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UNA QUESTIONE DI ECO. L’orecchio disturbato degli intellettuali italiani

venerdì 21 febbraio 2014
UNA QUESTIONE DI ECO. L’orecchio disturbato degli intellettuali italiani
UNA PAROLA HA DETTO LA COSTITUZIONE ("ITALIA"), GLI INTELLETTUALI DUE NE HANNO UDITE ... E CONTINUANO A GRIDARE "FORZA ITALIA"!!!
Alcuni appunti (per i posteri) *
MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?!
POCO CORAGGIOSI A (...)

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> UNA QUESTIONE DI ECO. --- Sarzana, Festival della Mente 2010. "La creatività sta morendo". L’allarme degli intellettuali

venerdì 3 settembre 2010

IL FESTIVAL DELLA MENTE

-  "La creatività sta morendo"
-  L’allarme degli intellettuali

Da oggi a domenica 5 il Festival della Mente in Liguria. Da Staino a Diamanti, da Bonito Oliva a Ferraris, il mondo della scienza e della letteratura si raduna per parlare delle potenzialità dell’intelletto. E lancia l’allarme contro la mancanza di stimoli e incentivi

di SARA FICOCELLI *

SARZANA (La Spezia) - La mente è l’unico strumento che abbiamo per capire la realtà e gli altri, un’incognita che dà risposte e pone problemi. La mente è (anche) movimento, presente in trasformazione, creatività. Il Festival della Mente 1 di Sarzana, in provincia di La Spezia, alla sua settima edizione, da oggi al 5 settembre ospita i cervelli migliori del Paese e pone a tutti - soprattutto ai visitatori - una domanda: esiste ancora la creatività in Italia? E se sì, come viene manifestata dagli italiani e recepita dalle istituzioni? Repubblica.it lo ha chiesto ad alcuni dei partecipanti, che in tutto quest’anno sono 70. Intervistarli uno ad uno sarebbe stato un problema e così abbiamo scelto un rappresentante per ogni disciplina intellettuale, dalla filosofia alla politica sociale, dal fumetto alle neuroscienze. Il collage finale non dà spazio a equivoci: di creatività l’Italia ne ha da vendere, ma è una risorsa malata, resa ogni giorno più fragile dalla mancanza di stimoli e incentivi istituzionali.

Un patrimonio che rischia di atrofizzarsi per cedere il passo alla voracità di una società che vuole "tutto e subito, organizzata in base a una logica aziendale, secondo quello che io definisco ’peronismo mediatico’ ", spiega Achille Bonito Oliva, docente di Storia dell’arte contemporanea all’università La Sapienza di Roma. "La creatività è qualcosa che va per i fatti propri - continua il curatore della XLV Biennale di Venezia, a Sarzana per parlare del rapporto fra tempo, arte e linguaggio - e che noi dobbiamo incanalare nel modo giusto, con delle regole. Per farlo ci vorrebbe il sostegno delle istituzioni. Un privilegio che noi non abbiamo. L’immaturità e la capacità di improvvisazione, che ci caratterizzano, ci hanno permesso di restare creativi fino a oggi, ma la creatività senza metodo non ha utilità".

Come è vero che la potenza è nulla senza controllo, è anche vero che la creatività è nulla senza un’organizzazione sociale in grado di valorizzarla. Quando ciò non avviene, e quando anzi la nostra vivacità mentale viene strumentalizzata a fini politici, la creatività diventa addirittura negativa. "E’ facile dire che ha costituito una risorsa per un Paese che stenta ad essere tale - dice Ilvo Diamanti, docente di scienza e comunicazione politica all’università di Urbino - Quella che accompagna gli italiani è oggi più che altro una creatività negativa, quella che ti fa ’inventare’ il nemico dove non c’è, che ti fa vedere pericoli e realtà che non esistono". Secondo il sociologo, che a Sarzana parlerà di sicurezza e insicurezza, "la creatività non sempre è buona" e gli italiani sono stati incapaci di adeguarsi alla globalizzazione, trasformando il senso di spiazzamento derivante dal cambiamento in paura.

