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La "Caritas in Veritate" presentata senza grazia ("charis") e senza acca ("h"), il 7 luglio 2009 (avanti Cristo).

martedì 7 luglio 2009
"Caritas in Veritate", Introduzione - pf. 2:
[...] Per la Chiesa - ammaestrata
dal Vangelo - la carita` e` tutto perche’, come
insegna san Giovanni (cfr 1 Gv 4, 8.16) e come ho
ricordato nella mia prima Lettera enciclica, «Dio e` carita`» (Deus caritas est): dalla carita` di Dio tutto (...)

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> La "Caritas in Veritate" presentata senza grazia ("charis") e senza acca ("h") ---- Al prossimo G20 inviterei il Papa a esporre i problemi dell’economia mondiale, è l’unico che sembra averli capiti (di Loretta Napoleoni).

mercoledì 28 ottobre 2009


-  AMORE ("DEUS CHARITAS EST" :1 Gv., 4. 1-8) O MAMMONA ("DEUS CARITAS EST": BENEDETTO XVI, 2006)?!!
-  CRISI DEI MUTUI?! IN "GOLD" WE TRUST!!! LA CASA DEL VATICANO E’ COSTRUITA SU UNA "ROCCIA D’ORO"!!! Tablet rivela: nel 2007 parte delle azioni trasformate in oro e obbligazioni

-  CRITICA DELL’ ECONOMIA POLITICA E DELLA TEOLOGIA ....
-  IL DOLLARO ("IN GOD WE TRUST") E LA CROCE ("DEUS CARITAS EST"): TUTTO A "CARO-PREZZO" ("CARITAS")! EVADERE DALLE IDEE VECCHIE!!! CON MARX E KEYNES, OLTRE.

-  BENEDETTO XVI, UN PESCATORE PIRATA. La fame di potere di Roma divide la cristianità e nuoce alla sua chiesa. Un "urlo" di Hans Kung


L’economista Napoleoni: il G20 ascolti Ratzinger

Esce a giorni il numero di novembre della rivista «Mondo e missione», diretta da Gerolamo Fazzini, interamente dedicato all’enciclica del Papa. Uno speciale di 100 pagine intitolato «Good economy» da cui qui anticipiamo la riflessione dell’econo­mista Loretta Napoleoni.

DI LORETTA NAPOLEONI (Avvenire, 28.10.2009)

Al G20 tutti avrebbero dovuto leggere l’enci­clica del Papa Caritas in veritate per capire il ruolo dell’economia nella società civile. Lo stesso che aveva prima della globalizzazione, lo stesso che ha sempre avuto e cioè di essere al ser­vizio della comunità e non del singolo individuo.

Il Papa ci ricorda la bellezza e l’importanza del do­no, è questo un linguaggio religioso che potrebbe suonare stonato a Piazza Affari, ma dietro i princi­pi etici del cattolicesimo e di tutte le religioni ritro­viamo i cardini della vita in società. Il dono si rife­risce alla redistribuzione del reddito, un valore che in finanza è scomparso con l’avvento delle politi­che fiscali neo-liberiste, politiche che hanno ridot­to l’imposizione fiscale alle fasce più ricche della popolazione. Lo scopo era naturalmente quello di incoraggiarle a spendere e così facendo di sostene­re la crescita economica. Ma la crisi del credito e la recessione hanno dimostrato che nessuno, nep­pure la mano magica del mercato descritta da Adam Smith, si può sostituire allo Stato: solo lo Stato, quale espressione della comunità, può vigilare che la filosofia del dono guidi l’attività economi­ca.

Il Papa ci ricorda che aiutarci a vicenda è be­nefico per tutti, per la società, per i poveri ed anche per i ricchi. Un mondo dove non ci so­no povertà, ingiustizia e discriminazione economica è un mondo felice. Ce lo siamo dimenticato negli ultimi anni perché in preda alla deregulation finanziaria abbiamo perse­guito soltanto i nostri interessi personali. Non è ve­ro che l’egoismo è la molla che fa crescere il mer­cato. Non era vero neppure ai tempi di Adam Smith. Se osserviamo la società che il padre dell’economia moderna studiava, ci rendiamo conto che non era equa. La ricchezza delle nazioni non può essere mi­surata con un numero, il Pil, e basta: bisogna an­che tener presente come questa ricchezza è distri­buita, quali opportunità crea per i meno fortunati. Se gettiamo uno sguardo oltre i nostri confini, alla periferia del villaggio globalizzato, ci accorgiamo che i sistemi economici che hanno sofferto meno a causa della crisi del credito sono proprio quelli do­ve il fulcro dell’economia era rappresentato dalla co­munità e non dall’individuo: la finanza islamica e l’economia cinese. La prima ha schivato la crisi gra­zie al codice etico incorporato nella sua struttura fi­nanziaria, un codice che s’ispira alla legge corani­ca, alla sharìa; la seconda ha tenuto a debita di­stanza l’alta finanza grazie ai principi economici del socialismo.

L’esperienza islamica e quella cinese provano che è possibile produrre un modello diverso da quello celebrato a Wall Street, che il mercato deve essere funzionale alla crescita economica equa e non può essere lasciato a se stesso. Lo scopo dell’economia non deve essere il profitto e basta, bensì l’uso del­la ricchezza per migliorare la società. Eppure que­ste verità sembrano non essere state raccolte dai potenti della terra, i quali - dopo essersi congratu­lati tra di loro per aver evitato una seconda grande depressione - non hanno fatto nulla per riformare il sistema economico e finanziario globale.

Le parole del Papa vanno dritte al nocciolo del pro­blema: il sistema così com’è strutturato ha perso di vista la ragione per la quale esiste, ossia la comu­nità. Ecco perché le crisi economiche saranno sem­pre più frequenti e più serie. Quando lo Stato non è in grado di reagire, è giusto ascoltare le parole di chi protegge la nostra spiritualità. Al prossimo G20 inviterei il Papa a esporre i problemi dell’economia mondiale, è l’unico che sembra averli capiti.


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