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UOMINI E DONNE. LA NUOVA ALLEANZA di "Maria" e di "Giuseppe"!!! AL DI LA’ DELL’ "EDIPO", L’ "AMORE CONOSCITIVO". SULL’USCITA DALLO STATO DI MINORITA’, OGGI. In memoria di Kurt H. Wolff.

lunedì 6 dicembre 2021
TONDO DONI. Attenzione: nella cornice "raffigurate la testa di Cristo e quelle di quattro profeti" (Galleria degli Uffizi)? Ma, per Michelangelo, non sono due profeti e due sibille?!

Per l’ “amore conoscitivo” - In memoria di Kurt H. Wolff
SULL’USCITA DALLO STATO DI MINORITA’, OGGI.
Note per un nuovo patto sociale
di Federico La Sala *
"Per recuperare la salute, il nostro mondo ha bisogno di una duplice cura: la rigenerazione (...)

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> UOMINI E DONNE. LA NUOVA ALLEANZA ---- “Eva e Maria, così la Chiesa ha sacrificato la donna". Michela Murgia e il suo saggio "Ave Mary" (di N. Aspesi) - Quando le italiane si ripresero il corpo e la storia cambià (di Miriam Mafai)

giovedì 12 maggio 2011

Michela Murgia e il suo saggio: dalle Madonne di ieri e di oggi fino agli stereotipi patriarcali

Madre nostra dove sei nei cieli?

“Eva e Maria, così la Chiesa ha sacrificato la donna"

"Ave Mary" intreccia Sacre scritture e vita. E ricorda come una certa teologia ignori le immagini femminili di Dio

La scrittrice sarda, che è credente, smitizza Madre Teresa di Calcutta e cita Giovanni Paolo I

di Natalia Aspesi (la Repubblica, 12.05.2011)

Pare di sentire il sussurro di decine di computer con cui geniali signore stanno scrivendo libri sugli errori e gli orrori del mondo verso le donne, e la fonte di tali orrori-errori, perpetrati ovviamente dagli uomini, sembra inesauribile: è un boom attuale che aveva già trionfato negli anni del femminismo militante e vincente, e poi si era spento verso la metà degli anni ’90, quando una valanga di altre intrepide signore, adattandosi all’intorpidimento generale, si era messa a scrivere sulle meraviglie del mondo verso le donne, tipo come fare shopping, come non restare single, come assomigliare alle top model, cosa fare proficuamente a letto.

Da un paio di anni per fortuna c’è stato un risveglio di brontolii femminili colti, intelligenti, creativi, appassionanti, impeccabili, sotto forma di saggi di successo, che entusiasmano i maschi più maschilisti (tanto sanno che non cambia nulla) e vengono regolarmente massacrati dai talk-show rimasti ancorati alla necessità di banalizzare sia l’esposizione del corpo delle donne che la loro lapidazione, per essere sicuri di fare audience.

In questo fervore di scrittura femminile molto terrena, che chiama in causa i poteri contemporanei, la politica, la televisione, la pubblicità, le escort e le ministre col tacco a spillo, appare finalmente il personaggio più inaspettato, umano e celestiale, antico ed eterno, celebre e sconosciuto, mitico ed universale, da imitare e inimitabile: la Madonna, Maria di Nazareth, per Michela Murgia semplicemente Mary: Ave Mary, come si intitola il suo nuovo libro (Einaudi Stile libero), sottotitolo "E la chiesa inventò la donna".

Si sa che la scrittrice sarda, 39 anni, che con il suo romanzo Accabadora ha vinto il Campiello, il SuperMondello e il Dessì, è una credente «organica, non marginale», come si definisce lei, che rivendica il diritto di critica dall’interno della Chiesa che, con gli ultimi due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sta vivendo una lunga continuità conservatrice. E mentre racconta l’uso spesso distorto che è stato fatto e si continua a fare di Maria di Nazareth, la placida e ferrea signora di Cabras ricorda quanto sia ancora difficile per le Mary di oggi, credenti e no, fuori e dentro la Chiesa, sfuggire agli stereotipi incongruentemente patriarcali, essere davvero libere.

