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EQUIVOCATO O EQUIVOCO? BENEDETTO XVI O BERLUSCONI, NESSUNO COMPRERA’ LE NOSTRE PAROLE . Note di Maria Novella Oppo

sabato 5 settembre 2009
Fronte del video
Papa equivocato o equivoco?
di Maria Novella Oppo (l’Unità, 13.03.2009)
Forse noi atei non devoti eravamo rimasti gli ultimi a credere, anzi a non credere, nel dogma della infallibilità pontificia. Fatto sta che è stato abbastanza scioccante sentire nei tg stralci del documento (...)

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> EQUIVOCATO O EQUIVOCO? BENEDETTO XVI COME BERLUSCONI. ---- NESSUNO COMPRERA’ LE NOSTRE PAROLE (di Maria Novella Oppo).

venerdì 4 settembre 2009


-  Nessuno comprerà le nostre parole

-  di Maria Novella Oppo *

Mi sto montando la testa. A parte il merito e il demerito delle accuse che Silvio Berlusconi rivolge a me e alle altre compagne dell’Unità tramite il suo avvocato Fabio Lepri (notevole scrittore porno), non posso fare a meno di sorprendermi per il valore che il capo del governo attribuisce alle mie modestissime parole. Nell’atto di citazione, in particolare, è riportato un brevissimo brano di mio pugno, praticamente questo: «Qualcuno poteva pensare che il governo cercasse almeno di nascondere lo scandaloso conflitto di interessi del boss. Invece no, Berlusconi spinge la Rai contro Murdoch, perché si rompa le corna. Due nemici colpiti al costo di uno. Costo che naturalmente è pagato dagli italiani».

Ora, per queste scarse (da ogni punto di vista) paroline, l’uomo più ricco d’Italia pretenderebbe da me ben 200.000 euro, praticamente 5000 euro a parola. Tralasciando il costo delle sillabe perché la matematica non è il mio forte. Francamente, se le parole sono pietre, d’ora in avanti mi vanterò che le mie sono pietre preziose. E ringrazio Berlusconi per avermelo fatto scoprire. Anche se, questa valutazione monetaria delle singole sillabe lui deve averla praticata fin da piccolo, quando vendeva i compiti ai compagni di scuola. Ma io, essendomi sempre limitata a credere che le parole valgono per la verità che possono contenere, scopro adesso di essere miliardaria di parole e di verità. Senza che lui possa farci niente, visto che neppure uno dei suoi miliardi può comprare una delle mie parole.

E così, per la prima volta nella vita, mi sento talmente più ricca di lui, che mi suscita perfino una certa pena. Poveretto. Costretto a pagare ogni sillaba dei suoi portavoce, portaborse e porta a casa Lassie, crede di valutare allo stesso modo tutto. Si sbaglia di grosso: sappia che le mie, le nostre parole costano care e lui non se le può permettere. E anche ammesso che ci sia un giudice disposto a dargli ragione, non avrà mai i miei soldi. Intanto perché non ce li ho. E poi perché sarei disposta a versare una lira nelle sue mani solo se fosse l’uomo più povero d’Italia e me la chiedesse in elemosina all’angolo della strada.

* l’Unità, 04 settembre 2009


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