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VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. Benedetto XVI, il papa teologo, ha gettato via la "pietra" su cui posava l’intera Costruzione ... e anche la maschera!

giovedì 18 ottobre 2018
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AL DI LA’ DELLA LEZIONE DI PAOLO DI TARSO: "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio (...)

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> VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. - LETARGO MORALE NELLA CHIESA (di Franz-Xaver Kaufmann - Frankfurter Allgemeine Zeitung)

mercoledì 28 aprile 2010


-  Letargo morale nella Chiesa

-  di Franz-Xaver Kaufmann

-  in “Frankfurter Allgemeine Zeitung” del 26 aprile 2010
-  (traduzione: www.finesettimana.org)

La crisi di fiducia causata dagli abusi sui bambini avvenuti nella sue fila colpisce la Chiesa cattolica in quanto istituzione sociale. La sua incapacità a riconoscere le proprie strutture patogene e le conseguenze degli abusi da parte di membri del clero si basa su di un’organizzazione che continua ad essere cortigiana ed una comprensione di sé che non ha superato lo spirito dell’assolutismo.

La nostra conoscenza della storia del cristianesimo è segnata dalla Chiesa cattolica romana. Come nessun’altra Chiesa cristiana, essa sostiene pubblicamente e teologicamente di essere la vera Chiesa di Gesù Cristo che risale fino agli inizi apostolici. In realtà i risultati di recenti ricerche affermano che la tradizione che Pietro sia stato a Roma e vi sia morto da martire si sia formata solo a partire dalla metà del secondo secolo, ed anche altre tradizioni e i diritti della Chiesa romana che ne sono fatti derivare si basano spesso su incerti presupposti. Ma questo non ha finora provocato alcuna forte e durevole incrinatura della sua stabilità e autorità.

Dal punto di vista storico le religioni legate alla trascendenza appartengono ai fenomeni sociali più duraturi. Sono sopravvissute ai destini economici e politici di interi popoli ed anche a profonde crisi del loro clero e della loro forma. È da questo rapporto con la trascendenza interpretato in modi diversi che traggono la loro forza. Le tradizioni cristiane parlano qui di fede, di una fede che secondo le parole tramandate di Gesù può spostare le montagne. Tale fede non viene delegittimata - è quello che accade sempre nella tradizione cattolico-romana - neanche da gravissime colpe morali del personale della Chiesa.

Che però dei criminali nei confronti di bambini, per i quali già Gesù aveva auspicato una macina al collo, siano stati fino a tempi recentissimi scientemente coperti dalle autorità ecclesiastiche e protetti dall’essere perseguiti dalla legge dello Stato, rimane un fenomeno sconcertante che deve essere spiegato.

In ogni tentativo di spiegazione bisogna distinguere influenze interne ed esterne alla Chiesa. Per cominciare con le seconde, bisogna ricordare che solo in tempi molto recenti i diritti dei bambini sono diventati uno dei grandi problemi morali della società. Questo deriva dalla dottrina politica dei diritti umani generali, quelli che spettano ugualmente ad ogni persona. Tale dottrina, che ha svariate radici risalenti molto indietro nella storia europea, ha acquisito forza sociale e politica solo nella seconda metà del 20° secolo.

Determinante fu l’approvazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da parte delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Ma ricordiamo che tale atto non fu assolutamente salutato come un avvenimento storico. Si trattava piuttosto solo di una delle tante dichiarazioni dell’Assemblea generale dell’ONU. In una storia delle Nazioni Unite pubblicata nel 1982 non viene neppure nominata. La promozione dei diritti umani come base del diritto, sia come concezione morale che concezione di diritto internazionale, è solo uno sviluppo della storia più recente.

Il riconoscimento (che rimuoveva il discorso del diritto naturale) della dottrina dei diritti umani presente nei documenti del Concilio Vaticano II (1962-1965) le diede un efficace impulso. Ma ci volle ancora molto tempo prima che i diritti dei bambini fossero formulati e riconosciuti. Solo nel 1959 l’assemblea generale dell’Onu approvò una “Dichiarazione dei diritti dei bambini”. Seguì nel 1989 una vincolante convenzione dei diritti dei bambini, che è stata nel frattempo ratificata da 193 stati, comunque dalla Repubblica federale tedesca con delle riserve di diritto straniero.

