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ECCLESIA DE EUCHARISTIA (Giovanni Paolo II, 2003). Il cristianesimo non è un "cattolicismo": il ’cattolicesimo’ è morto.

INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. Un omaggio a WOJTYLA: UN CAMPIONE "OLIMPIONICO", GRANDISSIMO. W o ITALY !!! - di Federico La Sala

Il "Dio" dei nostri ’padri’ e delle nostre ’madri’ è il "Dio" dei viventi, non dei morti !!! LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA!!!
domenica 1 maggio 2011
[...] Che Egli viva in eterno, nella verità e nella pace - e nella memoria e nel cuore del nostro tempestoso presente storico, in lotta per portare alla luce una nuova - e più degna di noi stessi e di noi stesse - concezione dell’umano e del divino [...]
“DUE COLOMBI”, “DUE SOLI”. A KAROL J. WOJTYLA - GIOVANNI PAOLO II, in memoriam (03.04.2005)
GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro (...)

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> INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. ---- I gesti memorabili di Wojtyla nel dialogo con le altre religioni (di Luigi Accattoli)

venerdì 29 aprile 2011

I gesti memorabili di Wojtyla nel dialogo con le altre religioni

di Luigi Accattoli (Corriere della Sera, 29 aprile 2011)

Almeno in due campi - predicazione della pace e rapporto con le religioni non cristiane - Papa Wojtyla è andato in avanscoperta, oltre le indicazioni che erano venute dal Vaticano II. Quando i due temi coincidevano - come nelle tre «giornate» interreligiose di Assisi: 27 ottobre 1986, 9-10 gennaio 1993, 24 gennaio 2002 - egli si affidava al genio dei gesti simbolici. Spesso si mosse in solitudine, con poco accompagnamento all’interno della stessa Chiesa, tanto da dover correggere, verso la fine del Pontificato, qualcuno dei passi compiuti nella prima fase. La terza giornata di Assisi fu più cauta - nel linguaggio e nei gesti - rispetto alla prima.

Accanto ai raduni di Assisi vanno posti altri gesti memorabili e innanzitutto quelli riguardanti l’ebraismo: la visita alla Sinagoga di Roma il 13 aprile 1986 e la preghiera al Muro del Pianto di Gerusalemme il 26 marzo 2000. In una fessura del Muro collocò - secondo l’uso del pio israelita - un foglietto con su riprodotta la richiesta di perdono per il maltrattamento degli ebrei di cui si sono resi responsabili i cristiani nella storia: una delle sette «invocazioni» che aveva pronunciato quindici giorni prima in San Pietro, nella liturgia penitenziale della «Giornata del perdono».

Oltre l’ebraismo, l’altro interlocutore primario è stato per Wojtyla l’Islam. Qui il punto di partenza fu la «predica» a 50 mila «giovani islamici» in uno stadio di Casablanca, in Marocco, il 19 agosto 1985: mai un Papa aveva parlato a una folla musulmana. Anche in questa occasione vi fu un riconoscimento di responsabilità storica: disse che «cristiani e musulmani» nei secoli avevano consumato le loro energie «in polemiche e guerre» ma finalmente era venuto il momento di «cambiare le antiche abitudini».

In 26 anni di Pontificato ha visitato 24 paesi a maggioranza musulmana, sempre cercando un incontro con i leader religiosi. Il 6 maggio del 2001 a Damasco entra nella moschea degli Omayyadi ed è la prima volta di un Papa in moschea. Benedetto XVI continuerà sulla via indicata dal predecessore e visiterà sinagoghe e moschee. Gli approcci alle religioni mondiali hanno avuto altri momenti creativi: il 9 agosto 1985 in Togo parla agli «animisti» e compie qualche gesto rituale di «ospite» delle religioni tradizionali; in Thailandia l’11 maggio 1984 aveva reso omaggio - in un contesto anch’esso rituale - a un dignitario buddista; più volte, a Roma e per il mondo, incontra il Dalai Lama.

Alla «Giornata di Assisi» del 1986 c’erano 160 invitati divisi in 60 delegazioni, presenti per conto di 32 organizzazioni cristiane e 28 non cristiane. L’ebraismo era rappresentato dall’AntiDefamation League e dalla Comunità israelitica di Roma con il rabbino capo Elio Toaff. C’erano i buddisti dell’India, della Thailandia, della Corea e del Giappone, con il Dalai Lama esule in India. Gli indù, gli zoroastriani, i giainisti, i sikh. I musulmani del Marocco, del Pakistan, della Turchia, dell’India, del Bangladesh, della Costa d’Avorio, del Kenya, dell’Arabia Saudita, del Mozambico. C’erano le religioni tradizionali africane del Kenya, del Ghana e del Togo; la religione amerinda; gli shintoisti giapponesi.

I segni centrali della giornata furono la preghiera, il pellegrinaggio e il digiuno. Per la prima volta nella storia del mondo le parole e i gesti di tutte le tradizioni religiose espressero un’unica invocazione di pace, formulata nelle lingue più diverse. «I servitori di Dio misericordioso sono coloro che camminano sulla terra in umiltà e, quando l’ignorante si rivolge a loro, essi dicono: pace»: così pregarono i musulmani. Gli indù: «Imploriamo la pace nei cieli, pace in cielo e sulla terra, pace nei mari, pace nelle erbe e nelle piante, pace in tutte le divinità, pace a tutto il creato». I buddisti: «Possano tutti gli animali essere liberi dalla paura di essere divorati gli uni dagli altri». Acceso il calumet della pace, l’indiano d’America disse: «Questo calumet è stato donato al mio popolo dal Creatore della pace e dell’amicizia. Per questo io lo offro a voi, fratelli e sorelle di tutto ilmondo».

Per ultimo parlò Giovanni Paolo II: «Ripeto umilmente qui la mia convinzione: la pace porta il nome di Gesù Cristo. Ma, nello stesso tempo e nello stesso spirito, sono pronto a riconoscere che i cattolici non sono sempre stati fedeli a questa affermazione di fede. Non siamo sempre stati dei costruttori di pace. Per noi stessi quindi, ma anche - forse - per tutti, questo incontro di Assisi è un atto di penitenza».


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