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VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. Benedetto XVI, il papa teologo, ha gettato via la "pietra" su cui posava l’intera Costruzione ... e anche la maschera!

giovedì 18 ottobre 2018
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AL DI LA’ DELLA LEZIONE DI PAOLO DI TARSO: "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio (...)

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> VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. --- A SAN PIETRO, LA CHIESA CANONIZZA DUE PAPI. ANZI, TRE

lunedì 21 aprile 2014

A SAN PIETRO, LA CHIESA CANONIZZA DUE PAPI. ANZI, TRE *

35803 ROMA-ADISTA. Lo avevamo già scritto ai tempi della beatificazione di Wojtyla (v. Adista notizie n. 5/2011): attraverso la canonizzazione di un papa la Chiesa - papa regnante in testa - celebra se stessa, per rafforzare il potere dell’istituzione e riaffermare la centralità di Roma e della sua Curia. In questo caso di papi ne abbiamo addirittura due: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, che diventeranno santi il prossimo 27 aprile. E se Wojtyla beato servì tre anni fa all’establishment vaticano per esorcizzare una crisi i cui effetti di lì a poco si sarebbero rivelati devastanti, la canonizzazione che sta per avvenire sarà piuttosto funzionale alla definitiva apoteosi di papa Francesco.

Bergoglio, infatti, con i suoi due predecessori condivide molto. Wojtyla (che nel 1992 lo fece diventare vescovo e poi, nel 2001 lo elevò alla dignità cardinalizia: un evidente conflitto di interessi, come era stato per Benedetto XVI) aveva quel formidabile appeal mediatico che Francesco ha “rivisitato” in una versione più latinoamericana; Giovanni XXIII è per tutti il papa del Concilio Vaticano II, di quel processo di riforma, insomma, che ha fatto entrare la Chiesa dentro la modernità.

Bergoglio, dopo i difficili anni del pontificato di Ratzinger, scanditi per la Chiesa gerarchica da una incredibile serie di scandali, dalla perdita di credibilità, da uno scarso feeling con il mondo secolarizzato e con l’opinione pubblica laica, vorrebbe sintetizzare nel suo pontificato la forza evocatrice di entrambi: caratterizzarsi cioè come papa capace di parlare alle masse, di attrarre fedeli e suscitare ammirazione anche da parte dei non credenti; e proporsi inoltre come il papa in grado di attuare quelle riforme che in tanti, dentro e fuori la Chiesa, ritengono siano ormai improrogabili.

E siccome oggi le immagini e le parole contano assai di più che i fatti e le azioni, sull’appuntamento del 27 aprile la Chiesa sta investendo moltissimo. Per preparare adeguatamente l’opinione pubblica, iniziative ed eventi si sono moltiplicati. E che l’appuntamento del 27 aprile (cui si potrà assistere anche attraverso 7 maxischermi predisposti nel centro di Roma e che sarà trasmesso eccezionalmente anche in 3D) più che l’apoteosi di due importanti papi del ‘900 costituirà soprattutto la definitiva consacrazione dell’attuale pontefice lo dimostra anche il fatto che, la sera delle canonizzazioni, al Piper Club, ci sarà il tributo del mondo dello spettacolo a Bergoglio.
-  L’evento, intitolato “Francisco Ensemble”, aperto e gratuito a tutti, sarà trasmesso in diretta in mondovisione su radio, tv, web e telefonini, e sarà condotto da Flavia Vento, Maximo de Marco e David Sef. Tra gli ospiti della musica, del cinema e della tv che hanno già aderito, Elhaida Dani vincitrice di “The Voice”, Luca Napolitano di “Amici”.

All’auditorium Conciliazione di Roma, dal 21 al 24 aprile, va invece in scena, con ingresso libero fino a esaurimento posti, il musical “Non abbiate paura”. Patrocinato dal Pontificio Consiglio della Cultura presieduto dal card. Gianfranco Ravasi, il musical (promosso a tamburo battente sui media ed attraverso maxiposter e cartelloni pubblicitari) è - sottolineano gli organizzatori - «l’unica opera teatrale riconosciuta dalla Chiesa come valida a comunicare la figura di Papa Wojtyla». Previsti numerosi speciali televisivi e fiction, che andranno in onda alla vigilia del 27 aprile. Si tratta di eventi dal forte impatto sull’opinione pubblica. Ma anche dai notevoli costi.

E Roma paga

Già, i costi. A sostenerli, come già avvenuto per la kermesse culminata nella beatificazione di Wojtyla, sarà in gran parte l’amministrazione capitolina. Il Piano speciale di servizi e interventi, predisposti da Roma Capitale insieme ad Ama, Agenzia per la mobilità, Protezione civile di Roma Capitale, Ares 118, Unitalsi, polizia locale di Roma Capitale, Zetema, prevede, a partire dal 18 aprile, il dispiegamento in campo di forze e risorse che sarà “modulato” in base alle necessità effettive che si verificheranno, tranne alcuni costi incomprimibili come la sicurezza (solo per la polizia di Stato, sono state calcolate circa 12mila ore di straordinario, cui vanno aggiunti carabinieri e polizia locale, la cui previsione di impegno è di oltre 4mila unità per i soli giorni 26 e 27 aprile). «Pensiamo - ha detto il sindaco di Roma Ignazio Marino - che i costi che dovremo sostenere siano di oltre 5 milioni».

