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EUROPA ED EVANGELO. LA ’CROCE’ DI CRISTO ("X" = lettera alfabeto greco) NON HA NIENTE A CHE FARE CON IL "CROCIFISSO" DELLA TRADIZIONE COSTANTINIANA E CATTOLICO-ROMANA.

venerdì 6 agosto 2021
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L’amor (charitas) che muove il Sole e le altre stelle ... non ha niente a che fare con "mammona", "mammasantissima", "padrini", e... "andranghatia".
"CHI" SIAMO NOI IN REALTA’. Relazioni chiasmatiche e civiltà. Lettera da ‘Johannesburg’ a Primo (...)

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> EUROPA ED EVANGELO. ---- IO SONO EUROPEO (di Vittorio Cristelli)

giovedì 3 novembre 2011

Io sono europeo

di Vittorio Cristelli (“vita trentina”, 6 novembre 2011)

Se qualcuno in una ipotetica intervista, volendo sapere la comunità di appartenenza, ci ponesse a bruciapelo la domanda “chi sei?”, molti risponderebbero: “Sono trentino, sono altoatesino, sono italiano”. Qualcuno provocatoriamente potrebbe rispondere “sono padano”. Ma nessuno probabilmente risponderebbe “sono europeo”. Eppure è a questa coscienza che dobbiamo tendere, specie oggi di fronte alla globalizzazione che dovrebbe progressivamente farci sentire cittadini del mondo. A questo ho pensato in questi giorni di fronte alla “lettera di intenti” che il Capo del governo italiano ha dovuto consegnare ai 27 Paesi dell’Eurozona e alla Commissione di Bruxelles e leggendo i relativi giudizi e reazioni.

È certo che si è trattato di un commissariamento dell’Europa nei confronti dell’Italia e del suo governo che aveva fissato tutt’altri itinerari. Le reazioni, del tipo “non prendiamo lezioni da nessuno” denotano orgoglio nazionale antistorico e ignoranza della stessa protezione che può derivare dall’appartenenza alla famiglia europea. C’è stato perfino chi ha maledetto l’Euro. Figuratevi se questi direbbero “sono europeo”!

Io non entro nel merito dei singoli provvedimenti contenuti nella lettera, che anzi qualcuno, come quello dei licenziamenti facili, può essere criticato esattamente perché non è affatto “europeo”. Si pensi, solo per un attimo a quello che Jeremy Rifkin chiama “sogno europeo” da preferire a quello americano, proprio perché condito di solidarietà specie con i più deboli. Ma scalciare perché l’Europa interviene onde impedire che l’Italia faccia fallimento, è comportarsi come un bambino che strattona e prende a calci chi lo agguanta per impedirgli di cascare nel fiume.

È vero che i richiami all’Italia sono venuti non dall’Europa politica ma dalla Banca centrale (Bce) e quindi dal mondo finanziario, ma è vero pure che finora si è realizzata solo l’Europa economica e finanziaria. L’Europa politica e culturale è ancora di là da venire. Già, parecchi anni fa Jean Monnet, uno dei fondatori della nuova Europa ebbe a dire: “Se si partisse adesso incomincerei dalla cultura”.

Questo discorso vale anche per le Chiese, che sono in ritardo rispetto all’ideale che si erano proposte. Il vescovo di Piacenza Gianni Ambrosio, delegato italiano negli Episcopati europei, così si esprime in una recente intervista: “In questo momento l’attenzione più importante è fare sì che la dizione Unione Europea diventi parte di una mentalità comune e diffusa”. Non un’Unione astratta e senza anima, ma “una vera comunità capace di solidarietà e attenta al principio di sussidiarietà”. Già, la sussidiarietà che non significa solo che non debbono fare le entità superiori quello che riescono a fare gli enti di base, ma anche che quelle devono fare ciò che gli enti inferiori non riescono a portare a termine. Donde il diritto-dovere dei richiami.

Ma le Chiese europee tutte, dalle cattoliche alle protestanti, dalle ortodosse alle anglicane hanno sottoscritto già nel 1989 a Basilea il loro progetto europeo in cui definivano l’Europa “casa comune, guidata dallo spirito di cooperazione e non di competizione”. Le “regole di casa” erano: il principio di uguaglianza di tutti quelli che vivono nella casa; la tolleranza, la solidarietà e la partecipazione; “porte e finestre aperte” e cioè contatti personali, scambi di idee, dialogo anziché violenza nella risoluzione dei conflitti. Casa aperta anche verso il futuro del mondo e del creato.

Se non ci siamo ancora è segno che anche le Chiese si sono fermate ai blocchi di partenza. “Io sono europeo” significa identificarsi in quello che Rifkin chiama “sogno europeo”. Chi non sogna però è già vecchio. Oggi si direbbe che è da rottamare.


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