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SOGNO E PENSIERO. SOGNO, DUNQUE SONO CREATIVO

mercoledì 10 giugno 2009
Ansa» 2009-06-08 22:59
DOPO UN SOGNO CI SVEGLIAMO PIU’ CREATIVI
ROMA - I sogni sono un propulsore della creatività, del pensiero creativo che porta alla soluzione ai problemi, infatti è durante la fase REM del sonno, quella in cui si sogna appunto, che il nostro cervello massimizza le sue (...)

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> SOGNO E PENSIERO. SOGNO, DUNQUE SONO CREATIVO ---- Cartesio: «Il dubbio conduce alla verità». l discorso sul metodo come un autoritratto che spiega chi siamo (di Nuccio Ordine).

mercoledì 19 gennaio 2011

Il discorso sul metodo come un autoritratto che spiega chi siamo

Cartesio: «Il dubbio conduce alla verità»

di Nuccio Ordine (Corriere della Sera, 19.01.2011)

«Sarò ben lieto di illustrare in questo discorso quali sono le strade che ho seguito e di rappresentarvi la mia vita come in un quadro» : René Descartes, in latino Cartesius, esordisce nelle vesti di pittore nella sua prima opera, pubblicata nel 1637, che passerà alla storia come uno dei testi fondamentali della filosofia moderna. Ne Il discorso del metodo (o sul metodo seguendo la traduzione più diffusa) i fondamenti dei suoi principi filosofici, che hanno condizionato il dibattito filosofico scientifico per oltre due secoli, vengono dipinti come un autoritratto.

In queste splendide pagine, racconto della vita e racconto della ricerca filosofica si fondono a un punto tale da essere entrambi necessari per spiegare l’avventura della conoscenza. E per raggiungere un pubblico più vasto, non solo degli addetti ai lavori, l’autore sceglie di esprimersi non in latino ma in volgare, scrivendo, secondo De Gourmont, uno dei capolavori della lingua francese.

Cartesio parte dalla sua esperienza di giovane studente per prendere coscienza del fatto che, dopo molti anni di studio, «mi trovai gravato da tanti dubbi ed errori che mi sembrava di non aver tratto altro beneficio, cercando di istruirmi, se non la consapevolezza sempre più chiara della mia ignoranza» . Così decide di intraprendere una serie di viaggi alla ricerca di un sapere «che avrei potuto trovare in me stesso o nel gran libro del mondo» .

E, nel prendere atto della varietà delle usanze e della diversità delle opinioni, «nutrivo sempre un estremo desiderio di imparare a distinguere il vero dal falso per vedere chiaro nelle mie azioni e camminare con sicurezza in questa vita».

Cartesio, insomma, è convinto che solo l’esercizio del dubbio può condurre alla verità. Di un dubbio radicale che deve investire ogni tipo di conoscenza. Bisogna smontare mattone per mattone la casa del sapere, rifiutando qualsiasi autorità e passando al vaglio tutte le conoscenze ereditate. Ma smontare la casa - le metafore architettoniche ricorrono spesso nel Discorso - non significa lasciare il vuoto al suo posto.

Al contrario: il «dubbio metodico» è il mezzo di cui ci si serve per ricostruire un’altra casa più solida, le cui fondamenta sono costituite da un’affermazione che non dà adito a nessun tipo di dubbio: «Penso, dunque sono» . Perché proprio nell’atto di pensare che ogni cosa è falsa non posso negare di essere qualcosa: «Per pensare è necessario esistere» . Ma c’è di più: il dubitare ci fa capire che noi siamo comunque esseri imperfetti e che la nostra idea di perfezione non potendo appartenerci è stata immessa in noi dall’esterno, da un essere perfetto, da Dio (su questo tema però non sono mancate le critiche: si dimostra l’esistenza di Dio attraverso idee chiare e poi si chiama Dio come garante di queste stesse idee).

La complicata ricerca della verità presuppone quindi un metodo che si fonda esclusivamente sull’uso della ragione. E di questo metodo esistono le prime quattro regole importanti: l’evidenza («non accettare mai per vera nessuna cosa che io non accettassi per evidenza» ), l’analisi («dividere ciascuna delle difficoltà che avrei esaminato... per risolverle meglio» ), la sintesi (iniziare «dagli oggetti più semplici e più facili da conoscere» fino a risalire «alla conoscenza dei più complessi» ) e l’enumerazione (ripercorrere le verità conosciute per ricostruire la catena dei collegamenti).

Ma in questa opera Cartesio non vuole essere prescrittivo: «Il mio progetto non è quello di insegnare in questa sede il metodo che ciascuno deve seguire per guidare rettamente la propria ragione, ma solo di far vedere in quale modo ho guidato la mia» . Ecco perché la sua esperienza filosofica non si traduce in un trattato, ma in un discorso, in un racconto, in una «favola». Perché i viaggi, le riflessioni solitarie, i dialoghi con i classici del passato servono soprattutto a capire noi stessi e il mondo che ci circonda. Non si studia per avere «onore o guadagno» , ma per arricchirsi di sapere. Pensieri edificanti, lontani ormai anni luce dalla rozza mentalità di chi oggi predica che la «cultura non si mangia» e che «le quattro pietre di Pompei» non meritano nessuna attenzione.


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