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ECCLESIA DE EUCHARISTIA (Giovanni Paolo II, 2003). Il cristianesimo non è un "cattolicismo": il ’cattolicesimo’ è morto.

INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. Un omaggio a WOJTYLA: UN CAMPIONE "OLIMPIONICO", GRANDISSIMO. W o ITALY !!! - di Federico La Sala

Il "Dio" dei nostri ’padri’ e delle nostre ’madri’ è il "Dio" dei viventi, non dei morti !!! LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA!!!
domenica 1 maggio 2011
[...] Che Egli viva in eterno, nella verità e nella pace - e nella memoria e nel cuore del nostro tempestoso presente storico, in lotta per portare alla luce una nuova - e più degna di noi stessi e di noi stesse - concezione dell’umano e del divino [...]
“DUE COLOMBI”, “DUE SOLI”. A KAROL J. WOJTYLA - GIOVANNI PAOLO II, in memoriam (03.04.2005)
GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro (...)

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> INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI -- Missione di pace: il patto di Abramo. Il papa in Iraq sconfigge i potenti della terra (di Alberto Negri).

domenica 7 marzo 2021

Il papa in Iraq sconfigge i potenti della terra

In missione di pace. È suo il vero patto di Abramo che ieri in Iraq ha stretto con Ali Sistani, con tutti gli iracheni e anche con noi: basta guerre, basta armi, basta intolleranza. In poche ore Bergoglio in Medio Oriente sta facendo più di chiunque altro in un secolo di guerre e massacri, di falsi accordi e di pacificazioni effimere

      • [Foto] Papa Francesco in Iraq © Lapresse

di Alberto Negri (il manifesto, 07.03.2021)

Cosa sono la politica e la diplomazia? Eccole, nel segno di Abramo, e le porta un uomo testardo vestito di bianco. Cos’è il coraggio di cambiare il mondo? È quello di Bergoglio che in direzione ostinata e contraria, quando tutti lo sconsigliavano dall’andare in Iraq, ha sfidato i consigli più ipocriti, degli americani e dei venditori di morte occidentali. E lo ha detto anche nella biblica piana di Ur dove oltre a condannare il terrorismo in nome della religione si è scagliato contro ogni forma di oppressione e prevaricazione.

«Quante divisioni ha il papa?», si chiedeva ironicamente Stalin a Yalta a chi gli faceva presente le esigenze di Pio XII. La stessa domanda se la faranno adesso Biden, Macron, Netanyahu, magari pure il principe assassino, il mandante dell’omicidio di Jamal Khashoggi, il saudita Mohammed bin Salman - che in Yemen ha usato anche le bombe italiane - e molti altri dei cosiddetti potenti della terra. Perché il papa sta portando a casa un risultato straordinario che non si potevano neppure immaginare: hanno arsenali pieni ma poche idee che funzionano per una pace autentica.

È suo il vero patto di Abramo che ieri in Iraq ha stretto con Ali Sistani, con tutti gli iracheni e anche con noi: basta guerre, basta armi, basta intolleranza. In poche ore Bergoglio in Medio Oriente sta facendo più di chiunque altro in un secolo di guerre e massacri, di falsi accordi e di pacificazioni effimere. Si sbaglia chi pensa di misurare in un tempo breve quello che accade sotto i nostri occhi e che gran parte dei media, forse stupiti, stenta ad accettare: il peso specifico di questo viaggio lo soppeseremo nell’onda lunga della storia ma già nell’immediato Bergoglio ha instaurato un clima mai visto in questo Paese che ha vissuto 40 anni di guerre, di morte, di sopraffazione dei più deboli e vulnerabili.

Questa volta si sono dette cose completamente diverse da quelle che abbiamo dolorosamente conosciuto dell’Iraq. Nei cartelloni di benvenuto al papa lungo la strada maestra di Najaf campeggiava la scritta «Voi siete parte di noi e noi siamo parte di voi», con sotto raffigurati i volti di Bergoglio e di Alì Sistani. In una stanza spoglia, con due divanetti, un tavolino, una scatola di fazzoletti appoggiata e un vecchio condizionatore sulla parete intonacata, il papa e Sistani si sono guardati negli occhi. Nessuno dei capi occidentali lo aveva mai incontrato in questi decenni. Il senso del viaggio di Bergoglio tutto in questa immagine di Najaf dove nel mausoleo con la cupola d’oro è sepolto l’imam Ali, quarto califfo, cugino e genero di Maometto, il cuore dell’islam sciita. È qui che Sistani lanciò nel 2014 l’appello a tutti gli iracheni per ribellarsi dal Califfato che aveva conquistato Mosul.

Il papa ha ringraziato Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza ha levato la sua voce in difesa dei perseguitati. Sistani ha affermato che le autorità religiose hanno un ruolo nella protezione dei cristiani iracheni che dovrebbero vivere in pace e godere degli stessi diritti degli altri iracheni. Un passo importante per il dialogo interreligioso ma soprattutto per la pacificazione tra tutte le componenti della società irachena, dalla maggioranza sciita irachena (60%) ai sunniti (35%), dai cristiani agli yazidi, dagli arabi ai curdi. L’incontro, lungamente preparato nei mesi scorsi dalla santa sede e dall’entourage di Sistani, con la mediazione di Louis Raphaël Sako, patriarca cattolico di Babilonia e dei caldei, ha infatti toccato tutte le questioni che affliggono le minoranze irachene, non solo quella cristiana. Francesco ha auspicato che sia proprio Sistani a guidare la difesa delle minoranze e il loro reintegro nella vita civile del Paese.

Il suo patto di Abramo vale, almeno moralmente, assai di più di quello tra Israele e le monarchie del Golfo voluto da Trump e ora caldeggiato da Biden: quello non è un accordo per la pace e la composizione dei conflitti ma contro l’Iran e tutti i popoli della regione che non si arrendono alla violenza e ai soprusi, alla legge del più forte, di chi ha più armi, più soldi, più tecnologia. Il patto di Abramo degli americani è un accordo che divide tra buoni e cattivi. I buoni sono gli alleati dell’Occidente e i maggiori clienti di armamenti degli Stati uniti, i cattivi coloro che non si arrendono all’ingiustizia e al doppio standard applicato da Washington e dall’occidente ai popoli della regione.

Forse non è del tutto casuale che, in coincidenza con il viaggio del papa in Iraq, l’ex capo dei pasdaran iraniani Mohsen Rezai abbia affermato, in un’intervista al Financial Times, che l’Iran è pronto a un nuovo negoziato sul nucleare se gli Usa si impegneranno a togliere le sanzioni a Teheran entro un anno.
-  Il patto di Abramo, quello tra Bergoglio e Sistani, magari potrebbe anche funzionare.


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