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ROMA BRUCIA. GRAZIE AL "TIMES" PER L’ALLARME, MA LONDRA NON RIDA (E ABBIA MIGLIOR CURA DI FREUD). L’incendio è generale. Un omaggio alla Sapienza di Oxford

domenica 19 settembre 2010
Materiali per riflettere
un ’libro’ da esplorare e da leggere
(ogni articolo rimanda a molteplici approfondimenti. Buona esplorazione)
a cura di Federico La Sala:
DAL DISAGIO ALLA CRISI DELLA CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO FAMILIARE" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA.
A FREUD (Freiberg, 6 (...)

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> LONDRA, OLIMPIADI 2012. --- LA BRITISH LIBRARY: LA STANZA DEI TESORI. Una passeggiata in paradiso (di Maurizio Crosetti) -

venerdì 3 agosto 2012

London eye

Una passeggiata in paradiso

di Maurizio Crosetti *

Aveva ragione il vecchio Borges: "Ho sempre pensato che il paradiso sia una specie di biblioteca". Forse era passato almeno una volta alla British Library, dove un’ordinatissima coda di persone in fila per uno attende alle dieci di mattina che si spalanchino le porte del paradiso, appunto.

Se amate i libri dovete venirci apposta, trascurate pure tutto il resto che questa città offre, ed è ovviamente moltissimo, anzi di più. Cominciate da quella che chiamano "la stanza dei tesori": nelle vetrine immerse nella quiete di una penombra che s’interrompe solo sugli oggetti in mostra, con luce bianca, per avvolgere il resto, c’è tutto quanto un bibliofilo possa desiderare.

C’è il diario di Jane Austen bambina con la sua scrittura ordinata, accanto al banchetto da lavoro che le regalò il padre: un piano inclinato, foderato di pelle nera, il calamaio, i cassettini e gli occhiali di Jane, minuscoli. Come se la sua vocazione, i suoi desideri, forse il suo stesso talento spinto da papà, o magari solo rispettosamente incoraggiato, fossero tutti presenti e racchiusi in questo scrigno. Ogni pagina del futuro già scritta, solo da raccogliere su un prato, come un fiore.

Oltre i vetri ci sono cimeli inenarrabili (spartiti di Mozart, una Bibbia di Gutenberg, il Roman de la Rose), ma c’è soprattutto un percorso guidato sui sentieri del genio, e del tremendo lavoro che lo accompagna. Una pagina di "Lord Jim" di Conrad racconta come l’autore si arrovellasse su ogni frase, su ogni parola, e il suo tormento è ben chiaro nelle ripetizioni scoperte e smascherate, nelle cancellature, nei segni tirati sopra qualcosa che non gli piaceva dopo che lo aveva scritto.

L’identica sofferenza erompe dal pentagramma di una sonata per violino vergata da Beethoven: il pennino diventa un coltello, una vanga che si abbatte sulle note e le rovescia, le disintegra per ricostruirle nuove e perfette.

Ogni studente dovrebbe essere accompagnato qui: capirebbe, senza tanti discorsi, cos’è scrivere. Altro che "brutta" e "bella": è come se il bellissimo, il sublime di Conrad e Beethoven non potessero nascere altrimenti che passando nel bruttissimo di chi non è mai contento e soffre per creare e le parole e le note non vanno mai bene. Una lezione grandiosa.

Le vetrine sono tutte incastonate nel velluto viola, come gioielli. Una soltanto è rossa, color fuoco acceso, un rosso incendiario: contiene manoscritti dei Beatles. Perché in questo gli inglesi sono formidabili, mettono Ringo Starr e Shakespeare uno vicino all’altro ed è così che dev’essere. Oltre il cristallo, la prima versione di "Yesterday" scritta da Paul McCartney, il titolo bello grande, in stampatello sottolineato. Invece "Michelle" l’avevano scritta su una busta da lettere.

Ci sono cuffie, e bottoni da schiacciare: puoi scegliere una canzone, una sonata oppure una pagina per farti raccontare l’inizio di una storia, come quando eri piccolo. E come allora vorresti non finire mai. Il paradiso dev’essere così, sarebbe bello se fosse così, ci si potrebbe andare subito senza perdere altro tempo. O magari invece ci siamo già, se stiamo leggendo Lord Jim, o Fenoglio, un altro che non è alla British Library ma che pativa ogni pagina come un supplizio, prima di raggiungere il sublime.

Si passeggia tra i disegni di Leonardo e la Magna Carta, nell’oltremondo che è più mondo di quello vero, dietro le porte, nella remotissima strada. E tutti sono gentili, e parlano sussurrando, come se le pagine potessero stropicciarsi solo con la voce. Aveva ragione Borges, ma anche Tolkien nella frase scritta in grande all’ingresso, proprio sulla porta del paradiso. "Non tutti quelli che vagano sono perduti".

* la Repubblica, 02 agosto 2012


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