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Fuori dalla "preistoria". Al di là della “concezione edipica del tempo”(Vattimo).

DANTE, VIRGILIO E IL ’CODICE’ DI MELCHISEDECH. DIO è AMORE (Charitas), in ‘volgare’!!! E LE RADICI DELLA TERRA SONO “COSMICOMICHE”! Un’ipotesi di ri-lettura della DIVINA COMMEDIA, e un omaggio a Ennio Flaiano e a Italo Calvino

Con Lutero, oltre. Sacerdotalità e Sovranità - universali.
domenica 24 giugno 2007 di Federico La Sala
[...] Anche il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli sicuramente ricordava: divenuto papa, prenderà il nome di Giovanni XXIII ... e cercherà di correre ai ripari. Una nuova Chiesa, per credenti e non-credenti, che sappia essere finalmente, “Mater et Magistra” ... come la Maria di Gesù e la Beatrice di Dante! “Pacem in terris”: un nuovo Concilio, subito!!! [...]
MELCHISEDECH A SAN GIOVANNI IN FIORE, TRA I LARICI “PISANI”.
AL DI LA’ DELLA TRAGICA (...)

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> DANTE, VIRGILIO E IL ’CODICE’ DI MELCHISEDECH. DIO è AMORE (Charitas), in ‘volgare’!!! ---- Laici e sacerdoti oggi (di Luigi Bettazzi).

domenica 25 aprile 2010

Laici e sacerdoti oggi

di Luigi Bettazzi (L’Osservatore Romano, 25 aprile 2010)

Quando si parla di "vocazione", nella Chiesa si intende normalmente la chiamata (in latino vocatio) al sacerdozio, o, quasi per affinità, la chiamata alla vita religiosa. E questo corrisponde alla mentalità diffusa che i sacerdoti sono l’espressione tipica, qualificata, della Chiesa. Lo si vede oggi anche dal clamore che si fa come sfida alla Chiesa per le mancanze di suoi sacerdoti. V’è quasi l’idea che "la Chiesa sono i preti" (tanto più i vescovi), mentre la massa dei fedeli costituirebbe l’insieme dei beneficiari dell’azione (magisteriale e ministeriale) della gerarchia.

Ora, è vero che la gerarchia è indispensabile per la garanzia della vita della Chiesa, per la certezza della dottrina e l’efficacia della trasmissione della grazia; e per questo dobbiamo pregare perché il Signore chiami tanti alla vita sacerdotale (e religiosa) e perché chi vi è chiamato risponda con generosità.

Tutto questo però poneva la condizione del clero su di un livello di superiorità, che si traduceva poi in una specie di promozione o di difesa di "casta". Forse certi silenzi e coperture di cui si parla anche oggi corrispondono a questo atteggiamento di difesa e di riguardi, evidente anche nella espressione che si usava per il sacerdote che lasciava la sua condizione e che veniva "ridotto allo stato laicale". Il concilio Vaticano II ha richiamato una verità che è tipica della Rivelazione, che nel Nuovo Testamento parla di Gesù come l’unico mediatore tra Dio e l’umanità, il sommo ed eterno sacerdote. Se ogni cristiano, col battesimo, viene inserito in Gesù Cristo, morto e risorto, dobbiamo concludere che ogni cristiano è sacerdote, portatore del divino nel mondo e consacratore della realtà creata. Perché questo si realizzi, e in modo sempre più pieno, ci sarà bisogno di un sacerdozio ministeriale, continuatore ed estensore del ministero degli Apostoli, ma l’efficacia della loro funzione sarà proporzionale alla comprensione e alla dedizione del loro servizio (in latino ministerium).

Questa precisione di visuale è sollecitata dall’impostazione stessa che i Padri conciliari hanno voluto per la costituzione sulla Chiesa (la Lumen gentium): mentre la prima stesura dopo una riflessione sulla natura della Chiesa affrontava il tema della gerarchia e al terzo posto quello dei fedeli laici, i vescovi del concilio hanno voluto che, dopo la trattazione sulla natura della Chiesa (come "mistero" che attinge la Santissima Trinità) si parlasse invece dell’intero popolo di Dio, e al terzo posto della gerarchia, che è appunto al servizio del popolo di Dio. È così che il "magistero" dovrà sentirsi in funzione non solo o non tanto dell’esattezza delle formule dogmatiche quanto della "profezia" dei cristiani, della loro comprensione della Parola di Dio e della loro coerenza nel viverla, come ci è stato raccomandato dalla costituzione Dei Verbum. E il sacerdozio ministeriale non dovrà solo guardare alla solennità e all’esattezza della liturgia, ma dovrà preoccuparsi che essa diventi realmente la preghiera vissuta della gente, "culmine e sorgente della vita cristiana", come dice la costituzione sulla liturgia (Sacrosanctum Concilium). Questo farà sì che la gerarchia colga sempre più l’invito conciliare alla "collegialità" che, se si esprime compiutamente nella collaborazione dei vescovi col Papa e dei vescovi tra di loro, si ritrova a ogni livello della Chiesa nello spirito e nella prassi della "comunione". La costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (la Gaudium et spes) ci invita peraltro a considerare quanti "semi del Verbo" ci sono nel mondo, quanta diffusione di grazia ci sia nel creato anche al di fuori delle strutture ecclesiali.

La presenza di dialogo e di confronto col "mondo" qualifica la "vocazione" dei cristiani laici, a cui il battesimo affida il compito di lievitare la società e l’intera umanità verso il "regno di Dio", cioè verso un mondo di coscienza e di amore quale Dio lo vuole. E questo qualifica anche la "vocazione presbiterale" in ordine a una missione aperta e fiduciosa, che valuti il primato delle persone sulle strutture (pure indispensabili nella loro funzionalità), e che dia la priorità - come fece Gesù - non ai vertici sociali, ai notabili, fossero anche quelli esteriormente più in vista (com’erano allora i farisei e i dottori della Legge), bensì ai piccoli, ai poveri, ai sofferenti, agli emarginati. Con felice intuizione la Conferenza episcopale italiana, nel 1981, affermava che bisogna "partire dagli ultimi".

Tutto questo non attenua l’impegno di santificazione dei presbiteri. Al contrario, se una guida autoritaria, fatta in prevalenza di comandi, si basa sul valore delle cose comandate e sulla prevalenza del comando, una guida autorevole, basata cioè sulla persuasione e sull’esempio, esige in chi guida "un supplemento di umanità e di santità".


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