Dossetti. La Costituzione come bussola
di Maurizio Chierici (il Fatto Quotidiano, 15 dicembre 2009)
Domani è l’anniversario della morte di don Giuseppe Dossetti, memoria cancellata dagli uragani di questi giorni. Dossetti (13 febbraio 1913 - 15 dicembre 1996) collaboratore e avversario di De Gasperi; Dossetti uno dei padri della Costituzione.
Nel ’95 quando Berlusconi annuncia all’Italia che cosa ha in mente dopo aver demolito la vecchia Repubblica, Dossetti abbandona l’esilio spirituale nelle montagne della Giordania. Torna a Bologna. Raccoglie i costituzionalisti con un discorso drammaticamente confermato. Parla di una “mitologia sostitutiva” con la quale il liberismo della destra ha aperto il conflitto costituzionale.
Raniero La Valle, direttore dell’Avvenire d’Italia a Bologna negli anni segnati dal lavoro comune tra il cardinale Lercaro e Dossetti; La Valle, analizza la “mitologia sostituiva” che tendeva a sostituire la sovranità popolare “col mito antidemocratico, anzi idolatrato, di un potere da conservare ad ogni costo e contro ogni ragione e interesse del paese” mediante la sollecitazione di forme plebiscitarie per “ridurre il consenso del popolo sovrano all’applauso del popolo sovrano”. Dossetti ricordava il senso della sovranità del popolo custodito dalla Costituzione, che si vorrebbe cambiare stravolgendo “la volontà popolare che ha, come normale espressione, la sua rappresentanza nelle assemblee del Parlamento”, e normale garanzia le istituzioni che vegliano sulla Carta Magna: presidente della Repubblica e Corte costituzionale.
Dossetti era talmente preoccupato da girare l’Italia per lanciare l’allarme. Ogni sera la sua voce, e aveva 81 anni. Denunciava che “alla Costituzione ancora formalmente e sostanzialmente vigente si sono volute opporre ipotetiche norme di una mitica Costituzione ancora non scritta, del tutto immaginarie, sulla semplice base di deduzioni ricavate solamente dalla legge elettorale maggioritaria, deduzioni del tutto infondate e senza nessun precedente in qualunque ordinamento costituzionale”. Gennaio 1995. Quindici anni dopo il cammino dei cambiamenti passa per le tv, madri della patria.
Il degrado politico anni Novanta allarmava Dossetti. Quando nel 1991 i nostri soldati vanno per la prima volta a “difendere i sacri confini” fuori dai nostri confini bombardando Saddam Hussein, guerra del Golfo, rompe per la prima volta un silenzio lungo 30 anni. Lo strappo alla Costituzione disegnata dopo il fascismo gli sembrava intollerabile. Viveva ormai lontano dalla politica che lo aveva visto antagonista a De Gasperi. Assieme a La Pira, Ardigò, Andreatta, quel gruppo bolognese dove Prodi stava crescendo, si era illuso di creare un movimento cattolico nel quale morale e cultura disegnassero una società di partecipazione comunitaria. Laica e slegata alle influenze vaticane.
Utopia troppo severa; avevano vinto gli “altri”. E Dossetti si ritira negli studi monastici sulle colline di Bologna (Monte Sole attorno alla Marzabotto del massacro nazista), e poi lungo il Giordano. Ed ecco il silenzio si rompe nell’incontro con una giornalista in una baracca di Ma’hin, monte Nepo dove Mosè aveva sfiorato la terra promessa.
Accetta le domande con qualche esitazione. Preferisce rispondere scrivendo: “Credo sia meglio, dopo tanto tempo. Se poi lo desidera possiamo parlarne, ma la sostanza non cambia”. Leggo ad alta voce i foglietti che mi allunga. Dossetti ascolta le sue parole con le mani intrecciate, come pregasse. “Dal momento che questa guerra, contro ogni speranza di ragionevolezza, è deplorevolmente scoppiata, credo di dover osservare il silenzio in modo ancor più rigoroso. Ma c’è una volontà più forte: attestare il nostro ascolto e una nostra attenzione verso non poche rivendicazioni islamiche di questa congiuntura. Ecco perché restare qui, mentre gli eserciti si affrontano, non può non essere rispettoso, umile e pacifico, non solo nelle intenzioni anche nei comportamenti. Dice il salmo 33- 14-15 ‘Preserva la lingua del male, le labbra da parole bugiarde. Fa il bene, cerca la pace e perseguila”. Ho l’impressione che non si persegua la pace quando le parole restano equivoche e anche bugiarde. “Come italiano e antico costituente, potrei aggiungere che molte menzogne si sono pronunciate nel Parlamento di Roma. Per giustificare la partecipazione di nostre forze aeronavali, si è fatto dire all’articolo 11 della Costituzione ciò che non corrisponde né alla lettera, né al suo spirito”. Articolo 11 la cui stesura lo aveva impegnato nella mediazione tra De Gasperi e Togliatti.
“C’è una decisione delle Nazioni Unite...”, provo a ricordargli, rompendo l’accordo delle domande scritte. “Si è preteso di collegare l’interpretazione a una finzione verbale e al ristabilimento di una legalità internazionale. Troppe volte in passato questa Carta non è stata strumento di legalità. E la guerra di oggi rischia di diventare illimitata nel fine come nei mezzi. L’Onu dà l’impressione di averla abbandonata a se stessa. Non ne controlla gli sviluppi e affida il conflitto all’arbitrio, per così dire tecnico, di una delle due parti in contesa”. Nel salutare due parole: “Non so se sono un vero uomo di pace, ma spero di avvicinarmi alla speranza per diffondere la pace che è un bene universale”.
Illusione che non convince Livio Caputo: prima di diventare sottosegretario del Berlusconi Uno, governava gli esteri del Corriere. “Cosa c’entra la Costituzione con la guerra?”. Insomma, Dossetti vecchio impiccio fuori dal mondo.
Ma Ugo Stille e Giulio Anselmi dedicano a Dossetti un grande titolo di terza pagina. E il mattino dopo Il Giornale diretto da Montanelli commenta la riflessione di Dossetti col disprezzo di Nicola Matteucci: “Aveva taciuto trent’anni, poteva continuare”. Poi è venuto l’Afghanistan e la Baghdad che sappiamo. Imbarazzo superato, Costituzione adattata ai buoni rapporti internazionali. Possiamo partecipare a ogni guerra preventiva nel rispetto della nostra Carta fondamentale. Ma non basta: purtroppo la Carta lega le mani a chi governa. Si vuole allargare lo strappo per cambiare la vita di tutti. Meno uno. Protagonisti gli stessi nomi. Solo Dossetti è la memoria della speranza.