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ECCLESIA DE EUCHARISTIA (Giovanni Paolo II, 2003). Il cristianesimo non è un "cattolicismo": il ’cattolicesimo’ è morto.

INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. Un omaggio a WOJTYLA: UN CAMPIONE "OLIMPIONICO", GRANDISSIMO. W o ITALY !!! - di Federico La Sala

Il "Dio" dei nostri ’padri’ e delle nostre ’madri’ è il "Dio" dei viventi, non dei morti !!! LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA!!!
domenica 1 maggio 2011
[...] Che Egli viva in eterno, nella verità e nella pace - e nella memoria e nel cuore del nostro tempestoso presente storico, in lotta per portare alla luce una nuova - e più degna di noi stessi e di noi stesse - concezione dell’umano e del divino [...]
“DUE COLOMBI”, “DUE SOLI”. A KAROL J. WOJTYLA - GIOVANNI PAOLO II, in memoriam (03.04.2005)
GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro (...)

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> INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. ---- Beato Wojtyla, il Papa che parlava al mondo (di Marco Politi)

domenica 16 gennaio 2011

Beato Wojtyla, il Papa che parlava al mondo

di Marco Politi *

Il primo maggio rito in San Pietro. Nel 2000 il mea culpa per gli orrori della Chiesa: la Curia corse ai ripari, i fedeli compresero. Ma molto si è perso del suo messaggioGiovanni Paolo II sarà beatificato. Il primo maggio si terrà il rito in San Pietro. Poi verrà anche il momento della proclamazione a santo. Ma per il mondo Karol Wojtyla è già un gigante del XX secolo. I leader che fanno storia non sono santini. Anche Wojtyla ha le sue pagine bianche, nere e grigie. Un gruppo di teologi critici europei e sudamericani, durante il processo di beatificazione, ha indicato i punti negativi del suo pontificato: la repressione della teologia della liberazione e l’isolamento intorno al vescovo Oscar Romero, la condanna dei teologi che esploravano nuovi approcci alle questioni della sessualità, del celibato, del ruolo della donna nella Chiesa, il rinnovato centralismo della Curia, lo scandalo dello Ior e l’aver lasciato che in Curia - nonostante la sua denuncia dei preti stupratori - rimanessero troppe pratiche sugli abusi sessuali insabbiate.

E tuttavia milioni di credenti e diversamente credenti hanno riconosciuto in Giovanni Paolo II uno dei grandi protagonisti della seconda metà del XX secolo. Diceva Hegel che Napoleone, l’imperatore “despota”, era Spirito del mondo a cavallo. Karol Wojtyla, con il suo frenetico muoversi intorno al globo baciando la terra di nazioni mai toccate da un pontefice, ha rappresentato un “segno dei tempi”, che ha colpito l’immaginario dei contemporanei.

Era un Papa uomo in carne e ossa, non una larva clericale. Ha mostrato la fede nella sua attualità e non quale residuo di tempi sorpassati. Ha usato l’io, invece del maiestatico “Noi”. Ha trasformato il papato in portavoce dei diritti umani al di là di muri politici e culturali. Nella guerra di Jugoslavia era per la Bosnia musulmana contro i cristiani di Serbia e Croazia.

Ha varcato frontiere ritenute invalicabili. Primo pontefice dai tempi di Pietro a recarsi in una sinagoga, primo a penetrare nei colonnati di una moschea, primo ad arrivare in un tempio buddista in Thailandia. Sapeva rimescolare le carte e spezzare le barriere tradizionali. Riconoscere Israele e condannare il muro di Sharon. Invitare ad Assisi - nel malumore del cardinale Ratzinger e di altri porporati - i leader delle religioni del mondo per pregare insieme per la pace. Non per fare una marmellata sincretistica di ogni fede (come fu accusato a mezza bocca), ma riconoscendo la dignità di ciascun uomo che prega Dio. Così come dal Campidoglio si rivolse “con deferenza a voi fratelli che affermate di avere una visione non religiosa della vita e quanti con voi sono in ricerca del senso dell’esistenza”, esortando alla convivenza rispettosa di uomini di religioni e idealità diverse.

Era mistico e leader geopolitico, uomo di profonda preghiera e filosofo della storia. Quando sognava una preghiera comune sul monte Sinai di ebrei, cristiani e musulmani insieme, era un gesto profetico e al tempo stesso una carta di lungimiranza politica. Per sottolineare che chi crede in Dio non può abusare del nome divino per spargere il sangue.

Per indicare ai leader religiosi il traguardo di un’azione comune a favore di pace e giustizia nel mondo globalizzato, lasciando alle spalle le guerre di religione. Era un uomo mediatico, padrone della Parola, ma non ripetitore di slogan. Capì che per riannunciare il Vangelo su scala globale ci voleva un gesto di rottura globale con le violenze di Chiesa ammantate di sacro. E fu il mea culpa solenne dell’anno Duemila per errori e orrori commessi nei secoli dalla Chiesa. Anche in quell’occasione vi furono allarmati distinguo nella Curia romana e il cardinale Ratzinger si preoccupò di “sistemare” teologicamente la faccenda. Ma l’opinione internazionale comprese benissimo. Il Papa di Roma sapeva inginocchiarsi e chiedere perdono invece di restare sempre seduto in cattedra. L’anima popolare ha un fiuto istintivo: in un bar o in una bottega troverete l’immagine di Giovanni XXIII e Wojtyla, mai di nessun altro papa.

Fosse stato soltanto un combattente contro il comunismo per la sua Polonia, sarebbe rimasto una figura legata ad una particolare stagione storica, invece sentiva l’inquieto mutare dei tempi.

Conosceva le pulsioni violente insite nella storia islamica, ma si battè sempre perché l’Islam non diventasse il demone del XXI secolo come il comunismo lo era stato del XX. Per questo si oppose strenuamente alla guerra di Bush e Blair contro l’Iraq. Non nascose che c’era un “nocciolo di verità” nella denuncia di Marx dello sfruttamento operaio dell’Ottocento. Era un allarme per i tempi nostri. Lo storico Eric Hobsbawm lo definì l’“ultimo socialista” del Novecento, perché Wojtyla - caduto il Muro di Berlino - aveva intuito che si stava affermando un liberismo selvaggio senza freni e regole.

L’ultima fase di pontificato mutò di segno. Al Papa atleta successe Wojtyla sofferente. Mostrare la sua sofferenza apertamente e la sua dedizione alla propria missione fu un atto di umiltà cristiana e di laica rivalutazione di ogni sofferenza, specie di quanti non sono alla ribalta. Milioni - letteralmente - gli dettero l’addio, cattolici e altri cristiani, ebrei, atei, musulmani. Anche se non condividevano ogni sua decisione. Perché era un uomo umano.

* Da Il Fatto Quotidiano del 15 gennaio 2011


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