Questa stessa "fabbrica della paura", secondo Sergio Staino, convince i ventenni di oggi di non essere all’altezza, di non potercela fare ad utilizzare al meglio la propria creatività. "Quando parlo con i giovani - spiega il disegnatore satirico - lo sforzo più grande che faccio è quello di insegnargli a guardarsi intorno. Hanno paura, sono insicuri: qualcuno li ha convinti che, se non ce la fanno, è perché sono stupidi o poco grintosi. Ma naturalmente non è così. Bisognerebbe che le istituzioni lavorassero per infondere loro fiducia, ma finora nessun governo lo ha fatto davvero, nè a destra nè a sinistra. E questi sono danni sociali che l’Italia pagherà per i prossimi decenni". Staino interverrà al Festival della Mente con Altan, con un incontro dal titolo "Uno nasce e poi muore. Il resto sono chiacchiere": "La creatività è fatta di intuizioni minime e di quelle più grandi, che cambiano la Storia del mondo - continua - Topolino è nato nel 1929, in piena crisi economica, e questo perché i momenti di difficoltà sono la fucina dell’innovazione. Ma l’Italia non ha più interesse a investire in questo senso, e si trova tagliata fuori dal progresso".

Del resto però, come diceva Francis Bacon, "La creatività è come l’amore: non puoi farci niente". E da questa consapevolezza nasce la speranza che tutto non si fermi qui, che l’insicurezza e la paura vengano superate dalla potenza creatrice che gli italiani portano comunque dentro di sè. "L’Asia centrale - spiega Ludovica Lumer, studiosa di Neuroestetica dello University College London, che parlerà dell’identità tra arte e scienza - sta usando l’arte per formare la propria identità. L’Italia non lo sta facendo e la colpa non è delle nuove generazioni, ma dei governi, che non investono più in ricerca. L’arte, da Duchamp in poi (per quanto riguarda quella visiva) richiede a chi osserva di completare il processo creativo. Per questo le istutuzioni giocano un ruolo fondamentale".

Secondo lo psicanalista junghiano Luigi Zoja, che parlerà dell’"attualità dell’individuazione", qualche responsabilità ce l’hanno comunque anche le nuove generazioni, che sono "troppo introverse". "I giovani dovrebbero avere più coraggio. Ricordo il discorso che Steve Jobs fece ai neo-laureati di Stanford nel 2005: il senso delle sue parole è che bisogna buttarsi, richiare. Specialmente con una calsse politica come questa, che non li aiuta per niente". Un parere condiviso da Gianvito Martino, direttore della divisione di neuroscienze dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano, secondo cui "la creatività, intesa come capacità di inventare, dei giovani ricercatori italiani, è frustrata sistematicamente da un sistema-paese che "penalizza" la ricerca in tutte le sue forme ed espressioni. Una situazione che determina una ridotta capacità brevettuale che, a sua volta, penalizza ulteriormente gli investimenti in ricerca. Non è quindi sorprendente che, poi, i ricercatori italiani dimostrino la loro creatività quando espratriano in Paesi in cui la ricerca conta veramente. Siamo in uno dei pochi Paesi industrializzati in cui non si produce ricchezza dalla conoscenza". Il neuroscienziato parlerà di staminali, e in particolare di come quelle del cervello potrebbero, in un futuro prossimo, essere usate per curare gravi malattie cerebrali: "Un campo di ricerca che vede tanti ricercatori italiani in prima fila".

Il quadro che emerge è dunque quello di un’Italia che, come ricorda il filosofo Maurizio Ferraris, che parlerà del rapporto tra "l’anima e l’iPad", "da una parte stimola al massimo una certa creatività, ossia l’arrangiarsi, l’improvvisare, l’apparenza. Dall’altra affossa le istituzioni necessarie per una creatività autentica, dalla scuola all’università. Dall’impasse in cui ci troviamo non può salvarci la creatività come improvvisazione, e forse nemmeno la creatività come esercizio e pazienza, ma qualcosa di più grande e vero: la coscienza, la responsabilità, il senso del bene comune e quello dello Stato. Ma a volte penso che per inoculare qualcosa del genere negli italiani il creativo non basti: ci vorrebbe l’esorcista".

* la Repubblica, 02 settembre 2010


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