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ECCLESIA DE EUCHARISTIA (Giovanni Paolo II, 2003). Il cristianesimo non è un "cattolicismo": il ’cattolicesimo’ è morto.

INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. Un omaggio a WOJTYLA: UN CAMPIONE "OLIMPIONICO", GRANDISSIMO. W o ITALY !!! - di Federico La Sala

Il "Dio" dei nostri ’padri’ e delle nostre ’madri’ è il "Dio" dei viventi, non dei morti !!! LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA!!!
domenica 1 maggio 2011
[...] Che Egli viva in eterno, nella verità e nella pace - e nella memoria e nel cuore del nostro tempestoso presente storico, in lotta per portare alla luce una nuova - e più degna di noi stessi e di noi stesse - concezione dell’umano e del divino [...]
“DUE COLOMBI”, “DUE SOLI”. A KAROL J. WOJTYLA - GIOVANNI PAOLO II, in memoriam (03.04.2005)
GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro (...)

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> PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. ---- IL LAVORO E LA STRATEGIA DEL FARAONE (Omelia di Giovanni Paolo II - 19 marzo 1995).

venerdì 23 marzo 2012

Omelia di Giovanni Paolo II

Festa di San Giuseppe - Castelpetroso (Campobasso)
 Domenica, 19 marzo 1995 *

(...) La Chiesa considera suo precipuo dovere annunziare il “vangelo del lavoro”, che costituisce un aspetto essenziale della sua dottrina sulla giustizia sociale. E qui possiamo ritornare al Libro dell’Esodo ed alla missione liberatrice affidata da Dio a Mosè. Si tratta infatti di una liberazione anche in senso sociale. L’ingiustizia che i figli e le figlie di Israele sperimentano consiste nello sfruttamento del loro lavoro, anche allo scopo di distoglierli dalla vita familiare e dal servizio di Dio. Il faraone ritiene che in questo modo cesseranno di essere pericolosi per l’Egitto.

La strategia del faraone, di assoggettare mediante il lavoro, costituisce un significativo paradigma, entro il quale Mosè rappresenta quanti nel corso della storia non cessano di intraprendere la lotta per la giustizia sociale. Questa consiste per un aspetto essenziale nel riconoscimento della giusta dignità del lavoro umano e in un’equa remunerazione, grazie alla quale il lavoratore possa mantenersi insieme con la propria famiglia. D’altra parte, essa richiede anche adeguati interventi a favore di coloro che, pur non volendolo, si trovano nella precaria e avvilente situazione di disoccupati.

Il lavoro deve contribuire allo sviluppo dell’uomo e non al soffocamento servile della sua dignità. Questo è il postulato fondamentale del “vangelo del lavoro”. Gesù, impegnato accanto a Giuseppe al banco di lavoro, proclama questo vangelo mediante la sua stessa vita nascosta a Nazaret. La dottrina sociale cristiana e tutte le Encicliche sociali, cominciando dalla Rerum Novarum, rappresentano la manifestazione di tale “Sollicitudo rei socialis”, di quella sollecitudine per la giustizia sociale, che la Chiesa non si stanca di promuovere e di attuare annunziando il Vangelo dell’Alleanza di Dio con l’uomo. E questa tematica deve essere sempre riproposta nella giornata festiva di San Giuseppe. Questo umile carpentiere di Nazaret, accanto a Gesù di Nazaret, rappresenta anche la problematica della giustizia sociale per tutti noi, per il mondo del lavoro e per la Chiesa.

6. Carissimi, da questo Santuario, espressione della fede di un popolo laborioso e tenace, affido alla Madre Addolorata le attese e le speranze dell’odierna società, in particolare le attese del mondo del lavoro. Colei che al Calvario è stata unita al Sacrificio redentore di Cristo, ottenga ai suoi figli di essere sempre fedeli al Dio dell’Alleanza. Ottenga di portare frutti abbondanti di giustizia e di pace, mangiando “lo stesso cibo spirituale” e bevendo “la stessa bevanda spirituale” di cui ci parla la liturgia di oggi.

I nostri Padri - ricorda san Paolo - bevevano “da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era Cristo” (1 Cor 10, 4). Cristo resta la roccia alle cui acque beviamo anche noi.

Amen!

* ARCIDIOCESI CAMPOBASSO-BOIANO, 19 MARZO 2012


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