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LA CULTURA ITALIANA, OGGI. ALL’ITALIA, AL SUO NOME E AL SUO ONORE.

mercoledì 11 marzo 2009
UNA VERGOGNA PLANETARIA: L’ITALIA E LA SUA COSTITUZIONE OFFESA E FERITA!!! MA CHI E’ IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?! IL PRESIDENTE DI "Forza ITALIA"?!
COSTITUZIONE, LINGUA E PAROLA.....
ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!!IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI.
LA (...)

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> LA CULTURA ITALIANA. ALL’ITALIA, AL SUO NOME E AL SUO ONORE. ---- LA NATURA DEL NOSTRO SAPERE (di Luigi e Luca Cavalli Sforza).

giovedì 5 marzo 2009


-  Dodici volumi sull’evoluzione della conoscenza in Italia

-  UNA GRANDE OPERA CURATA DA CAVALLI SFORZA

-  Che cosa intendiamo per cultura. Che peso hanno i fattori biologici e quale quelli sociali
-  Negli ultimi anni sono state scoperte molte regole che spiegano come funziona l’apprendimento

-   La natura del nostro sapere

-  Gli studi sulla preistoria umana sviluppati grazie a recenti indagini archeologiche

di Luigi e Luca Cavalli Sforza (la Repubblica, o4.03.09)

La parola "cultura" ha significati molteplici e differenti. Fino a poco tempo fa, soprattutto in Italia, indicava una preparazione intellettuale abbastanza raffinata, quale si riflette anche nell’espressione "farsi una cultura". I dizionari hanno però cominciato da qualche tempo ad accorgersi, in Italia come all’estero, di un significato e di una portata assai più generali del termine, ovvero: l’insieme di quanto viene appreso da un individuo nel corso della vita, dal comportamento quotidiano alle conoscenze di qualunque natura, inclusi quegli elementi - come i pregiudizi e le credenze - che precedentemente non venivano compresi nel significato del termine ma, anzi, ne delimitavano la portata dall’esterno. Si tratta di una definizione ancor più generale di quella usata inizialmente dai primi antropologi culturali americani a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, e sembra rispondere a una concezione molto sentita.

Così concepito il concetto di "cultura" può in qualche modo considerarsi alternativo a quello di "natura", purché adottato in senso stretto, cioè riferito a quanto vi è di innato in noi o, più specificamente, di ereditato attraverso la biologia. In questo senso la "cultura" diventa, per opposizione, tutto quanto è appreso durante lo sviluppo. Ritorneremo su questa distinzione più volte, per la sua importanza e per le forti implicazioni sociali. In queste pagine introduttive vale però la pena di aggiungere che negli ultimi cinquant’anni sono state scoperte molte regolarità - si potrebbe quasi dire "leggi" - e proprietà della cultura intesa in questo senso generale di dominio dell’acquisito.

Questi risultati non hanno ancora avuto il tempo di uscire dall’ambito dei saggi specialistici, ma conquisteranno presto un interesse generale per la loro rilevanza. Gli studi della preistoria umana hanno avuto uno sviluppo straordinario grazie a recentissime indagini archeologiche, genetiche, linguistiche, demografiche e, soprattutto, grazie a un approccio multidisciplinare che ha operato una sintesi fra esse, superando per la prima volta i confini angusti di ciascuna di queste scienze. Si è così dimostrata la possibilità e l’utilità di vedere la specie umana in una prospettiva nuova e più completa. Le regolarità dell’evoluzione della cultura sono state individuate con maggiore incisività quando il metodo multidisciplinare e sperimentale è stato valorizzato negli studi storici. L’approccio che utilizza i metodi della scienza sperimentale, in questo contesto, è stato un elemento insieme di novità e di conferma: tale scienza infatti deve la sua grande forza alla capacità di controllare e di verificare i propri risultati attraverso la "ripetizione" degli esperimenti. La conferma dei risultati ottenuti attraverso quel metodo garantisce una sicurezza che altre attività umane non raggiungono facilmente se non attraverso l’universalità del consenso, che è raggiunto di rado e può essere di breve durata.

