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Fuori dalla "preistoria". Al di là della “concezione edipica del tempo”(Vattimo).

DANTE, VIRGILIO E IL ’CODICE’ DI MELCHISEDECH. DIO è AMORE (Charitas), in ‘volgare’!!! E LE RADICI DELLA TERRA SONO “COSMICOMICHE”! Un’ipotesi di ri-lettura della DIVINA COMMEDIA, e un omaggio a Ennio Flaiano e a Italo Calvino

Con Lutero, oltre. Sacerdotalità e Sovranità - universali.
domenica 24 giugno 2007 di Federico La Sala
[...] Anche il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli sicuramente ricordava: divenuto papa, prenderà il nome di Giovanni XXIII ... e cercherà di correre ai ripari. Una nuova Chiesa, per credenti e non-credenti, che sappia essere finalmente, “Mater et Magistra” ... come la Maria di Gesù e la Beatrice di Dante! “Pacem in terris”: un nuovo Concilio, subito!!! [...]
MELCHISEDECH A SAN GIOVANNI IN FIORE, TRA I LARICI “PISANI”.
AL DI LA’ DELLA TRAGICA (...)

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> Sovranità e Sacerdotalità - universali. VIRGILIO, DANTE ... E IL ’CODICE’ DI MELCHISEDECH: DIO è AMORE ... in ‘volgare’ - E LE RADICI DELLA TERRA SONO “COSMI-COMICHE”! Un’ipotesi di ri-lettura della DIVINA COMMEDIA, e un omaggio a Ennio Flaiano e a Italo Calvino

sabato 16 settembre 2006

L’INIZIATIVA

Ci sono molti modi per avvicinarsi al quarto Convegno ecclesiale Una via? Rileggere il tema della speranza attraverso l’immutata eloquenza di un capolavoro di ieri e di sempre come la «Divina Commedia»

Dante, l’immortale maestro della speranza

«Tra senso religioso e fede cattolica»:nella basilica di San Francesco, a Ravenna, il vescovo di San Marino e Montefeltro, Luigi Negri, ha offerto un commento teologico e pastorale del canto del Paradiso che l’Alighieri dedicò alla seconda virtù teologale

di Francesco Partisani (Avvenire, 15.09.2006)

Alla scuola della speranza da un grande maestro. Nel cammino verso il Convegno ecclesiale di Verona si è inserita quest’anno anche la celebrazione del Dantis poetae transitus, la celebrazione del 685° anniversario della morte di Dante Alighieri, tenutasi l’altra sera a Ravenna nella basilica di San Francesco. Su iniziativa del Centro dantesco dei Frati minori conventuali, in collaborazione con l’arcidiocesi di Ravenna-Cervia, l’amministrazione comunale e l’Università cattolica del Sacro Cuore, al centro della serata è stata posta la lettura del canto XXV del paradiso, il canto dedicato appunto al tema della speranza. Una scelta, evidentemente legata al cammino della Chiesa italiana, che a Verona rifletterà sul tema «Testimoni di Gesù Cristo, speranza del mondo».

I versi del Sommo Poeta sono stati introdotti dal professor Giuseppe Ledda, dell’Università di Bologna e letti da Franco Costantini, prima di un commento teologico-pastorale affidato al vescovo di San Marino-Montefeltro, monsignor Luigi Negri. Nel suo intervento il presule ha spiegato come non sia affatto nuovo questo intreccio tra Dante e la vita della Chiesa. «Durante il suo pontificato - ha ricordato Negri - Benedetto XV aveva scritto, in occasione del transito di Dante Alighieri, un’enciclica importantissima la Inter Preclara; Paolo VI nell’anniversario della nascita di Dante gli aveva dedicato il motu proprio "Signore dell’altissimo canto"». Ma che cos’è in Dante la speranza? «Tutta la sua poesia - ha proseguito Negri - è una grande proclamazione dell’umanità che in Cristo, se si accetta Cristo, cammina e si allontana dalla dispersione, dall’errore, dal peccato, dalla costituzione di un mondo sbagliato e apparente: l’inferno. L’umanità ha costruito questo inferno sulla terra quando ha rifiutato la presenza di Cristo. È quindi un’antropologia piena, adeguata - diceva Giovanni Paolo II - che si attua inesorabilmente nella vita del cristiano quanto più segue il mistero di Cristo presente nella Chiesa e vi appartiene incondizionatamente». Ecco dunque la speranza. «È la certezza di positività nella vita che fa affrontare le circostanze con la certezza che sono inserite in un ordine di bontà, di bene e ciascun uomo può investire di questa certezza e di questa bontà ogni momento della sua vita. Speranza è la virtù della chiesa pellegrina sulla terra, è la virtù di quel "già e non ancora" che caratterizza la cultura che nasce dalla fede, che caratterizza l’ethos determinato dalla fede, che caratterizza il crearsi stesso di rapporti culturali, sociali, politici. La certezza che la vita non è inutile ma non come affermazione teorica, astratta, ma come coscienza viva di una esperienza».