Se alla canonizzazione si aggiungono poi l’insieme della celebrazioni pasquali e la ricorrenza laica del primo maggio si arriva, sono sempre numeri del primo cittadino, a 7 milioni ed 800mila euro. Spese che Marino vorrebbe fossero in parte condivise dal governo nazionale, che si prepara comunque a staccare per la città di Roma un pesante “assegno”, se il decreto “salva-Roma” (quello che contiene anche le norma sulla Tasi, v. Adista Notizie n. 12/2014) verrà definitivamente licenziato dal Parlamento.

Santo subito. Ma i dubbi restano

Soprattutto su Wojtyla santo, i dubbi nel mondo cattolico si sono in questi anni moltiplicati. Il giorno dei funerali, una regia accorta (dietro la quale, si disse all’epoca, c’era il Movimento dei Focolari) riempì piazza s. Pietro di cori che scandivano “Santo subito” e striscioni che riportavano le stesse parole (accuratamente stampati e certo non improvvisati). Da allora il processo canonico ha bruciato ogni tappa.

Nonostante la controversa amicizia di Wojtyla con Wanda Poltawska (che ne aveva brevemente frenato, a marzo 2009, la corsa verso gli altari: v. Adista n. 64/09); nonostante un pontificato controverso sia per gli aspetti teologico-pastorali che per quelli politico-economici (su tutto questo Adista ha pubblicato nel 2005 il dossier, Santo? Dubito!, ancora disponibile in formato e-book all’indirizzo http://www.terrelibere.org/libreria/santo-dubito); nonostante 13 teologi ed esponenti della Chiesa di base avessero sottoscritto, sin dal 2005, un manifesto intitolato “Appello alla chiarezza”, in cui si rimarcavano gli aspetti più controversi del pontificato wojtyliano e si invitava chi ne avesse avuto diretta conoscenza a fornire la propria testimonianza contraria alla Congregazione per le cause dei santi; e nonostante tra le testimonianze ascoltate dal dicastero vaticano (114 persone: 35 cardinali, 20 arcivescovi e vescovi, 11 sacerdoti, 5 religiosi, 3 suore, 36 laici cattolici, 3 non cattolici e un ebreo) non ci fosse unanimità.

Il consenso era ampio, ma non mancarono voci dissonanti. Anzitutto quella chiara, articolata e documentata di Giovanni Franzoni che è stato convocato a portare la sua testimonianza nella causa di beatificazione agli inizi del 2007 e ha rilasciato la sua deposizione giurata il 7 marzo dello stesso anno.
-  Poi le riserve espresse anche dal card. Angelo Sodano, che inizialmente preferì (come anche il card. Leonardo Sandri) non essere sentito dalla Congregazione per le Cause dei santi, ma che nel giugno 2008 in una lettera riservata, poi resa pubblica dalla stampa, espresse dubbi sull’opportunità di dare la precedenza a Wojtyla, rispetto, ad esempio, a Pio XII e Paolo VI.

Dubbi sui tempi e sui modi di svolgimento del processo giunsero anche dal card. Godfried Danneels, ex arcivescovo di Malines-Bruxelles e primate del Belgio. E recentemente si è scoperto anche dal card. Carlo Maria Martini, ex arcivescovo di Milano deceduto nel 2012.
-  Lo ha rivelato lo storico della Chiesa Andrea Riccardi, in un suo libro appena pubblicato dalla San Paolo (pp. 112, euro 15), La santità di Papa Wojtyla. In esso, Riccardi svela alcuni passaggi del contenuto della «deposizione» che il cardinale Carlo Maria Martini rese al processo per la canonizzazione di Giovanni Paolo II.

In quella occasione Martini, pur dando di Giovanni Paolo II un giudizio complessivamente positivo, avrebbe criticato Wojtyla sotto diversi aspetti: per le non sempre “felici” nomine e la scelta dei collaboratori, «soprattutto negli ultimi tempi»; per l’eccessivo appoggio ai movimenti; per l’imprudenza di porsi «al centro dell’attenzione - specie nei viaggi - con il risultato che la gente lo percepiva un po’ come il vescovo del mondo e ne usciva oscurato il ruolo della Chiesa locale e del vescovo»; per non essersi ritirato prima che le condizioni di salute gli impedissero, di fatto, di esercitare il suo ministero: «Non saprei dire - ha affermato Martini nella sua deposizione - se abbia perseverato in questo compito anche più del dovuto, tenuto conto della sua salute. Personalmente riterrei che aveva motivi per ritirarsi un po’ prima». Insomma, per Martini Giovanni Paolo II era un uomo di Dio. Ma da qui a farlo santo, per l’allora cardinale di Milano, ce ne correva. (valerio gigante)

* Adista Notizie n. 16 del 26/04/2014


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