In 50 per trovare il sangue rubato di Wojtyla
di Andrea Pasqualetto (Corriere della Sera, 28 gennaio 2014)
Ai piedi del Gran Sasso, nel silenzio invernale della chiesetta di San Pietro della Ienca, è sparito il reliquiario con un pezzetto di stoffa intriso del sangue di papa Wojtyla. Un frammento dall’alto valore simbolico: si tratta del sangue dell’attentato in piazza San Pietro del 13 maggio 1981, giorno in cui Giovanni Paolo II scampò miracolosamente agli spari di Mehmet Ali Agca.
Scoperto domenica mattina dal parroco José Obama, il furto sacrilego è stato messo a segno di notte, quando la chiesa era chiusa, assicurano dalla procura dell’Aquila. I ladri hanno infatti segato un’inferriata, rotto una finestra e puntato alla reliquia, rubando anche una piccola croce che si trovava sull’altare.
«Non stiamo parlando di oro o pietre preziose, si tratta di oggetti dallo scarso valore commerciale», ha chiarito il comandante provinciale dei carabinieri, Savino Guarino. Il quale ha subito messo in campo una cinquantina di uomini per battere a tappeto la collina dove sorge la «chiesetta del Papa», come è stato ribattezzato questo luogo di culto consacrato a Santuario ufficiale di Giovanni Paolo II perché qui, fra le vette innevate, amava pregare il pontefice che sarà canonizzato il prossimo 27 aprile.
Sulla sparizione la procura del capoluogo abruzzese ha aperto un’inchiesta che al momento non esclude alcuna ipotesi, neppure quella satanica. «Anche se devo dire che non abbiamo trovato le tracce tipiche del satanismo, come l’irrisione dell’ostia», ha precisato Guarino. A spingere ieri su questa pista è stato il coordinatore dell’Osservatorio antiplagio, Giovanni Panunzio, sottolineando il fatto che «in questo periodo ci sono ricorrenze sataniche che iniziano il 25 e culminano il primo febbraio con il “capodanno satanico”. In genere questo tipo di sacrilegio si fa in queste occasioni».
Ma gli inquirenti pensano ad altro. E ricordano come proprio L’Aquila fu teatro di un altro clamoroso furto: quello delle sacre spoglie di papa Celestino V, il pontefice del gran rifiuto. Allora si urlò al mistero esoterico e al giallo interreligioso. Nulla di tutto ciò: fu opera di un balordo locale, a scopo di ricatto.
Ieri sera sulla collina di San Pietro si è levato l’appello dell’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Petrocchi: «Un atto vile e sacrilego. Restituite alla Chiesa aquilana la reliquia del nostro Protettore».