Solo negli ultimi decenni sono aumentate in Germania le iniziative per il riconoscimento e l’attuazione dei diritti dei bambini. La sensibilità dell’opinione pubblica per le lesioni di tali diritti è ormai fortemente cresciuta. Questo potrebbe essere un motivo determinante per le attuali reazioni pubbliche ai casi rivelati di abusi e maltrattamenti su bambini. Tale comportamento contrasta con grande evidenza con la scarsa risonanza di simili casi nel passato, che si può ben qualificare di letargo morale.

Anche per la Chiesa cattolica non si può escludere un simile letargo morale, perché la coscienza all’interno della Chiesa si forma in uno scambio sotterraneo con i valori della società. Ma ci sono anche circostanze più specifiche alla base di tali silenzi e coperture. Ad esempio nella Chiesa cattolica la morale coniugale ha sempre occupato un posto più importante all’interno della morale familiare rispetto alla morale dei genitori, che invece ha svolto un ruolo maggiore nel protestantesimo.

Nel 19° secolo nei Länder cattolici c’erano molti brefotrofi ai quali venivano affidati assolutamente solo bambini illegittimi. Le norme di una genitorialità responsabile sono nate nel 20° secolo in ambito evangelico, mentre la Chiesa cattolica ha sempre condotto una inutile battaglia contro tutti i metodi contraccettivi considerati artificiali.

È vero che anche in ambito cattolico abusi su bambini, punizioni e maltrattamenti corporali vengono considerati peccati gravi. Ma la Chiesa è abituata a peccati gravi tra i suoi membri, proprio per questo c’è l’istituto della confessione. Il patos con cui oggi si reagisce ai crimini su bambini è estraneo alla Chiesa.

Un forte motivo di silenzio da parte delle autorità ecclesiastiche su comportamenti delittuosi di loro membri, e in particolare del loro clero, di cui erano venuti a conoscenza, potrebbe derivare da una specie di effetto a distanza del segreto della confessione: le fonti di segnalazioni ecclesiastiche ad uffici statali non sarebbero di norma rimaste nel buio, cosicché non si sarebbero potute escludere ammissioni provenienti da conversazioni in confessione. Quindi la fiducia nel segreto della confessione avrebbe potuto essere scossa.

Ma dal punto di vista della mentalità le ripercussioni delle secolari tensioni tra Chiesa e Stato devono essere state più forti: anche dopo la perdita dei diritti del potere temporale, la Chiesa ha sempre mantenuto dei privilegi per il suo clero, che voleva poter sottoporre solo alla propria giurisdizione. Con un esame più attento si sarebbero probabilmente potute scoprire anche più gravi infrazioni, non relative a bambini, di membri del clero contro leggi dello Stato, ma che comunque non sono state denunciate. Ciò non deriva probabilmente solo dalla conosciuta “difesa della casta”, ma dalla coscienza di sé di una Chiesa che per molto tempo si è definita con il concetto di “societas perfecta” come un “dirimpettaio” dello Stato e che quindi non si pone sotto lo Stato.

È vero che questa posizione è stata implicitamente superata dalle dichiarazioni del Vaticano II, ma è probabilmente ancora molto viva proprio negli ambienti romani. Tanto più importante è quindi l’ormai esplicita direttiva papale alla Chiesa mondiale, in caso di abusi su bambini, di attenersi senza eccezioni alle prescrizioni del diritto dello Stato.

Infine non sono da sottovalutare le preoccupazioni per la considerazione della “santa Chiesa”. “Evitare scandali” è un antico principio ecclesiastico, che, contrariamente al suo senso originario, vale anche per la difesa dell’immagine della Chiesa. Per questo viene rimosso il fatto che il personale della Chiesa sia composto da autentici peccatori, che sono tali almeno secondo la dottrina della Chiesa sul peccato. In reazione all’attuale discussione sugli abusi, un parroco di Bonn ha fatto una proposta, che merita di essere meditata: appendere a tutte le porte della chiesa un cartello con scritto: “Qui entrano solo peccatori”.

Quando delle supposizioni - come nel caso dell’attuale segretario di Stato cardinal Bertone - o delle affermazioni documentabili sul coinvolgimento di alti dignitari ecclesiastici in gravi casi di abusi vengono smentite o sottaciute, senza che venga espresso alcun rammarico per i fatti realmente accaduti, questo suscita scandalo nella pubblica opinione e dolore tra i cattolici - e non solo per la renitenza di fronte all’accresciuta sensibilità morale per il problema dei diritti dei bambini.

