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ETICA DELLA SCRITTURA E "COPIA-INCOLLA". UMBERTO GALIMBERTI E GUIDO ZINGARI

sabato 7 giugno 2008
Galimberti, emergono altri «copia-incolla» *
Dopo i ripetuti casi di plagio compiuti dal filosofo Umberto Galimberti portati alla ribalta nelle scorse settimane da «Il Giornale» e «Avvenire», nuove testimonianze emergono sulla pluridecennale costanza del «vizietto» del professore. È ancora «Il (...)

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> ETICA DELLA SCRITTURA E "COPIA-INCOLLA". UMBERTO GALIMBERTI E GUIDO ZINGARI --- Caro Galimberti, qual è il suo segreto? Lei ha rischiato la reputazione impadronendosi di parole scritte da altri: perché? (di Pierluigi Battista).

lunedì 9 giugno 2008

Caro Galimberti, qual è il suo segreto?

Lei ha rischiato la reputazione impadronendosi di parole scritte da altri: perché?

di Pierluigi Battista (Corriere della Sera, 09.06.2008)

Egregio professor Umberto Galimberti, si rincorrono in questi giorni voci che denuncerebbero una sua reiterata propensione a includere nei libri da lei firmati interi brani ricavati dal lavoro altrui, senza dichiararne, come pure sarebbe d’obbligo, l’origine. In realtà si tratta di qualcosa di più di semplici voci, perché anche il più banale accostamento comparativo tra alcuni cospicui passaggi dei suoi libri e quelli di Giulia Sissa, Alida Cresti e Salvatore Natoli dimostrano senza possibilità di equivoco che un robusto lavoro, come si dice, di «copia-e-incolla», finisce per configurarsi come un’ indebita appropriazione intellettuale. Ora si aggiunge, sul Giornale, la scoperta di un lontano episodio del 1986 quando lei fu costretto a inserire una breve avvertenza nella seconda edizione di un libro su Heidegger in cui si ammetteva il fondamentale debito contratto a scapito di un lavoro del professor Guido Zingari. Ma non sarebbe ora, professor Galimberti, di rompere con fierezza il suo sdegnoso silenzio su tutta questa faccenda?

Inizialmente lei ha ammesso almeno uno dei misfatti, attribuendone la responsabilità a qualche disguido editoriale, così devastante da aver lasciato vanificare virgolette e indicazioni bibliografiche, che rendono differente una citazione da una volgare copiatura. Poi, un po’ goffamente, ha avanzato autodifensivamente l’idea che in fondo gli artisti, Mozart in testa, copiano sempre, e che la storia della cultura forma da sempre un reticolo intricato di prestiti e rimandi in cui si stenta a riconoscere l’originale dalla sua riproduzione. Un comprensibile imbarazzo e il meritato prestigio di cui gode la sua attività pubblicistica hanno indotto anche i più feroci tra i suoi detrattori a non infierire su un intellettuale di fama in evidente difficoltà. Ma adesso che viene alla luce una sua certa ripetitività copiatrice, una certa sua inclinazione recidiva a ciò che grossolanamente potrebbe definirsi un saccheggio di opere altrui, non sarebbe il caso che lei, apprezzato indagatore delle insondabili profondità dell’animo umano, uscisse con coraggio dal guscio della reticenza e ci aiutasse a comprendere qual è la segreta molla psicologica del suo così ricorrente e autodistruttivo operare?

Lei capisce, professor Galimberti, che una volta può essere un incidente, due volte una sfortunata coincidenza: ma quattro volte accertate delineano una prassi, un metodo, un’ossessione compulsiva. Che cosa davvero può averla indotta a rischiare ripetutamente la sua reputazione impadronendosi di parole scritte da altri, e non da remoti e sconosciuti autori magari mai tradotti in italiano, ma da figure stimate e note, o come nel caso di Natoli addirittura notissime? Lei sa benissimo che non avrebbe potuto farla franca, e che prima o poi i ripetuti misfatti sarebbero venuti a galla. E allora, chi e che cosa ha pensato di sfidare, rischiando di dilapidare con uno sciocco lavoro di copiatura anni e anni di onorata carriera intellettuale? Ci racconta una volta per tutte quale pulsione indomabile può suggerire a un uomo saggio e posato come lei di cadere sempre nello stesso catastrofico errore? Non è una banale autocritica che le si chiede, ma un’illuminazione sulle oscurità che albergano nei recessi più nascosti dell’essere umano.

Con immutata stima

Pierluigi Battista


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