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ITALIA

LA MANOVRA DEL NUOVO GOVERNO. L’interesse generale torna a prevalere sull’interesse particolare

sabato 1 luglio 2006 di Federico La Sala
[...] un insieme di misure strutturali, finalizzate a: i) prosciugare lo spazio normativo per l’evasione e l’elusione fiscale, in particolare nel settore delle compravendite immobiliari; ii) potenziare gli strumenti dell’Agenzia delle Entrate nella lotta ai comportamenti illeciti; iii) promuovere attività di ricerca, sviluppo ed innovazione; iv) rendere il sistema fiscale meno iniquo nel trattamento dei redditi da lavoro, attraverso l’eliminazione degli ingiustificati privilegi goduti dai (...)

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lunedì 3 luglio 2006

SE SI SCEGLIE L’EQUITA’ di Paolo Leon*

Questa delle liberalizzazioni è stata un’ottima mossa da parte del governo, e illustra bene il suo concetto di equità: si colpiscono alcuni gruppi d’interesse che rappresentano un pezzo di ceto medio - come i proprietari di taxi - ma anche grandi lobby come le banche.

L’idea è di ridurre le rendite e di favorire i consumatori e i risparmiatori, articolando però l’intervento così da non favorire nessun ceto in particolare.

I proprietari dei taxi si lamentano perché la loro rendita (il valore della loro stessa licenza) diminuisce al crescere del numero di licenze rilasciate; ma dimenticano che la loro rendita è di norma crescente, perché al crescere della domanda di taxi, il numero dei taxi resta costante. Il problema dei taxi, simile in questo a molte altre professioni protette, è che complessivamente la categoria non sembra aver adottato una propria deontologia. I gruppi di interesse, come le corporazioni, sono giustificabili in un’economia di mercato, se costituiscono una correzione delle violenze, soprusi e ingiustizie che il mercato facilmente determina. Ciascuna corporazione deve dunque darsi una regola che non attiene alla propria protezione, ma al servizio che la stessa corporazione deve creare a favore dei cittadini. Il taxi non esiste per far guadagnare qualcuno che lo guida, ma per facilitare la mobilità: è per questo che il taxi è un servizio pubblico e il tassista è un professionista; proprio perché è tale, il proprietario non può voler massimizzare la rendita da licenza. D’altra parte, sbagliano quelli che ritengono che anche il taxi debba affrontare il libero mercato: dove ciò avviene, come negli USA, il tassista è tra le più umili figure di quella società, più spesso sfruttato che considerato un professionista. La Confederazione Nazionale dell’Artigianato si lamenta perché non è stata chiamata alla partecipazione, prima delle nuove decisioni del Consiglio dei ministri: ma è chiaro che sarebbe stato difficile ottenere un vero forte cambiamento nella stessa mentalità di questa categoria, se i provvedimenti fossero stati negoziati. Dall’esperienza di questa liberalizzazione scaturisce, se il Governo fa sul serio, come sembra, una vera linea politica, che non attiene soltanto alle rendite o ai comportamenti anticompetitivi. Mentre si deve insistere che la concertazione è sempre necessaria, è bene far sapere ai futuri partecipanti che una precondizione s’impone, e cioè che ciascun partecipante dichiari la propria deontologia. Qualcuno al Governo ha recentemente dichiarato che il Governo concerta, e poi decide da solo: questo è il metodo Berlusconi, non quello del centrosinistra. Ad esempio, la concertazione con la Confindustria è importante, ma se vogliamo seguire il concetto usato per i taxi, allora la Confindustria deve dichiarare cosa intende fare per la crescita del paese, prima della concertazione e prima di esporre le proprie richieste al Governo e ai cittadini.

Sbaglia anche chi confonde le corporazioni con le lobby: quella bancaria è una lobby, non una corporazione, e le misure recenti sono solo un primo atto volto a ridurre la rendita bancaria e finanziaria. Non ci sono solo le leggi sul risparmio che debbono indurre comportamenti virtuosi nel mondo del credito e delle finanza, ma anche la deontologia, e questo mondo non ha mai chiarito, dopo le privatizzazioni, quale sia la propria morale - non c’è un Esculapio per il credito. Al contrario, le protezioni di Fazio hanno dato a questo settore l’idea che le rendite sono un proprio diritto: non è un caso che da quando si fa concertazione, al tavolo delle parti sociali non è mai stato chiamato il mondo del credito, quasi fosse al di sopra delle parti, anche se poi deve finanziare le stesse decisioni prese a quel tavolo.

Il ragionamento è solo in parte diverso per molte altre lobby, qualche volta implicite, raramente esplicite: nelle assicurazioni, nelle telecomunicazioni, nei media, nelle autostrade (rispetto al cui ruolo mondiale la società italiana è del tutto indifferente), nel petrolio e nel gas - in breve tutte le vere, grandi lobby presenti nel nostro paese sono sfuggite al proprio ruolo sociale, pensando, dopo le privatizzazioni, che il loro compito consistesse nel massimizzare gli utili, e cioè la sommatoria di profitti e di rendite.

Spero che il Governo, mentre continua con le liberalizzazioni nei servizi, non perda di vista il ruolo sociale delle associazioni, ma pretenda da ciascuna un comportamento concertativo, non egoistico. Altrettanto, credo, debbono fare Regioni ed Enti Locali. Se si riduce la protezione delle farmacie, si guardi anche ai dentisti. Se si disciplinano gli avvocati (che pur sono in concorrenza, visto il loro sterminato numero) si guardi ai dottori commercialisti, ai geometri, in genere agli ordini o alle associazioni professionali. Ma non vale la pena colpevolizzare tutti, e dare l’impressione che occorra ogni volta introdurre il libero mercato, con il ragionamento che si favorisce il consumatore: è giusto ridurre le rendite, ma è anche giusto chiedere nella concertazione comportamenti attenti al rigore e alla giustizia, valorizzando lo spirito associativo.

* www.unita.it, Pubblicato il 03.07.06


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