Si tratta di qualcosa di più fondamentale: secondo la natura delle cose, la prova in caso di abusi non è affatto semplice. Anche qui deve valere innanzitutto il principio, in caso di dubbio, dell’innocenza dell’accusato. Ma in ambito ecclesiastico non c’è alcun modo sperimentato di procedere per provare tali accuse e per arrivare in ogni caso ad una decisione finale, cosa che è invece caratteristica del processo penale dello Stato.

A causa della competenza universale dei vescovi tutto sta nelle mani del vescovo o del suo vicario generale. Né a livello della diocesi né a livello dell’intera Chiesa non c’è nessuno cui spetti l’effettivo compito di un chiarimento delle accuse penali, nel senso di svolgere un esame preventivo per la trasmissione del caso alla magistratura dello Stato.

Il fatto che dei cattolici vittime di abusi si rivolgano prima alla loro Chiesa e non direttamente alla magistratura dello Stato rappresenta una prova di fiducia, a cui da parte dell’istituzione ecclesiastica non corrisponde un’istanza istituzionalizzata. Non bastano degli uffici reclami, perché il trattamento dei reclami non è verificabile, rimane a discrezione del vescovo.

Questo relitto dell’assolutismo interno alla Chiesa, in una cultura improntata al diritto statale, solleva anche delle questioni di ordine teologico: come si deve qualificare la peccaminosità che si diffonde in determinate strutture della Chiesa? Ci si potrebbe chiedere: si può mantenere la tradizionale distinzione tra la peccaminosità del personale della Chiesa e la santità dell’istituzione, quando evidentemente sono delle caratteristiche strutturali della Chiesa a indirizzare le mentalità verso un letargo morale o altri deplorevoli difetti?

La dichiarazione di sostegno al papa in occasione della messa di Pasqua, letta dal cardinale Sodano, che per diversi anni è stato segretario di Stato, non solo è ipocrita, perché Sodano stesso è personalmente coinvolto, ma misconosce anche completamente il modo in cui la situazione viene percepita dall’opinione pubblica. In questo modo viene nuovamente confermata la mentalità del silenzio e della copertura o almeno del letargo morale, con cui le autorità vaticane fino a pochi anni fa si sono occupate di casi di religiosi che per il diritto secolare avevano commesso dei reati.

E a favore di chi sarebbe la dichiarazione di sostegno? Certo non a favore del papa, per il quale certi gesti cortigiani dovrebbero risultare piuttosto penosi. Chissà se troverà il coraggio di separarsi da tali discutibili amici? L’attuale débacle mediatica della Chiesa cattolica minaccia di sfociare in una débacle morale. Il problema morale della Chiesa non è né l’abuso sui bambini in quanto tale e neppure le forme di punizione che ci appaiono oggi in parte barbariche e che non sono affatto tipiche della Chiesa. Ma è la sua incapacità a riconoscere le proprie strutture patogene e le conseguenze delle sue coperture clericali. La sua incapacità a mettere in discussione tutto ciò e a trarne delle conseguenze pratiche.

Molte cose dipenderebbero da strutture ecclesiali obsolete e vecchie concezioni che la Chiesa ha di sé, i cui presupposti risalgono all’alto medioevo e che non hanno ancora superato lo spirito dell’assolutismo. La competenza universale del papa e dei vescovi, che nessuno può controllare, ha perso da tempo la sua utilità organizzativa e, con il crescente inserimento in rete della Chiesa mondiale, la mancanza di un ordinato sistema di governo in Vaticano diventa sempre più irritante.

La mancanza di organismi di governo e la rispettiva disciplina diventa tanto più grave quanto più complessi sono i compiti della Chiesa a livello mondiale. La crisi di fiducia verso la Chiesa cattolica non riguarda tanto il suo personale, che probabilmente nella storia non è mai stato più qualificato, né forse più competente in fatto di morale. Riguarda la Chiesa come istituzione sociale, il suo centralismo, la sua monocratica concezione di sé, la mentalità clericale, l’inefficienza della sua organizzazione ancora cortigiana e la mancanza di una certezza del diritto e di un comportamento corretto di fronte a sviluppi conflittuali.

