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LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno - nemmeno papa Francesco - ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

martedì 5 marzo 2024
Caro BENEDETTO XVI ...
Corra, corra ai ripari (... invece di pensare ai soldi)! Faccia come insegna CONFUCIO: provveda a RETTIFICARE I NOMI. L’Eu-angélo dell’AMORE (“charitas”) è diventato il Van-gélo del ’caro (prezzo)’ e della preziosi-tà (“caritas”), e la Parola (“Logos”) è diventato il (...)

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> LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". ---- La condivisione è il vero pane (di Ermes Ronchi)

giovedì 26 luglio 2012


La condivisione è il vero pane

di Ermes Ronchi (Avvenire, 26 luglio 2012)

La moltiplicazione dei pani è un evento che si è impresso in modo indelebile nei discepoli, l’unico miracolo raccontato in tutti i vangeli. Più ancora che un miracolo, un segno: fessura di mistero, evento decisivo per comprendere Gesù. Lui ha pane per tutti, è come se dicesse: io faccio vivere, io moltiplico la vita! Lui fa vivere: con le sue mani che risanano i malati, con le parole che guariscono il cuore, con il pane che significa tutto ciò che alimenta la vita dell’uomo Cinquemila uomini, e attorno è primavera; sul monte, nel luogo dove Dio è più vicino, hanno fame, fame di Dio. Qualcuno ha pani d’orzo, l’orzo è il primo dei cereali che matura, simbolo di freschezza e novità; piccola ricchezza di un ragazzo, anche lui una primizia d’uomo.

A Gesù nessuno chiede nulla, è lui che per primo si accorge e si preoccupa: « Dove potremo comprare il pane per loro?». Alla sua generosità corrisponde quella del ragazzo: nessuno gli chiede nulla, ma lui mette tutto a disposizione. Primo miracolo. Invece di pensare: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli. E la mia fame? Dà tutto quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tutto!

Per una misteriosa regola divina, quando il mio pane diventa il nostro pane accade il miracolo. La fame finisce non quando mangi a sazietà, ma quando condividi fosse pure il poco che hai. C’è tanto di quel pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tutti. Il Vangelo neppure parla di moltiplicazione ma di distribuzione, di un pane che non finisce. E mentre lo distribuivano il pane non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Come avvengono certi miracoli non lo sapremo mai. Neanche per questo di oggi riusciamo a vedere il «come». Ci sono e basta. Quando a vincere è la generosità.

Giovanni riassume l’agire di Gesù in tre verbi «Prese il pane, rese grazie e distribuì», che richiamano subito l’Eucaristia, ma che possono fare dell’intera mia vita un sacramento: prendere, rendere grazie, donare. Noi non siamo i padroni delle cose. Se ci consideriamo tali, profaniamo le cose: l’aria, l’acqua, la terra, il pane, tutto quello che incontriamo, non è nostro, è vita da che viene in dono da altrove e va oltre noi. Chiede cura, come per il pane del miracolo (i dodici canestri di pezzi), le cose hanno una sacralità, c’è una santità perfino nella materia, perfino nelle briciole: niente deve andare perduto.

Impariamo ad accogliere e a benedire: gli uomini, il pane, Dio, la bellezza, la vita, e poi a condividere: accoglienza, benedizione, condivisione saranno dentro di noi sorgenti di Vangelo. E di felicità.


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