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GLI APPRENDISTI STREGONI E L’EFFETTO "ITALIA". LA CLASSE DIRIGENTE (INCLUSI I GRANDI INTELLETTUALI) CEDE (1994) IL "NOME" DEL PAESE AL PARTITO DI UN IMPRENDITORE. Che male c’è?! - Materiali sul tema

lunedì 13 agosto 2012
UNA VERGOGNA PLANETARIA: L’ITALIA E LA SUA COSTITUZIONE OFFESA E FERITA!!! MA CHI E’ IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?! IL PRESIDENTE DI "Forza ITALIA"?!
ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!! Un appello al Presidente della Repubblica
Non basta dire come fanno i francesi che la loro nazione (...)

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> GLI APPRENDISTI STREGONI E L’EFFETTO "ITALIA". ---- UNA COMMEDIA DA TRE SOLDI (di Franco Cordero) - LA SPARATA DI ASOR ROSA (di Goffredo De Marchis - Intervista).-

giovedì 14 aprile 2011


-  La sparata di Asor Rosa
-  "Stato d’emergenza per salvare la democrazia"
-  Ferrara: è golpe. La replica: bisogna reagire

-  È eversivo invocare l’intervento di polizia e carabinieri? Lo sarei se invocassi la rivolta
-  Nessuna critica a Napolitano. Dobbiamo accettare o meno la fatalità di un bis del ’22
-  Berlusconi manda in frantumi le regole e l’assetto democratico e repubblicano
-  Certo, la mia è una forzatura. Serve a farsi capire meglio e a focalizzare l’attenzione

-  di Goffredo De Marchis (la Repubblica, 14.04.2011)

ROMA - Per evitare che la storia si ripeta, che l’Italia torni alle condizioni del 1922 (alba del fascismo) o precipiti nella deriva della Germania del ‘33 (avvento di Hitler) Alberto Asor Rosa propone una strada: dichiarare lo stato di emergenza, congelare le Camere, chiamare al governo Carabinieri, Polizia di stato e magistratura. Il professore, ex parlamentare del Pci, descrive il suo progetto in un editoriale sul manifesto di ieri. La democrazia è già collassata, scrive Asor Rosa citando i precedenti del Novecento. Per colpa «di Berlusconi e dei suoi più accaniti seguaci».

L’articolo scatena, com’era prevedibile, Giuliano Ferrara che a Qui Radio Londra attacca a testa bassa accostando impropriamente Eugenio Scalfari e la Repubblica ad Asor Rosa e alla sua tesi: «C’è chi propone il colpo di Stato contro il governo eletto dai cittadini. Asor Rosa spiega con chiarezza un progetto politico che è di Repubblica. Del resto il professore fa parte della cricca di Scalfari». Ribatte a muso duro Asor Rosa: «C’è un’unica cricca lobbistica ed è quella notoriamente guidata dal presidente del Consiglio, ed i pericoli che ha provocato per la democrazia italiana sono pesantissimi». Asor Rosa però conferma la sua assurda exit strategy al berlusconismo. Lui stesso la definisce paradossale: «Pensavo mi chiamasse uno psichiatra, non un giornalista», dice rispondendo al telefono.

Se anche lei sa che il paradosso ha aspetti eversivi perché lo ha scritto? Propone di reagire alle regole calpestate violando tutte le regole. E gli amici del Cavaliere, come Ferrara, ci sguazzano. Bel risultato.

«Da tempo immemorabile Ferrara non rappresenta più nulla. Ma l’alternativa quale sarebbe? Tacere? Il mio ragionamento è chiaro, soprattutto nelle premesse. C’è un’obiettiva frantumazione delle regole ed è opera del capo del governo. L’atteggiamento etico politico di Berlusconi mette in discussione l’assetto democratico e repubblicano. Se tutto questo è vero, e secondo me è vero, bisogna porsi il problema di come se ne esce».

Ma lei immagina una «prova di forza» che è l’opposto della democrazia.