Per secoli la Madonna ritratta dagli artisti è stata una giovane madre bellissima, talvolta anche carnale, addirittura a seno nudo, riccamente abbigliata, con in braccio il suo bambino: vengono per esempio in mente la rinascimentale Adorazione dei magi di Jan Gossaert attualmente nella mostra dedicata all’artista cinquecentesco fiammingo alla National Gallery di Londra; oppure la meravigliosa Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, una affascinante popolana dall’abito scollato, che incrociando le gambe e tenendo in braccio il suo piccino, si affaccia curiosa da una porta. Poi, dalla metà del XIX secolo, con i nuovi dogmi mariani e i veggenti di Lourdes e di Fatima, Maria smise di essere madre, lasciò da qualche parte il suo piccino, si vestì solo di bianco e azzurro, adombrando il viso dentro un velo, si sistemò su una nuvola con le mani raccolte in preghiera, rivolse gli occhi al cielo e assunse un’espressione afflitta, quella della Mater Dolorosa, che in altre raffigurazioni luttuose si sarebbe inginocchiata ai piedi del figlio crocefisso.

Finalmente si era trovato il vero destino delle donne, un’ascesa verginale alla solitudine e alla sofferenza, per accollarsi la sofferenza degli altri, prendersene cura e nel caso personale di Maria, assistere al sacrificio del figlio, in un moltiplicarsi di drammatiche Pietà che, come quelle di Michelangelo, non intaccano la giovinezza della Madre, rimasta sedicenne, ad accogliere sul suo grembo il corpo martoriato del figlio trentenne. Non esistono immagini della Madonna vecchia, (e neppure morta) se non di sfuggita in qualche film non convenzionale, e non si vorrebbe essere blasfemi imputando anche a questa scelta santa il fatto che pure oggi, anzi soprattutto oggi, invecchiando le donne sembrano scomparire nel nulla, perdere senso e potere.

Ancora è difficile capire per quale ragione a un certo punto della storia del mondo le donne furono considerate nemiche del genere umano, e per terrorizzarci Murgia cita l’incazzatissimo apologeta Tertulliano, vissuto tra il II e il III secolo: «Ogni donna dovrebbe camminare come Eva nel lutto e nella penitenza...La condanna di Dio verso il tuo sesso permane ancora oggi... Tu sei la porta del demonio! A causa di ciò che hai fatto il figlio di Dio è dovuto morire!».

Ogni fregatura femminile nei secoli è dunque partita dalla disubbidiente Eva (e infatti le donne ancora oggi si sentono dire dai maschi di famiglia, ubbidisci!, segue gestaccio da parte delle signore) e dal suo peccato originale, che fece cacciare Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre e condannò l’uomo a lavorare con sudore e la donna a partorire con dolore. Quando dalla metà dell’800 la scienza cominciò a studiare la possibilità di separare il parto dal dolore con l’anestesia (e dal 1930 con l’epidurale), il dibattito teologico, tutto maschile, si fece rovente; come osava la scienza eliminare la punizione divina obbligatoria per le donne? Finalmente nel 1956 Papa Pio XII definì "non illecito" il parto indolore, anche se la maternità dolorosa restava la maledizione specifica per le figlie di Eva. A me pare che nessun teologo andò in crisi quando il diffondersi delle macchine aiutò gli uomini a non faticare e quindi a non sudare.

Michela Murgia ha una cultura teologica vasta e una avventurosa esperienza di vita: ha lavorato in un call center e ha fatto il portiere di notte, l’insegnante di religione, la venditrice di multiproprietà, l’animatrice dell’Azione Cattolica, la dirigente di una centrale termoelettrica, è stata per anni lo scandalo del suo paese andando a vivere col suo fidanzato, (ignominia!) poi sposandolo civilmente (che è sempre peccato!), infine, cristianamente convinta, in chiesa.

Ave Mary intreccia sapienza e ironia, Sacre Scritture e vita, non dando tregua a tutti gli errori e le stupidaggini che credenti chic e atei devoti hanno scritto e soprattutto diffuso attraverso la televisione. Smitizza Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la Pace, beatificata, essenziale esempio di femminilità sacrificale, che per la Chiesa cattolica «non rappresentava solo una campionessa di carità, era soprattutto una vestale della sua dottrina morale sulla vita, quella che maggiormente interferiva con la libertà delle donne di disporre di sé stesse».

Rilegge per noi Mulieris Dignitatem, il documento del 1988 in cui Giovanni Paolo II usa per la prima volta l’espressione "genio femminile": e rifiutando l’eguaglianza tra uomo e donna, sceglie la differenza, come una parte importante del femminismo, però riconfermando la subordinazione sociale e familiare della donna, «non più enunciata in nome di una inferiorità di genere, ma fondata su una pretesa superiorità di ruolo spirituale...».

