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GAZA: disastro umanitario

FERMATE ISRAELE: "Non è possibile, non è decente che il Consiglio di sicurezza non intervenga". Un appello di Rossana Rossanda

martedì 31 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] Qui non si tratta di un eccesso di vendicatività, si tratta della volontà del governo di Ehud Olmert, in cui evidentemente sta anche il laburista Amir Peretz, di chiudere qualsiasi porta o dialogo di pace per togliere la Palestina come nazione dalla faccia del Medio Oriente. Politicamente parlando, è l’esatto reciproco del gruppo fondamentalista islamico [...]

Fermate Israele
di Rossana Rossanda*
Il sequestro di 64 parlamentari (...)

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sabato 15 luglio 2006

«IL MONDO FERMI ISRAELE» «Tel Aviv rifiuta la trattativa e la pace perché non vuole ritirarsi dai territori occupati» Parla il ministro siriano Mohsen Bilal di Stefano Chiarini (il manifesto, 14.07.2006)

inviato a Damasco «La situazione è gravissima a causa dell’escalation israeliana a Gaza e in Libano e soprattutto per il suo rifiuto di trattare, anche indirettamente, con la resistenza libanese e palestinese per uno scambio tra i soldati prigionieri di guerra e un certo numero di prigionieri nelle carceri israeliane, in particolare donne e ragazzi. Israele anche in questo caso invece di cercare la pace ha scelto la guerra, l’attacco ad un paese sovrano. E il mondo sta a guardare. Per quanto riguarda la richiesta alla Siria di reprimere la leadership di Hamas all’estero, rifugiati palestinesi al pari degli altri 500.000 che ospitiamo dal ’48 e leader del partito di maggioranza relativa in Palestina, sarebbe contrario ai nostri principi. Così come il negare il diritto alla resistenza dei popoli e il rinunciare a chiedere il ritiro di Israele da tutti i territori occupati comprese le alture del Golan siriano». Mohsen Bilal nuovo ministro dell’informazione siriano, medico chirurgo, docente al policlinico di Baghdad ed ex ambasciatore a Madrid - elegante, capelli bianchi lunghi, una specie di Veronesi siriano - ci riceve nel suo studio alla televisione siriana, nella centralissima piazza Omawyyin, e ci esprime tutto il suo sdegno per la politica dei due pesi e due misure adottata ancora una volta dalla comunità internazionale di fronte alla tragedia di Gaza e agli attacchi al Libano. Quindi, dopo aver firmato alcune carte e averci offerto un ottimo té, l’esponente siriano, ex studente nell’ateneo bolognese, passa a parlare delle sempre più preoccupanti minacce al suo paese: «Il problema della Siria sta nel fatto che Damasco è da sempre il cuore della regione della mezzaluna fertile e quindi è sempre stata nell’occhio del ciclone dell’imperialismo Usa e di Israele. La Siria è sotto assedio perché nel 2003 si è opposta con forza all’Onu alla guerra all’Iraq, sostenendo che avrebbe violato il diritto internazionale e provocato - com’è purtroppo avvenuto - il caos in tutta la regione e per il fatto che chiediamo il rispetto della legalità internazionale, con la restituzione dei territori occupati da Israele, e del diritto dei palestinesi e dei libanesi a resistere agli occupanti israeliani.

E’ possibile parlare di pace con Israele? Noi siamo pronti a trattare - come gli altri paesi arabi - riprendendo le trattative dal punto al quale erano arrivate ai tempi di Yitzhak Rabin, a pochi millimetri dalla loro unica, possibile, conclusione - il ritiro israeliano sulle posizioni del 4/6/67 . Noi siamo stati invitati alle trattative di Madrid e poi queste sono state congelate dagli Usa e da Israele, e non certo da noi. Noi siamo pronti, Israele invece rifiuta la trattativa. Vuole tutto, anche la pace, senza pagare alcun prezzo.

Qual è la posizione della Siria sul terrorismo? Noi siamo per la resistenza dei popoli ma la nostra condanna del terrorismo, brutale e barbaro, è netta e senza equivoci o giustificazioni. Si tratta di un fenomeno che non ha nulla a che vedere né con la religione, né con le razze, né con la politica. E’ sbagliato parlare di terrorismo islamico, anche se ci sono alcuni musulmani in esso coinvolti così come il terrorismo di Israele non è ebraico ma israeliano. L’associare la parola terrorismo ad aggettivi come musulmano, cristiano o ebraico è grave e pericolosa. Inoltre non va dimenticato che la Siria è stata, tra la fine degli anni settanta e gli anni ottanta, una delle prime vittime del terrorismo. E in parte lo è ancora

Cosa pensa del ritiro delle truppe italiane dall’Iraq? Una decisione molto positiva che sana la grave ferita apertasi nei rapporti tra il vostro paese e l’opinione pubblica araba. Spero che questa decisione costituisca un’inversione di tendenza - già in occasione della prossima venuta di D’Alema in Medioriente - anche sulla questione palestinese, sul Libano e sulla Siria con una politica più equilibrata e di mediazione nell’area mediterranea propria del vostro paese sin dai tempi di Enrico Mattei. In ogni caso l’elezione di Giorgio Napolitano alla presidenza ha riempito di orgoglio tutti progressisti dell’area del Mediterraneo.

Lei ha studiato a lungo in Italia, che ruolo ha avuto la sua formazione a Bologna? Direi molta, soprattutto a livello politico culturale. Frequentare Bologna tra la fine degli anni sessanta e la metà dei settanta ha costituito una palestra politica di primaria importanza. Non potrò mai dimenticare la solidarietà dell’Italia nei confronti dei movimenti di liberazione dall’Algeria al Vietnam alla Palestina. Dal punto di vista politicoteorico il frequentare i progressisti italiani mi ha dato una chiara idea dell’importanza del concetto di «egemonia» e della necessità di evitare il minoritarismo al fine di costruire un fronte il più largo possibile a sostegno delle lotte di liberazione nazionale.


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