All’origine dell’attuale indignazione per gli abusi su bambini e adolescenti che quasi quotidianamente viene alimentata da nuove rivelazioni c’è stata una lettera coraggiosa dell’attuale rettore del Collegio Canisius di Berlino, padre Klaus Mertes SJ, agli ex allievi del collegio, nella quale si riconoscevano “degli abusi (sessuali) non isolati, ma sistematici e durati anni”, da parte di due confratelli che vi lavoravano come insegnanti, su allievi del collegio. Alcuni giorni dopo, il provinciale della provincia tedesca dei gesuiti, Stefan Dartmann, ha pubblicato una relazione su ulteriori casi di abuso in istituti diretti da gesuiti in Germania e all’estero. In questo modo era stato dato avvio ad un’azione che presto ha obbligato altri istituti cattolici, ma anche laici ed evangelici, ad occuparsi pubblicamente delle pratiche di abusi su bambini, di tipo sessuale od altro.

È stato come se il balzo in avanti dei gesuiti avesse rimosso molteplici ostacoli a riconoscersi in esperienze penali dello stesso tipo e a discuterne. Anche famosi pedagoghi sono stati sospettati di connivenza come le autorità della Chiesa. Gli episodi tedeschi sono stati subito messi in relazione con quelli dell’Irlanda e degli Stati Uniti, però a quel punto si sono focalizzati sulla Chiesa cattolica. Questi attacchi molto ampi e in qualche occasione anche scurrili contro la Chiesa cattolica romana possono diventare salutari?

Chi conosce anche solo un poco la storia della Chiesa cattolica romana sa che la storia del papato e in particolare della sua corte romana è attribuibile alla Chiesa dei peccatori piuttosto che a quella della sua pretesa santità. Lo storico Leopold von Ranke definì nel 19° secolo lo stato del Vaticano come la più arretrata delle comunità politiche. E per molti principati religiosi le cose non andavano meglio. La Chiesa dovrebbe essere riconoscente a Napoleone e a Garibaldi per averla liberata da impegni secolari.

Dopo la perdita del potere temporale la Chiesa ha cercato di intensificare il suo potere morale sulle anime dei credenti, cosa che le è riuscita fintanto che altre prospettive ideologiche sono rimaste al di fuori dell’orizzonte dei fedeli. Contemporaneamente però la Chiesa ha rafforzato la sua autorità morale con un orientamento più fortemente spirituale. Da quando il Concilio Vaticano II ha aperto la Chiesa al mondo, il papa è diventato un’autorità morale a livello mondiale.

Dal punto di vista storico però non sono mai stati i rappresentanti della gerarchia ecclesiastica ad incarnare la forza morale del cristianesimo, ma sono stati prima i martiri e poi gli ordini religiosi. Nonostante tutti i deficit presenti anche qui, essi restavano fedeli al modello di perfezione cristiana in povertà, castità e obbedienza e diventavano così per i laici una concreta e quotidiana esortazione.

La Chiesa cattolica, a partire soprattutto dalla controriforma, era organizzata in una struttura duale di diocesi ed ordini religiosi indipendenti, che ha contribuito in larga misura alla sua vitalità. Invece il Concilio Vaticano II ha trattato gli ordini in modo matrignesco; non per niente è entrato nella storia della Chiesa come “concilio dei vescovi”.

Gli ordini religiosi hanno perso autonomia, e i vescovi si sono sottomessi alle esigenze di perfezione cristiana. Questa è effettivamente una pretesa eccessiva, di cui alla lunga non tutti sono all’altezza; ma su questo vengono valutati in un’epoca in cui si esige corrispondenza tra parole e fatti.

Ora in Germania un ordine religioso si è di nuovo messo in evidenza. I gesuiti sono stati i primi e sono rimasti anche gli unici ad aver reso pubblici di propria iniziativa gli abusi sessuali su bambini nei propri istituti. Non è stato necessario spingerli a farlo. Ciò che hanno messo in moto si spera che sensibilizzi in maniera durevole sia la coscienza pubblica che quella della Chiesa. Gli scandali pubblici - ringraziando i media - hanno il potere di lasciare un’impronta sulla memoria collettiva, se hanno un peso dal punto di vista morale. Si può sperare che il bubbone sia ormai scoppiato, almeno in Germania.

-  L’autore è professore emerito di politica sociale e sociologia all’università di Bielefeld.
-  Originario di Zurigo, ha partecipato alla fondazione dell’università di Bielefeld. Si è occupato, oltre che di storia e teoria della politica sociale, anche di sociologia familiare e religiosa.


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