Le urne usate come minaccia
di GIAN ENRICO RUSCONI (La Stampa, 9/10/2009)
Ci siamo fermati sull’orlo del precipizio, davanti allo scontro frontale delle istituzioni. Sussurri e grida ce ne saranno ancora; voleranno parole grosse, indegne di un sistema democratico normale o semplicemente decente. Ma ormai ci siamo abituati. L’incontinenza verbale nei media e sulle piazze accompagna la nostra mutazione democratica.
Sulle conseguenze immediate della sentenza della Consulta, il presidente del Consiglio e l’opposizione sembrano dire la stessa cosa: la politica deve andare avanti, perché la giustizia si muove su un altro piano. I due piani non interferiscono e non devono interferire. Un’affermazione del genere sarebbe stata inconcepibile anni or sono, quando è incominciato tutto. È una contraddizione? È una resipiscenza? No. È una finzione. Infatti il rapporto conflittuale tra politica e giustizia, per quanto riguarda il presidente del Consiglio, non si è affatto risolto ma ha contribuito a cambiare radicalmente il quadro politico.
Berlusconi e il Pd hanno in mente due «continuità» della politica molto diverse. All’offensiva quella del premier, in difensiva quella dell’opposizione. La prima mira a cambiare le regole del gioco democratico, l’opposizione ritiene invece di poter contare sulla tenuta di quel che resta della struttura istituzionale e della rappresentanza politica tradizionale. Dietro lo scontro tra maggioranza e minoranza c’è un paese profondamente diviso e incattivito come non mai. Si annunciano mobilitazioni sotto tutti i segni.
Al di là della cronaca di queste ore, cerchiamo di capire la dinamica di fondo che è in atto e che produce la mutazione della nostra democrazia. Berlusconi dispone di due risorse importanti: il sostegno della sua maggioranza parlamentare e lo spregiudicato attivismo di un potente sistema informativo. Eppure maggioranza e apparato mediatico nulla potrebbero senza il «popolo» berlusconiano. Questa è la vera risorsa vincente, usata come una minaccia contro gli avversari.
Una rivoluzione di mentalità
È straordinario come il Cavaliere sia riuscito a ri-attivare l’idea stessa di «popolo» versando il prestigio di questo antico concetto in forme nuove. Quello di Berlusconi infatti è il popolo di chi lo ha votato - è il popolo-degli-elettori che si considera senz’altro il demos, depositario dell’intera sovranità. È la sovranità che la Corte costituzionale ritiene di interpretare e che ora viene brandita minacciosamente contro di essa. Non si insisterà mai abbastanza su questa rivoluzione di mentalità. Chi vota e vince con Berlusconi pretende di cambiare le regole, tutte le regole, anche quelle costituzionali. L’atteggiamento predatorio nei confronti della Costituzione si accompagna a una esasperata politicizzazione (o accusa di politicizzazione) di tutti gli ambiti istituzionali. Tutto è diventato politico in senso partitico. Si tratta di una politicizzazione basata sulla coppia amico/nemico.
Aggressione verbale pericolosa
Non sorridiamo più quando Berlusconi e i suoi sostenitori vedono ovunque «comunisti» o «sinistra» come nemici da neutralizzare. Ma non siamo per niente tranquillizzati se dal campo della sinistra o comunque degli oppositori di Berlusconi si replica con gli stessi toni. L’aggressione verbale diventa pericolosa quando investe il fondamento costituzionale della separazione dei poteri dello Stato democratico. In tutti i paesi democratici del mondo le Corti supreme rispecchiano gli orientamenti politici delle rispettive nazioni - dagli Stati Uniti alla Germania. Ed è tutt’altro che infrequente che si avanzino riserve su determinate sentenze imputandole proprio a maggioranze di parte. Ma, a prescindere dalla civiltà delle espressioni verbali normalmente usate, non si accetterebbero mai gli argomenti «politici» usati dal nostro premier quando commenta la sentenza della Corte.
Questo atteggiamento è strettamente connesso all’appello al popolo-elettore nel senso detto sopra. Il Presidente della Repubblica e i membri della Consulta sono stati scelti dalla parte politica avversa - insiste polemicamente Berlusconi - e quindi vanno trattati come avversari politici. L’idea del sapiente anche se faticoso equilibrio tra le istituzioni fondamentali, quale previsto dalla Costituzione, sembra estranea al nuovo populismo.