Darà certamente fastidio al rumoroso e ingombrante divismo dei nostri atei devoti, la grazia con cui ricorda come la Chiesa abbia deliberatamente ignorato nella Bibbia le decine di immagini femminili di Dio, «privando le donne del diritto di riconoscersi immagine di Dio, in un Dio che fosse anche a loro immagine». E il modo malizioso in cui rispolvera una frase molto pericolosa pronunciata nel 1978 da quel povero Giovanni Paolo I dal brevissimo papato: «Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile: è papà, più ancora è madre». Panico in Vaticano, terrore di uno spaventoso abisso teologico e simbolico, subito sepolto con la morte di papa Luciani. Ma Joseph Ratzinger quando era ancora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ci ricorda l’implacabile credente devota Murgia, «si espresse con molta chiarezza in merito alla questione del Dio Madre che ancora si aggirava per i corridoi vaticani come una patata bollente: "Non siamo autorizzati a trasformare il Padre Nostro in una Madre Nostra: il simbolismo usato da Gesù è irreversibile, è fondato sulla stessa relazione uomo-Dio che è venuto a rivelarci"».


Quando le italiane si ripresero il corpo e la storia cambià

di Miriam Mafai (la Repubblica, 12.05.2011

La vittoria del "no" che nel maggio del 1981 confermava, con il voto popolare, la legge che tre anni prima aveva abolito il reato di aborto e rendeva possibile, a determinate condizioni, l’interruzione volontaria delle gravidanza, resta un momento cardine nella storia delle donne e del nostro Paese. La campagna elettorale fu durissima, conobbe toni da vera e propria crociata.

Il Paese aveva già votato, pochi anni prima, nel 1974, a favore della legge sul divorzio anch’essa sottoposta a referendum e condannata dalla Chiesa. Ma la questione dell’aborto appariva, e senza dubbio era, più delicata e controversa. E più incerto appariva l’esito del referendum. A favore del mantenimento della legge sul divorzio, ad esempio, si erano pronunciati pubblicamente, nel corso della campagna elettorale, anche personalità e gruppi cattolici che evitarono, invece, di esprimersi a proposito della legge sull’aborto

Massimo fu l’impegno del Vaticano e delle gerarchie, prima per impedire l’approvazione della legge (ricordo un discorso del Papa a Piazza S. Pietro ed una manifestazione allo stadio S. Siro di Milano affollato di almeno centomila persone), poi perché la legge venisse bocciata dal voto popolare. Nel corso dei comizi e degli incontri in parrocchia, le madri che avessero pensato di abortire e quelle che avessero votato a favore della legge venivano indicate, senza pietà, come assassine.

E tuttavia, alla fine, a favore del mantenimento della legge votò la maggioranza degli italiani e delle italiane, al Nord come al Sud. Votarono a favore della legge le donne che per abortire andavano all’estero o in qualche disponibile clinica privata, votarono a favore della legge le donne che per abortire erano costrette a far ricorso alle cosiddette "mammane" che intervenivano introducendo un ferro o un gambo legnoso di vegetale là dove una vita indesiderata stava germinando. Votarono insomma a favore della legge l’80% degli elettori e delle elettrici, al Nord come al Sud, in Veneto come in Sicilia, sordi ai richiami alla disciplina della Chiesa e delle organizzazioni cattoliche scese in campo contro la legge assieme alla Dc e al Msi.

Nel giro di pochi anni dunque, con la vittoria del referendum, diventava realtà una delle parole d’ordine più audaci di quel movimento femminista che aveva investito la nostra società a cavallo degli anni Settanta: «L’utero è mio e lo gestisco io». Non è esagerato dire che si apriva così anche nel nostro Paese una nuova fase della storia delle donne all’insegna della loro piena libertà, della piena padronanza del proprio corpo. La donna sarà ancora il "recipiente del seme maschile", come dall’inizio della storia aveva raccontato Eschilo («soltanto chi getta il seme nella terra fertile è da considerarsi genitore, la madre coltiva, ospite all’ospite, il germoglio...»). Ma di quel seme è lei ormai la responsabile, è lei che decide della possibilità e della prosecuzione della sua gravidanza, sottraendola al caso, alla inevitabilità della natura e persino (fu uno degli aspetti più controversi della legge) alla volontà del partner.

Non è esagerato dunque dire che entriamo da questo momento in una nuova storia dell’umanità, segnata dalla piena libertà e autonomia della donna sul proprio corpo.

E tuttavia, a distanza di tanti anni, vale la pena di ricordare l’ammonimento di un cattolico "laico" come Pietro Scoppola che ci invitava a leggere il risultato di quel voto non solo come la legittima affermazione di diritti civili, ma anche come «volontà della maggioranza di non essere inquietati da problemi morali e di principio», espressione di un pericoloso "vuoto etico", un processo sotterraneo che verrà pienamente alla luce nel corso degli anni Ottanta.


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