«La mia proposta è una forzatura e le forzature servono a farsi capire meglio. A focalizzare l’attenzione sulle premesse».

Poteva fermarsi a quelle.

«No, anche perché non credo che lo stato d’eccezione sia contro la nostra Costituzione».

Congelare le Camere, affidare i poteri alle forze dell’ordine. Dove ha letto queste cose nella Carta?

«Non sono un costituzionalista ma invito tutti a valutare bene gli articoli 87 e 88 della Costituzione. E a vedere cosa se ne ricava in un momento di rischio della democrazia. Se qualcuno mi dimostra che la democrazia in Italia non è a rischio accetto la confutazione. Altrimenti dobbiamo fare tutto il possibile per evitare il peggio».

Quegli articoli riguardano i poteri del presidente della Repubblica. Napolitano non sta già facendo moltissimo per respingere leggi inaccettabili e comportamenti fuori controllo?

«Non ho nessuna critica da muovere a Napolitano. Ma tutti abbiamo di fronte una responsabilità storica: accettare o meno la fatalità di quello che accade come avvenne nel ‘22 e nel ‘33. La prospettiva politica si è enormemente aggravata. E chiede un impegno che va oltre il semplice accettare o respingere leggi».

Lei soffia sul fuoco, non è anche questo pericolo? Per fortuna sono parole isolate.

«È eversivo, è soffiare sul fuoco invocare l’intervento di Polizia e Carabinieri? Sono organi dello Stato. Sarei eversivo se invocassi la rivolta popolare. Ma non lo faccio. Chiedo solo che la democrazia e lo Stato si autodifendano».

Un uomo con la sua storia di sinistra che invoca i generali. Non è in imbarazzo?

«L’apprezzamento per la polizia e i carabinieri fa parte della maturazione quasi secolare di cui sono portatore».


Una commedia da tre soldi

di Franco Cordero (la Repubblica, 14.04.2011)

Ha dell’allucinatorio il voto con cui la Camera berlusconiana qualifica reato ministeriale l’oggetto della causa postribolare pendente a Milano e intima al Tribunale d’astenersene: vale uno zero giuridico, perché i trecentoventi o quanti siano non hanno il potere che s’illudono d’esercitare; è come se un questore emettesse condanne penali o, arrogandosi funzioni ultraterrene, l’Olonese presidente del Consiglio distribuisse indulgenze à valoir nell’ipotetico purgatorio.

Scene d’una sgrammaticata commedia da due soldi, i cui attori improvvisano. Se la res iudicanda sia reato comune o ministeriale, lo diranno i giudici: data una condanna, l’appellante ripropone la questione; qualora soccomba anche lì, gli resta il ricorso in Cassazione. I cervelloni credono d’avere sferrato un colpo da maestri: «dichiariamo improcedibile l’accusa» (il clou esoterico sta nel predicato), «così il Tribunale, spalle al muro, deve ammettersi incompetente o sollevare un conflitto d’attribuzioni e tutto rimane sospeso». Ogni sillaba manda il suono delle monete false. Gli onorevoli straparlano, ossequenti al regime egomaniaco. Ipse dixit: è ai ferri corti col «brigatismo giudiziario», tale essendo nel suo universo deforme l’idea che la legge vincoli anche l’impunito ricchissimo; castigherà le toghe proterve, bisognose «d’una lezione»; e i famigli rabberciano norme à la carte.

La «sovranità del Parlamento» (i berluscones la vantano almeno due o tre volte pro die) è formula italiota d’una monarchia assoluta prima che s’installino gli embrioni del futuro Stato costituzionale: le attuali Camere sono cassa armonica dell’esecutivo; vi siedono persone ignote agli elettori; le nominano agenti del beneplacito sovrano.

