Inviare un messaggio

In risposta a:

CITTADINANZA E "DIRITTO DEL SOLE" ("IUS SOLIS"): AL DI LA’ DEL DIRITTO DEL SANGUE ("IUS SANGUINIS") E DELLA TERRA ("IUS SOLI"). Una nota di Michele Ainis - a c. di Federico La Sala

domenica 1 gennaio 2012
“Ius soli” cade il tabù
di Michele Ainis (La Stampa, 11 gennaio 2010)
La prima riforma degli Anni Dieci non ha il timbro della legge, né tantomeno della legge
costituzionale. Viaggia su una vettura più dimessa, più modesta: la circolare ministeriale. Quella
con cui il ministro Gelmini ha (...)

In risposta a:

> CITTADINANZA ---- Se chiamare orango la Kyenge “fa parte del linguaggio politico”. LEGGERSI le due paginette della Giunta per le immunità del Senato (di Michele Serra)

venerdì 6 febbraio 2015

Se chiamare orango la Kyenge “fa parte del linguaggio politico”

di Michele Serra (la Repubblica, 06.02.2014)

Patetico chi pretende che rappresentare il popolo aumenti le responsabilità, elevi le ambizioni e il calibro delle parole. Al contrario, riduce responsabilità, ambizioni e calibro

LEGGERSI le due paginette con le quali la Giunta per le immunità del Senato dichiara non processabile il collega Calderoli, che diede dell’orango a Cécile Kyenge, è utile per capire quanto lo spirito corporativo vincoli tra loro gli esponenti politici, o gran parte di loro, ben al di là di quanto le idee possano dividerli. La discussa parola “casta” risuona, in casi come questo, con indiscutibile efficacia, lampante come un autoscatto.

COMPRESI gli esponenti di Giunta del Pd, che si sono arrampicati sugli specchi pur di difendere il diritto di Calderoli di dire quello che ha detto pagandone zero conseguenze; ed esclusi quelli del Movimento Cinque Stelle, che hanno votato per l’autorizzazione a procedere.

In quel breve e non elevatissimo dibattito tutto fa brodo, dal «diritto di satira» alle «battute umoristiche» alle «critiche, anche con locuzioni aspre, a un avversario politico» al «contesto meramente politico » al fatto che «le dichiarazioni sono state estrapolate da un contesto più ampio », pur di sottrarre la frase razzista del collega Calderoli ad altro giudizio che non sia quello, piccolo e conciliante, dei colleghi di Calderoli. Dare della scimmia a una donna italoafricana, in pubblico e davanti a centinaia di persone, non può essere imputabile di «diffamazione aggravata da finalità di discriminazione razziale» perché Calderoli disse quelle cose nel pieno delle sue funzioni di parlamentare.

Non credo che la Giunta e i suoi membri si rendano conto fino in fondo di quanto quel meccanismo di difesa sputtani gravemente proprio quelle “piene funzioni parlamentari” usate come ombrello protettivo e come comodissimo alibi. Perché se ne deduce che la parola politica, proprio perché politica, può essere tranquillamente sciatta o sozza o insultante con fiduciosa irresponsabilià, tanto ci sarà sempre una Giunta di colleghi che provvede a zittire chiunque, querelante o magistrato, voglia chiederne conto. Patetico chi pretende che rappresentare il popolo e fare parte delle istituzioni aumenti le responsabilità, elevi le ambizioni e il calibro delle proprie parole. Al contrario, diminuisce responsabilità, ambizioni e calibro: perché se dai della scimmia a una persona di pelle scura da normale cittadino rischi una querela (il Papa direbbe: uno sganassone). Ma se lo fai da Calderoli, o da collega di Calderoli, puoi stare sereno, non rischi assolutamente niente. L’indimenticabile leghista Speroni, del resto, nella pausa di un dibattito televisivo di parecchi anni fa, mi disse, con ammirevole sincerità: «Guardi, io sono volgare perché rappresento elettori volgari. E questa è la democrazia ». Una visione della rappresentanza, e della politica in toto, che non avrebbe avuto molto successo ad Atene (quella di venticinque secoli fa).

Si capisce che la questione della libertà di parola, in specie della parola politica, è grande; complicata; non certo risolvibile con un paio di querele o, al contrario, con un paio di non-autorizzazioni a procedere. Ma almeno sul piano dell’esempio ci si aspetterebbe che la classe dirigente di un paese europeo pretendesse, da se stessa, un minimo sindacale di compostezza e di decenza. Quante ne bastano per capire che dare dell’orango a una donna italoafricana è una schifezza proprio perché «nel pieno esercizio delle proprie funzioni politiche». In questo senso no, la Giunta per le autorizzazioni non fa pensare alla classe dirigente di un paese europeo.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: