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Lavoro e Costituzione

C.G.I.L., 1906. Un anniversario che conta: W W W 100 ANNI !!!

domenica 1 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] Restituire valore al lavoro, riaffermarne la soggettività individuale (i diritti e le tutele) e collettiva (la funzione delle sue rappresentanze nel sostanziare la nostra idea di democrazia e di libertà) è la costante del nostro impegno, oggi non meno di ieri. In Italia - valorizzando i principi costituzionali - ed in Europa - per difendere e consolidare il modello sociale partecipativo e solidaristico [...]

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sabato 30 settembre 2006

INCONTRO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

GIORGIO NAPOLITANO

CON IL DIRETTIVO E I GRUPPI DIRIGENTI CENTRALI DELLA CGIL IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DI FONDAZIONE DELLA CONFEDERAZIONE

Palazzo del Quirinale, 29 settembre 2006 *

Un affettuoso saluto a voi tutti e un ringraziamento caloroso a Guglielmo Epifani per le sue parole e per la medaglia, anzi al plurale, le medaglie, che mi ha offerto.

Voi sapete con quale convinzione e impegno rendo onore, oggi, come rappresentante dell’unità nazionale e garante dei valori costituzionali, alla storia della CGIL e dell’intero movimento sindacale. Il sindacato, a partire dalla sua prima espressione confederale unitaria dopo la Liberazione, è stato protagonista della costruzione della risorta e nuova democrazia italiana, e ha contribuito nei decenni, al di là delle sue divisioni e pur nella dialettica interna, a consolidarla, a difenderla, ad arricchirla. È, questa, una funzione che resta essenziale e vitale, e su cui, credo, che si potrà sempre continuare a contare.

Naturalmente il sindacato si è identificato con tutti i valori della Carta costituzionale, a cominciare dai valori della libertà e della pace, e soprattutto con quel cardine della Carta costituita dal riconoscimento del valore del lavoro. Rivolgendomi al Parlamento, nel momento del mio giuramento, ho voluto dire, e desidero qui ripetere: "Il valore del lavoro ’come base della Repubblica democratica chiama più che mai al riconoscimento concreto del diritto al lavoro, ancora lontano dal realizzarsi per tutti, e alla tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni’ - come recita la Carta - e dunque anche nelle forme ora esposte alla precarietà e alla mancanza di garanzie".

Il contesto economico e sociale in cui siete chiamati a operare è, come tutti sanno, radicalmente cambiato. Vorrei dire che il sindacato, e specificatamente la CGIL, ha dovuto a più riprese fare i conti con il cambiamento: si può dire fin dagli anni ’50. Oggi, certo, si è di fronte a un cambiamento più ampio, che è quello del processo di globalizzazione che non conosce frontiere. È radicalmente cambiato il contesto in cui siete chiamati a operare, ma senza che il valore del lavoro e il ruolo del mondo del lavoro possano considerarsi un retaggio ormai obsoleto. Non si tratta di miti che abbiano fatto il loro tempo, come pure ce ne sono stati, ma di fondamenti sociali e di indirizzi ideali che restano vivi e vitali.

Ringrazio Guglielmo Epifani anche per le parole con cui ha richiamato il contributo che ho potuto dare sulle questioni fondamentali del movimento dei lavoratori. D’altra parte, queste occasioni, queste celebrazioni sono anche uno stimolo, direi quasi una istigazione - di cui cercherò di non approfittare troppo - a ripercorrere emotivamente incontri e vicende che fanno parte - come si usa dire - del proprio vissuto personale. Incontri con figure che qui tra poco saranno ricordate e onorate. Figure di dirigenti della CGIL che non sono più con noi, e che io ho avuto modo, per ragioni generazionali, di conoscere tutti: da Giuseppe Di Vittorio al carissimo e, a me più vicino generazionalmente, Luciano Lama, e vorrei associare a queste figure anche quella di Fernando Santi, che pure ho conosciuto e ammirato come grande dirigente della CGIL e grande dirigente sindacale.

Ritrovo qui persone che sono state tra gli immediati predecessori di Guglielmo Epifani, esponenti di una stagione immediatamente precedente come Piero Boni. Vorrei anche io rivolgere un affettuosissimo augurio a Bruno Trentin, con cui ho condiviso anche gli ultimi anni di impegno comune nel Parlamento europeo. E inviare anche un saluto affettuoso a Vittorio Foa, che non manca di far sentire ancora la sua voce sempre squillante.

In effetti sono stato, in diversi periodi, vicino ai problemi e alle esperienze del movimento sindacale, e in particolare della CGIL: a cavallo tra gli anni ’40 e ’50, nella stagione del piano del lavoro, del movimento dei consigli di gestione, delle prime e aspre lotte bracciantili, contadine e operai nel Mezzogiorno; in un secondo periodo, durante i primi anni ’60, che furono quelli del consolidamento, dopo la scomparsa di Giuseppe Di Vittorio, del nuovo gruppo dirigente della CGIL attorno ad Agostino Novella e anche gli anni della prima riscossa operaia; e poi, ancora, nel periodo cruciale, drammatico come quello della seconda metà degli anni ’70, che vide impegnato il movimento sindacale in un concorso decisivo alla lotta contro l’inflazione e alla lotta contro il terrorismo. Se io dovessi trarre qualche insegnamento - senza alcuna pretesa esaustiva dall’esperienza che ho vissuto a seconda delle mie responsabilità politiche più o meno vicino con il movimento sindacale e con la CGIL - direi che ho colto due costanti e due insegnamenti essenziali.

Il primo: il senso dell’unità, la tensione verso l’unità. Come disse Giuseppe Di Vittorio nella sua relazione, alla sottocommissione dell’Assemblea costituente: "Unità e non unicità sindacale", ma unità tenacemente ricercata tra tutte le Confederazioni che hanno avuto la maggiore rappresentanza dei lavoratori italiani - voglio qui ricordare anche nomi di persone che ho avuto amiche: da Luigi Macario a Pier Carniti, da Raffaele Vanni a Giorgio Benvenuto. E unità in senso più ampio: unità senza retorica tra i lavoratori del Nord e del Sud, tra i lavoratori che hanno goduto e godono pienamente delle conquiste e dei diritti via via realizzati e lavoratori che, in modo particolare oggi e in un contesto così mutato, ne sono privi - sono privi perfino di quel diritto fondamentale che è il diritto alla sicurezza della vita nel lavoro. Ancora, unità tra i lavoratori italiani e i lavoratori immigrati, che oggi rappresenta un altro dei grandi impegni della CGIL e del Sindacato. E unità - non dimentichiamolo mai - tra i lavoratori e i senza lavoro. Il secondo insegnamento, la seconda costante che credo di aver colto attraverso decenni, consiste nell’ambizione e nella responsabilità di farsi, come sindacati e anzitutto come CGIL, portatori di una visione generale dei problemi dello sviluppo economico, sociale e democratico del paese.

Sono convinto che questa ambizione e questa responsabilità non verranno meno. Non verranno meno neanche in questo momento, nella fase difficile che il paese sta vivendo: fase di riequilibrio e di rilancio dell’economia italiana, di rinnovamento delle Amministrazioni pubbliche e dello Stato sociale, in un quadro di impegni europei da rispettare nell’interesse comune. Ho già abusato del vostro tempo, e soprattutto ho abusato del diritto al ricordo. Vi rivolgo un affettuosissimo saluto ed augurio per i vostri prossimi impegni. Grazie.

*

www.quirinale.it


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