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NON TOCCARE IL MIO AMICO. UN MANIFESTO CONTRO IL RAZZISMO.

lunedì 1 marzo 2010
Una Gioconda di colore per protestare contro il razzismo in Italia *
Mancano pochi giorni al primo "sciopero degli immigrati", che scatterà il prossimo 1 marzo in Italia, Francia, Spagna e Grecia. E in queste ore è stato anche pubblicato un manifesto dedicato ai rom schedati, agli africani di (...)

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> "24 ORE SENZA DI NOI", IL PRIMO MARZO. E IL COLORE GIALLO. L’ ITALIA, LA FRANCIA, E GLI IMMIGRATI. La protesta in mille piazze. Alle 18, 30 in punto il cielo di colorerà di giallo in sessanta città d’Italia (articoli di vari Autori)..

lunedì 1 marzo 2010


-  L’Italia e gli immigrati

-  Il Paese del Primo Marzo

-  di Jean-Léonard Touadi (l’Unità, 1.3.2010)

C’era una volta un paese di emigrati. Gli italiani che lasciavano le loro terre alla ricerca di pane e dignità. A quegli italiani il paese deve molto perché hanno assicurato per decenni, per se stessi e per i familiari rimasti in patria, una vita dignitosa. La memoria di questi cittadini tra due mondi, spesso maltrattati e soggetti a continue discriminazioni, è un monito a non fare agli altri, agli immigrati di oggi, ciò che è stato fatto a noi quando “gli albanesi eravamo noi” secondo il bellissimo libro di Gian Antonio Stella dal titolo assai rivelatore, «L’Orda».

Ed eccola qui, l’orda: l’ “invasione” evocata strumentalmente pochi giorni fa dal presidente del Consiglio Berlusconi; l’ondata nera dei criminali stigmatizzati con un’equazione tra immigrazione e clandestinità che ha profondamente indignato, oltre a migliaia d’italiani, anche la Caritas e il quotidiano L’Avvenire; l’orda di coloro che rubano il lavoro agli italiani quando tutti sanno che il lavoro immigrato per ora è complementare e non competitivo rispetto a quello degli italiani; la marea dei bambini stranieri che andrebbero separati dai loro coetanei italiani. E la lista potrebbe continuare.

Ma l’Italia dovrà rendersi conto che l’immigrazione è un fenomeno strutturale. L’immigrazione rappresenta la cifra precipua delle profonde trasformazioni che il paese deve affrontare da qui ai prossimi decenni, dove la capacità di confrontarci con le sfide della contemporaneità si misurerà con il nostro modo di gestire con responsabilità e innovazione normativa e programmatica la questione dell’immigrazione. Attraverso l’irrompere dell’immigrazione nel nostro tessuto produttivo e socio-culturale, dentro i processi di mutamenti urbani e all’interno dei meccanismi formativi delle nuove generazioni, l’Italia dovrà dimostrare la sua propensione a traghettarsi dentro la globalizzazione con mappe concettuali e strategie operative all’altezza della complessità contemporanea. È la grande novità dell’innesto che “pro-voca”, chiama a sé, e che stimola con la promessa della ricchezza data dalla diversità.

Il 1° marzo assume così il valore di un passaggio simbolico importante. Possiamo dire che costituisce un evento-avvento per la società italiana. Essa è chiamata a interiorizzare ciò che viene quotidianamente rimosso.

Il 1° marzo potrebbe assumere per la coscienza civile più intima di questo paese le caratteristiche di un momento iniziatico, di passaggio verso una definitiva consapevolezza di essere diventato altro grazie all’irrompere degli altri. È un invito alla responsabilità, nel senso letterale di misurare il peso (res/pondus) della presenza e dell’agire dei nuovi cittadini per, insieme, costruire un futuro comune.


-  Identità negate

-  di Luigi Manconi (l’Unità, 1.3.2010)

Nel deserto della città terremotata scavalcando le transenne e invadendo le strade segnate dalle macerie, gli aquilani hanno “ripreso” le loro case. O meglio: ciò che ne resta. Come il fondale di un teatro o come le facciate di legno sul set di un film western, l’improvvisa animazione di una folla di abitanti ha dato vita a un’assenza e ha riempito i vuoti di un centro storico che ricorda un paesaggio post-bellico. Gli assenti, gli aquilani dispersi nelle “casette” e negli alberghi, o in alloggi di fortuna sono tornati sulla scena con la “manifestazione delle carriole”. Manifestazione, cioè l’atto del manifestare. Quando si manifesta, in gene’re, è una buona cosa. Significa, farsi vedere e far vedere, rendere pubblico, dare visibilità a ciò che è occultato o negato.