In questo senso l’Alighieri resta un punto di riferimento anche per la sua vicenda personale. «Dante è un grande esempio di speranza vissuta - ha concluso il vescovo -, e alla luce di questa speranza, un esempio di missione, continuamente vissuta nelle circostanze concrete della vita. È la dimensione che spiega quanto sia costata al Sommo Poeta questa fedeltà a Cristo, alla Chiesa e alla verità della sua vita: l’esilio, l’essere morto lontano dalla sua patria e, in fondo, l’emarginazione da una società già preoccupantemente percorsa da movimenti economici e di potere come se fossero dei fattori determinanti». E proprio nel segno di questa eredità viva va l’annuncio dato durante la serata ravennate dal rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il professor Lorenzo Ornaghi, dell’istituzione a partire dal 2007 di una Scuola estiva di Studi danteschi che l’ateneo promuoverà insieme nella città che ospita la tomba del poeta insieme al Centro dei frati minori e all’Università Peter Pazmani di Budapest (ne parliamo nel box qui sopra). Una nuova realtà che - ha spiegato Ornaghi - ricollega quel cammino di nuova presenza dei cattolici nella vita del Paese che definiamo come il Progetto culturale a quel progetto di un nuovo umanesimo di cui Dante nel suo tempo fu portatore.


il canto XXV

«Un attender certo de la gloria futura»: la teologia si fa poesia

«Spene», diss’io, «è un attender certo / de la gloria futura, il qual produce / grazia divina e precedente merto. / Da molte stelle mi vien questa luce; / ma quei la distillò nel mio cor pria / che fu sommo cantor del sommo duce. / ’Sperino in te’, ne la sua tëodia / dice, ’color che sanno il nome tuo’: / e chi nol sa, s’elli ha la fede mia? / Tu mi stillasti, con lo stillar suo, / ne la pistola poi; sì ch’io son pieno, / e in altrui vostra pioggia repluo».

Il XXV Canto del Paradiso - commentato mercoledì a Ravenna dal vescovo di San Marino-Montefeltro Luigi Negri - è il canto dedicato alla speranza. È l’apostolo Giacomo a interrogare Dante riguardo alla seconda virtù teologale, sottoponendo tre quesiti al poeta pellegrino: che cos’è la speranza, in quale misura la possiede, quali sono le fonti dalle quali l’ha ricevuta. «Poi che per grazia vuol che tu t’affronti / lo nostro Imperadore, anzi la morte, / ne l’aula più secreta co’ suoi conti, / sì che, veduto il ver di questa corte, / la spene, che là giù bene innamora, / in te e in altrui di ciò conforte, / di’ quel ch’ell’è, di’ come se ne ’nfiora / la mente tua, e dì onde a te venne», chiede san Giacomo. Alla seconda domanda risponde subito Beatrice: «La Chiesa militante alcun figliuolo / non ha con più speranza, com’è scritto / nel Sol che raggia tutto nostro stuolo: / però li è conceduto che d’Egitto / vegna in Ierusalemme per vedere, / anzi che ’l militar li sia prescritto»...

Alle altre domande è lo stesso Dante a rispondere, attingendo alle sue profonde conoscenze teologiche, e additando in particolare la resurrezione del corpo, dopo il Giudizio universale. Una speranza che non contraddice bensì abbraccia e dà senso ulteriore ad altre, più terrene "speranze", espresse all’inizio del Canto XXV: la fine dell’esilio, il ritorno nell’amata patria, l’alloro poetico conferitogli dalla città che l’aveva così crudelmente ostracizzato, non per la propria gloria ma quale segno di un processo di giustizia e riconciliazione.


il progetto

Una Scuola estiva di studi danteschi

Il Centro dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con la partecipazione della Facoltà di Lettere dell’Università Peter Pazmani di Budapest, hanno in progetto di realizzare una Scuola estiva di studi danteschi. L’idea è stata lanciata ufficialmente ieri sera. durante il «Dantis poetae transitus». La prima edizione dovrebbe avere luogo già nell’estate 2007. L’idea è quella di organizzare proprio a Ravenna un corso per una quarantina di persone tra studenti universitari, dottorandi e insegnanti di scuole medie inferiori e superiori. Una decina di posti dovrebbero essere riservati a studenti stranieri. Oltre ai seminari di approfondimento e dibattito l’iniziativa prevede conferenze serali aperte al pubblico


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