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ECCLESIA DE EUCHARISTIA (Giovanni Paolo II, 2003). Il cristianesimo non è un "cattolicismo": il ’cattolicesimo’ è morto.

INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. Un omaggio a WOJTYLA: UN CAMPIONE "OLIMPIONICO", GRANDISSIMO. W o ITALY !!! - di Federico La Sala

Il "Dio" dei nostri ’padri’ e delle nostre ’madri’ è il "Dio" dei viventi, non dei morti !!! LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA!!!
domenica 1 maggio 2011
[...] Che Egli viva in eterno, nella verità e nella pace - e nella memoria e nel cuore del nostro tempestoso presente storico, in lotta per portare alla luce una nuova - e più degna di noi stessi e di noi stesse - concezione dell’umano e del divino [...]
“DUE COLOMBI”, “DUE SOLI”. A KAROL J. WOJTYLA - GIOVANNI PAOLO II, in memoriam (03.04.2005)
GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro (...)

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> INDIETRO NON SI TORNA ---- L’UOMO E’ LA "MISURA" DELL’ECONOMIA. “Non è l’uomo per il lavoro, ma il lavoro per l’uomo. Non è il lavoro per il capitale, ma il capitale per il lavoro” (di Vittorio Cristelli)..

venerdì 10 giugno 2011

L’uomo “misura” dell’economia

di Vittorio Cristelli (vita trentina, 12 giugno 2011)

Si è concluso domenica scorsa il Festival dell’Economia di Trento. Già alla sua sesta edizione non ha perso in attrazione e interesse che per la presenza dei relatori, ma anche di uditori e testimoni può ben vantare un raggio internazionale. Il tema di questa edizione “I confini della libertà economica” era già in se stesso una provocazione, perché è forte ancora il mantra della libertà dell’attività economica come condizione sine qua non perché l’economia possa svilupparsi. Principio con accenti anche morali. Non è forse vero che uno dei “peccati” più gravi che oggi si addita è la turbativa di mercato? Eppure anche l’economia ha i suoi limiti.

Il primo è già nella sua concezione dominante. Si dà per scontato infatti anche negli ambienti accademici che l’economia è per il profitto. Ma allora il solidarismo cristiano e socialista non sono più economia? Dico di più: quella familiare e quella municipale, che non inseguono il profitto ma l’apprestamento di servizi alle persone non sono a loro volta economie? C’è un altro segnalatore quantomeno ambiguo se non ingiusto ed è il metro con il quale si misura la prosperità economica. Quello che va di moda già dai tempi di Truman è il Pil, che sta per “prodotto interno lordo” e si ottiene sommando tutta la ricchezza prodotta da un paese. Questa massa viene poi divisa per il numero dei cittadini e dà il prodotto “pro capite”. Bersagliato di satira già dal poeta romanesco Trilussa che scrive: secondo il prodotto pro capite, gli italiani mangiano due polli a testa ogni settimana. Ma a ben osservare, c’è chi di polli ne mangia tre, chi due, ma la massa non ne mangia nemmeno uno. Diverso sarebbe il calcolo se usassimo il metro del bene comune, che non è una sommatoria, ma una moltiplicatoria con una serie di fattori. Se in questa serie si incontrano il 2 o il 3, il prodotto si raddoppia o si triplica. Ma se si incontra l’1, il prodotto non aumenta. Se poi si incontra lo 0, cioè la povertà assoluta, il prodotto si annulla. E’ chiaro che in questo calcolo il criterio sono le persone.

E siamo nella dottrina sociale della Chiesa così plasticamente rappresentata dal sillogismo dell’enciclica “Laborem exercens” di Papa Wojtyla: “Non è l’uomo per il lavoro, ma il lavoro per l’uomo. Non è il lavoro per il capitale, ma il capitale per il lavoro”. Conclusione: lavoro e capitale sono per l’uomo. Un limite quindi e un confine invalicabile l’economia lo trova nell’uomo, nel senso che l’uomo deve essere sempre il fine dell’economia e non deve diventare mai un mezzo da sfruttare e magari anche sacrificare sull’altare del profitto.

Un altro limite enorme è stato messo in evidenza da Zygmunt Bauman a conclusione del Festival. Diceva Bauman: se il tenore di vita ed economico deve essere il nostro esteso a tutti gli uomini, non basterebbero tre mondi a soddisfarlo. Si impongono quindi rinunce o, come dice Serge Latouche, si impone addirittura la decrescita.

A proposito di rinunce, i referendum che siamo chiamati a votare domenica 12 e lunedì 13 giugno - due sull’acqua, uno sul nucleare e uno sul legittimo impedimento - sono a loro modo delle rinunce. Se il criterio è l’uomo, l’acqua è di tutti. Non si può quindi privatizzare nemmeno nella sua distribuzione facendone un business in cui pochi privati possono decidere a chi darla e a chi non darla e a quale prezzo. Sul nucleare anche si tratta di una rinuncia. Prendendo a criterio l’uomo, non è ammissibile il rischio di migliaia di morti e di contaminazione di interi territori per decenni, come è avvenuto a Chernobyl e a Fukushima. Già la Germania, che di centrali nucleari ne ha diciassette, ha deciso di rinunciarvi. E noi vogliamo adottarle?

Pure il referendum sul legittimo impedimento vuole che il capo del governo e i ministri rinuncino al privilegio di non presentarsi davanti ai giudici in eventuali processi che li riguardano. Perché tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.

Sono quattro referendum abrogativi di norme già esistenti. Pertanto si impongono quattro sì, se il criterio è l’uomo.

Lo dicevano già gli antichi greci: “L’uomo è la misura di tutte le cose”. E il Vangelo: “Che gioverà all’uomo guadagnare anche il mondo intero, se poi perde l’anima?”. Perde cioè lo stesso senso della vita.


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