Oggi manifesteranno altri assenti: finora occultati o negati. Lo sciopero degli immigrati è propriamente questo: è la manifestazione - fatta di molte manifestazioni - di un popolo che semplicemente non si vede. O che, peggio, si vede (viene visto) solo come un fattore di allarme sociale, e di angoscia collettiva. E che richiama immagini di invasione o - in chi ha “un cuore grande così” - un sentimento di rimorso, che può avere effetti negativi non minori di quelli prodotti dalla paura sociale. Perciò è così importante, al di là del numero di quanti oggi vi parteciperanno, che il “primo marzo degli immigrati” abbia successo e dia vita ad altre giornate come questa. Ed è assai significativo che, a promuoverlo, siano state, tra gli altri, le comunità straniere: perché qui sta la sfida più ardua, che non si esaurisce certo in ventiquattro ore ma che, al contrario, da questo primo marzo può prendere le mosse.

In gioco c’è, infatti, ciò che chiamiamo soggettività: l’identità individuale e collettiva, le biografie e le memorie, le culture e i vissuti e le aspettative. Gli immigrati sono da tempo nella società italiana, profondamente inseriti nelle sue sfere di vita e nei suoi gangli economici: accudiscono i nostri bambini e i nostri vecchi e reggono settori come l’agroalimentare e l’allevamento, l’edilizia, la ristorazione, la siderurgia, la pesca e altri ancora. Sostengono in misura rilevante il nostro sistema di welfare, surrogandolo attraverso il “lavoro di cura” e incrementandolo attraverso la contribuzione previdenziale. Sono lì, nelle case e negli uffici, nei mezzi di trasporto e nelle pizzerie, ma semplicemente non li vediamo. Ovvero non li “pensiamo”.

Non è questione di buoni sentimenti e nemmeno di buone intenzioni. Fino a quando gli immigrati rimarranno una folla anonima e indistinta, senza nome e senza volto, senza personalità e senza passato, ci appariranno molesti e minacciosi e la loro distanza da noi tenderà a crescere: e a renderci ancora più insicuri.

Sapete perché in Italia non si è mai sviluppato un movimento come SoS Racisme in Francia? Molti i motivi, ma uno in particolare va considerato oggi. Lo slogan del movimento francese era: non toccare il mio amico. Ma in Italia quanti possono dire di avere e non in senso ideologico o solidaristico un amico immigrato?


-  «24h sans nous»: sui diritti la Francia fa da apripista

-  In Francia è nata l’idea della mobilitazione.

-  «24 ore senza di noi». Un giorno di astensione dal
-  lavoro e dal consumo. Solidali i sindacati. Inviata una -richiesta di adesione a Sarkozy, in quanto
-  figlio di immigrati ungheresi.

di Luca Sebastiani (l’Unità, 1.3.2010)

Più che di uno sciopero vero e proprio, si tratta di un’azione simbolica. L’iniziativa «24 ore senza noi, una giornata senza immigrati», chiama infatti alla mobilitazione oggi tutti gli «immigrati, i figli di immigrati e i cittadini coscienti» attraverso un giorno d’astensione dal lavoro e/o dal consumo, per rendere manifesto da una parte che l’apporto dei nuovi «francesi» è determinante all’economia d’Oltralpe, e dall’altra che gli immigrati e i loro figli non ne possono più di essere utilizzati strumentalmente dalla politica.

L’idea dello «sciopero», che oggi dovrebbe vedere la partecipazione di diverse migliaia di persone in tutto il paese, è infatti nata su iniziativa di un collettivo che lo scorso autunno ha deciso di reagire alla politica dell’immigrazione del governo, che con il cosiddetto dibattito sull’identità nazionale ha spesso usato l’immigrato come capro espiatorio di tutti i mali francesi.

Secondo Nadia Lamarkbi, presidente di 24 heures sans nous, l’idea di dimostrare quanto pesi nei fatti l’apporto economico dell’immigrazione (11% della forza lavoro), è nata quando lo scorso settembre il ministro dell’Interno Brice Hortefeux, braccio destro del presidente Sarkozy, mentre faceva una foto in compagnia di un giovane militante sarkozista di origine magrebina ha detto che «quando ce n’è uno va bene, il problema è quando ce ne sono tanti». Non è stata l’unica gaffe. Sono diversi i membri della maggioranza che hanno rilasciato dichiarazioni più o meno razziste, tanto che gli immigrati si sono sempre più sentiti stigmatizzati e Sarkozy è dovuto intervenire per calmare le acque. Ciò che non ha impedito al collettivo 24 heures sans nous di crescere e raccogliere sostegno e adesioni principalmente su internet.

Oggi gli organizzatori sperano di ripetere il successo di un’esperienza statunitense simile, quella del 2006, quando migliaia di immigrati ispanici bloccarono le città americane per protestare contro una legge sul lavoro clandestino voluta da George Bush. Allora gli immigrati riuscirono a far ritirare il testo, ma il problema della giornata senza immigrati à la française, che oggi si terrà anche in Italia e Grecia, e che non ha nessuna finalità rivendicativa e dunque faticherà a mobilitare i grandi numeri, soprattutto tenuto conto delle condizioni di debolezza lavorativa cui sono costretti i lavoratori immigrati.