Chiaro quale sia il modello: platee stupefatte dalla droga mediatica forniscono voti; lassù, accessibile soltanto alle baiadere, siede Dominus Berlusco, ogni mattina più ricco (quanto sia disinteressato, attento solo al bene collettivo, fuori della mischia d’affari, lo dicono sordi ringhi con cui accoglie l’estromissione dalle Generali della devota lunga mano Cesare Geronzi). Niente vieta che vecchi organi rimangano, anzi conviene tenerli in piedi, finti vivi, palcoscenico d’una troupe innocua: Sua Maestà ne prende uno o una qualunque nel mucchio e li addobba; voilà, diventano ministri o figure analoghe; gerarchie adoranti esercitano poteri subordinati in conflitto permanente; griglie selettive escludono i diversi.

Tale struttura subpolitica connota un Paese solo geograficamente europeo, dal futuro miserabile perché lo sviluppo economico richiede tensione psichica, cultura, lavoro duro, regole ferme, mentre qui regnano privilegi parassitari, variegato malaffare, gusti fraudolenti, mente corta, animule spente. Confessa una vocazione ministeriale, né punta basso aspirando alla Farnesina, la svelta figliola che, secondo l’accusa, sovrintendeva alle ospiti della reggia: nei dialoghi intercettati coltiva un argot dal percussivo registro turpiloquo; e sotto accusa d’avere gestito prostitute, conferma la candidatura.

Qui s’indigna uno che scrive in décor grammaticale, storpiando impetuosamente i concetti: non marchiamole con quel nome (nei Tre moschettieri Milady porta una P impressa a fuoco sulla spalla); sono damigelle intente allo scramble mondano; è risorsa anche il corpo. Lo stesso maestro pensatore sventola liberalismo sui generis e culto berlusconiano, classico ossimoro del genere «sole nero» o «ghiaccio bollente». Gli aneddoti dicono a che punto siamo nella corsa al Brave New World.

La malattia italiana non risponde più alla solita farmacopea. L’Unico squaglia gravi accuse in falsa ilarità turpiloqua, spaventando persino gli obbligati a ridere. Rebus sic stantibus, è imputato in quattro sedi. Da tre pendenze rognose lo liberano due leggi che le Camere votano sul tamburo, tagliando ancora la prescrizione e seppellendo d’un colpo l’intero processo, appena scadano dei termini. La terza toglie al giudice il vaglio del materiale probatorio offerto dalle parti: se la difesa indica mille testimoni, saranno escussi tutti, in mesi e anni, finché suoni la campana; l’aula chiude i battenti; non se ne parla più.

I giudizi diventano materia volatile: dibattimenti fluviali, processi brevi, larghe sacche d’oblio; fantasie carnevalesche da Nave dei matti? No, leggi italiane. L’ordinaria prassi politica risulta impotente contro l’abuso sistematico, tanto l’ha pervertita Re Lanterna. Temendo la sfiducia, compra degli oppositori (gesto automatico, gli viene naturale: cambiano uniforme, esigono i prezzi, li incassano; il transito non è finito, sappiamo dal coordinatore. La secessione nel Pdl inalberava insegne virtuose ma i bei giochi durano poco. Le anime transumano salmodiando motivi edificanti.

Di questo passo, la legislatura compie l’intero ciclo: tra due anni divus Berlusco s’insedia al Quirinale, portandovi i divertimenti che sappiamo (accadeva sotto Rodrigo Borgia, Sua Santità Alessandro VI; vedi monsignor Iohannes Burckardus, cerimoniere impeccabile e cronista meticoloso nel Liber notarum: domenica sera 31 ottobre 1501 danno spettacolo orgiastico «quinquaginta meretrices honestae»); presiede il consiglio l’attuale guardasigilli, viso spirituale; nella ratio studiorum dei licei appare una nuova materia, Arte dell’osceno. Tale essendo il presumibile futuro, è questione capitale come scongiurarlo: discutiamone perché i tempi stringono; tra poco il fuoco lambirà le polveri (scriveva Walter Benjamin, cultore d’allegorie e metafore).


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