La scienza basa la sua forza sulla possibilità di essere continuamente sottoposta a revisione e confermata o smentita. Essa rappresenta quindi un approccio alla conoscenza che trae enorme forza dal fatto di essere una continua approssimazione, sempre più profonda e sempre più affidabile, comunque sempre più vicina alla realtà sfuggevole dell’universo che ci circonda. Di fronte alla solidità della scienza sperimentale, le scienze storiche - tese alla ricostruzione del passato e all’individuazione delle cause del presente - mancano della possibilità oggettiva di un’identica libertà di controllo dei risultati attraverso la ripetizione e il raffinamento degli esperimenti.

L’approccio multidisciplinare è utile alla scienza sperimentale perché aiuta a superare gli steccati fra le discipline specialistiche, che aumentano velocemente di numero e parlano linguaggi sempre più tecnici, ma ha un’utilità ancora maggiore nelle scienze storiche, perché sopperisce in parte alla loro impossibilità oggettiva di ripetere il processo storico per verificare le proprie ipotesi. Analizzando lo stesso processo storico dal punto di vista di discipline diverse si riesce spesso a riempire lacune e a dimostrare nessi di causa-effetto che un approccio normale, tipico di una singola disciplina specialistica, non avrebbe individuato se non in via del tutto ipotetica.

Abbiamo sentito la necessità di spiegare questi sviluppi recenti e ancora poco noti. (...) In un’opera dal titolo la Cultura Italiana [Utet] abbiamo scelto di adottare il significato più ampio della parola "cultura" fra i due delineati all’inizio.

L’aggettivo "italiana" può far nascere un dubbio legittimo, che vale la pena discutere subito: ovvero se davvero esistano "culture nazionali". La risposta più semplice è che senza dubbio esistono culture "locali", e la nazione è certamente identificabile con una delle aree, o insiemi di persone, più significative. Certo, anche in Italia vi sono culture sub-nazionali spiccate, talvolta anche più pronunciate delle subculture britanniche: le regioni italiane sono una suddivisione sì geografica, ma anche e soprattutto culturale. Chi conosce bene la propria regione saprà distinguere al suo interno le molte subculture che vi albergano.

L’identità personale, poi, è probabilmente riconducibile a radici connesse con porzioni di territorio più ristrette, come la provincia, la città o aree rurali particolari. Infine vi sono importanti differenze individuali che dipendono dalla storia peculiare della propria vita. Il nostro scopo non è quello di classificare le culture locali o nazionali, di definirne il numero o così via. Ogni carattere o gruppo di caratteri culturali potrebbe portarci a creare una classificazione particolare, anche se alcune diversità stanno rapidamente sparendo. Per esempio, fino a pochi anni fa era possibile delineare diverse aree culturali sul territorio italiano osservando le tecniche di preparazione, di coltivazione e di raccolta delle messi, e le aree così individuate avevano probabilmente in comune anche molti altri caratteri culturali.

L’introduzione recente di nuove tecniche agricole di tipo industriale ha quasi completamente cancellato queste differenze, che erano parte del paesaggio, a vantaggio di una globalizzazione che sta rapidamente omogeneizzando buona parte del mondo, provocando la perdita irreversibile di numerose culture locali. Tali perdite sono spesso così gravi da rendere impossibile ricostruire successivamente le ragioni di costumi, di abitudini, di antiche saggezze che hanno reso la vita ricca e piacevole. Allo stesso modo scompaiono modi di dire e comportamenti la cui origine o motivazione può essere difficile da interpretare. Tutto ciò impone la necessità di uno sforzo di conservazione culturale importante, attraverso archivi approfonditi e studi adeguati. La conservazione delle memorie merita di ricevere un’attenzione maggiore di quanta le viene dedicata, e forse dovremmo imparare queste virtù dagli inglesi che ne sono i maestri.


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