SOLIDARIETÀ DEI SINDACATI

Gli organizzatori hanno incassato però la solidarietà delle sigle sindacali e delle forze della gauche d’opposizione, pur rifiutando qualsiasi strumentalizzazione. A questo fine hanno anche inviato una lettera al presidente Sarkozy invitandolo a partecipare in quanto figlio di immigrati ungheresi, ma non hanno contestato nessuna delle leggi sarkoziste e neanche chiesto la chiusura del ministero dell’Immigrazione e dell’Identità nazionale che i socialisti considerano una vergogna.

Oggi i partecipanti alla giornata senza immigrati si ritroveranno davanti ai municipi di Lione, Parigi, Bordeaux, Marsiglia e tante altre città, ma nessuna manifestazione unitaria è stata prevista per lasciare che il movimento si sviluppi orizzontalmente. Intanto a Parigi è arrivato al quarto mese lo sciopero coordinato dalla Cgt dei lavoratori sans papiers. Secondo il sindacato sono circa seimila i partecipanti che chiedono la regolarizzazione.


-  Palloncini gialli, ma anche musica e cucina etnica

-  La protesta in mille piazze

-  Alle 18, 30 in punto il cielo di colorerà di giallo in
-  sessanta città d’Italia: verranno lanciati in aria
-  palloncini gialli (in lattice biodegradabile).
-  Il giallo è infatti il colore scelto per la manifestazione di oggi.

di Marzio Cecioni (l’Unità, 1.3.2010)

Nata in maniera spontanea sul web (grazie anche ad gruppo su Facebook) la protesta del Primo Marzo ha ricevuto in Italia una lunga serie di l’adesione, tra cui Emergency, Amnesty, i missionari del Pime e Legambiente, di partiti politici (Pd, Verdi, Sel e Rifondazione Comunista) e di sindacati Cgil, Cisl, Uil e Cobas, che pur dando il loro sostegno, non hanno proclamato lo sciopero generale a livello nazionale. Ogni città si mobiliterà in modo diverso.

-  A Roma alle 17, il corteo da da Porta Maggiore a piazza Vittorio, dove alle 18. Qui sono previsti concerti, con l’esibizione dell’Orchestra multietnica di Piazza Vittorio e una serie di interventi.

-  A Milano, ritrovo alle 9,30 fuori da Palazzo Marino, il corteo farà giro attorno al municipio milanese. Alle 17,30 raduno in piazza Duomo. Qui, lezioni di lingue straniere; verranno offerte spremute d’arancio da bere per «Rosarno chiama Italia: l’unica cosa che vogliamo spremere sono le arance»; partenza del corteo in direzione di piazza Castello alle 19, poi interventi e musica dal vivo.
-  A Genova, alle 18 (commenda di Prè) la partenza del corteo, arrivo piazza Matteotti, qui festa e concerto.
-  A Brescia, giornata di mobilitazione in piazza della Loggia, con presidio dalle 10 alle 14. Presidi in vari mercati della provincia (ad esempio a Rovato dove confluiranno le donne), davanti scuole e fabbriche.
-  A Napoli, partenza del corteo alle 11 da piazza Garibaldi.
-  Siracusa e Catania: alle sei del mattino pellegrinaggio in pulmino nei luoghi del caporalato nella campagna attorno a Cassibile.
-  A Catania presidio nella zona in cui si concentrano i venditori senegalesi (piazza Stesicoro). Alle 18 cortei, festa, musica e cucina etnica.
-  Perugia: in programma, a partire dalle 14.30, raduno in piazza Italia, da qui corteo in direzione di corso Vannucci che confluirà a piazza IV novembre. Poi, musica fino alle 18.30.
-  A Bologna, appuntamento alle 16 in piazza del Nettuno: qui mostra fotografica con i volti dei nuovi cittadini italiani.
-  A Bari, alle 18.30, in piazza del Ferrarese, lettura di testi sui temi della giornata, testimonianze e racconti delle comunità migranti di Bari.
-  Forlì Cesena: alle 16,30 in piazza Saffi gazebo e tavoli: animazione per bambini e musica.
-  Trieste: alle 15 ritrovo in piazza Sant’Antonio e partenza di una “squadra” che andrà a cancellare le scritte razziste dai muri delle città. Alel 17 da piazza Ponterosso, corteo.

-  Reggio Emilia: dalle ore 10 alle 18, in piazza Casotti e alla prefettura. Ancona: corteo da corso Carlo Alberto a piazza Roma, partenza alle 9.30.
-  Firenze: presidio in piazza SS Anunziata, dalle 16.
-  Rimini: alle 17, alla stazione la partenza del corteo che sfilerà per le vie del centro. Alle 19, alla Vecchia Pescheria “Sound meticcio” aperitivo tematico.
-  A Torino, il mercato della Crocetta verrà «ricoperto» di giallo; palloncini saranno distribuiti nelle scuole con più del 30% di immigrati; corteo alle 17 dalla stazione di Porta Nuova.


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