soffrire affinché impari ad amarlo per causa sua. Nella sofferenza il giusto trova Dio. È questo il suo aiuto. Trovate Dio nella vostra separazione e troverete aiuto!

-  8 giugno 1944

Tempi malvagi

Sono tempi malvagi, quelli in cui il mondo tace l’ingiustizia, quelli in cui l’oppressione dei poveri e dei miseri provoca un forte grido rivolto al cielo che lascia indifferenti i giudici e i potenti; quando le comunità perseguitate e sofferenti chiedono aiuto al cielo e giustizia agli uomini e sulla terra non si leva nessuna voce per difendere i loro diritti. Sono figli di Dio quelli che subiscono questi soprusi, non dobbiamo dimenticarlo: sono uomini come voi, sentono dolore come voi, subiscono la violenza che proviene da voi; hanno gioie e speranze come voi, provano onore e vergogna come voi; sono peccatori come voi e come voi hanno bisogno della misericordia del Signore; sono vostri fratelli! Sono muti? No, non lo sono, possiamo sentire ovunque le loro voci, ma le loro parole sono spietate, parziali. Non puntano alla giustizia, ma alla considerazione della persona. No, voi giudicate iniquamente sulla terra e le vostre azioni aprono la strada alla violenza. Quando la bocca dei padroni del mondo tace per ingiustizia, le braccia si preparano a compiere azioni malvagie. Il linguaggio espresso da questi atti è spaventoso e non crea equità. Da qui nascono la miseria e il dolore del corpo; la comunità perseguitata, prigioniera e sconfitta, prova il desiderio di redenzione. Abbandonatemi nelle mani del Signore, ma non in quelle degli uomini!

-  11 luglio 1937

Perché neghiamo i nostri peccati?

Esiste una sola via che piace a Dio e agli uomini: non negare le colpe, ma riconoscerle. Se finora non lo abbiamo fatto, c’è ancora tempo, se decidiamo di inginocchiarci davanti al Signore per ammettere i nostri peccati. Ci sono vari modi per negare le proprie colpe:
-  Farle ricadere sugli altri. Incolpare il prossimo per liberare noi stessi, diventare accusatori dei fratelli. Equivale al tradimento e all’omicidio!
-  Attribuirle al mio modo particolare di essere, a una mia predisposizione. «Non mi va», «non dipende da me», «ho bisogno di qualcosa di diverso». Rappresenta un pretesto infame per rifiutare la responsabilità che il creatore mi ha affidato. In questo modo divento accusatore di Dio.
-  Minimizzare ogni cosa. È una «soluzione amichevole» di tutte queste faccende e dei peccati, una mancanza di rispetto per il fratello, per la vita in comune guidata dalla parola, dalla preghiera, dalla messa. Perché neghiamo le nostre colpe?
-  Per paura di dovermi riconoscere come un cattivo cristiano e di dover prendere su di me tutta la responsabilità.
-  Per paura di Dio, di avere a che fare con Lui e con la sua misericordia.
-  Per paura delle conseguenze. Se riconosco il male me ne devo allontanare e questo comporta effetti evidenti. Gli altri se ne accorgeranno. Dovrò andare dal mio prossimo e chiedere perdono, cominciare finalmente a combattere contro di me e contro il peccato, rinunciando alla quiete e alla comodità . Devo rischiare e considerare la penitenza. Per questo nego tutto.

Tuttavia non riesco a fare nemmeno ciò che voglio. Riconoscere il peccato e allontanarsene: questo è possibile. In che modo?
-  Ammettendo di essere il colpevole di tutto. Non sono le circostanze, gli altri, una mia predisposizione: la colpa è mia. Il resto non c’entra. Sono io che ho disprezzato la messa, io che non ho sfruttato il tempo a mia disposizione per pregare, io che non ho rispettato il mio simile, che non ho pregato per lui, che non ho chiesto aiuto e consiglio. Solo io!
-  Andando dal fratello per chiedergli perdono, in modo che non ci sia più nulla che ci separi.
-  Con la penitenza. Ultima raccomandazione. Se non sei in grado di non peccare più, ne sarai capace con la penitenza. Questo riuscirai a farlo. Infine, rinuncia. L’odio per il peccato cresce con l’amore per Dio. Inizia una nuova vita con l’aiuto del Signore.

-  Traduzione di Anna Maria Foli

*

Dietrich Bonhoeffer, La fragilità del male. Scritti inediti
-  © 2015 - edizioni Piemme


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