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NON TOCCARE IL MIO AMICO. UN MANIFESTO CONTRO IL RAZZISMO.

lunedì 1 marzo 2010
Una Gioconda di colore per protestare contro il razzismo in Italia *
Mancano pochi giorni al primo "sciopero degli immigrati", che scatterà il prossimo 1 marzo in Italia, Francia, Spagna e Grecia. E in queste ore è stato anche pubblicato un manifesto dedicato ai rom schedati, agli africani di (...)

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> NON TOCCARE IL MIO AMICO. --- SCIOPERO DEGLI IMMIGRATI. NESSUN ESSERE UMANO E’ ILLEGALE: LA LUCE DEL SOLE ILLUMINA LA NOTTE. L’Europa, ieri, è stata unita da un filo giallo. Dalla Spagna alla Grecia, passando per sessanta città italiane, migliaia di immigrati hanno proclamato il loro primo sciopero e manifestato contro il razzismo, sventolando lacci e palloncini gialli.

martedì 2 marzo 2010

Le piazze unite: “Nessun uomo è illegale”

Sessanta città e migliaia di persone per lo sciopero dei lavoratori stranieri

di Caterina Perniconi (il Fatto, 02.03.2010)

L’Europa, ieri, è stata unita da un filo giallo. Dalla Spagna alla Grecia, passando per sessanta città italiane, migliaia di immigrati hanno proclamato il loro primo sciopero e manifestato contro il razzismo, sventolando lacci e palloncini gialli.

L’iniziativa “Primo marzo, 24 ore senza di noi”, nata spontaneamente su Facebook e ispirata all’omonima “journée sans immigrés” francese, ha voluto rendere visibili gli stranieri che vivono e lavorano in Italia per dimostrare che, senza di loro, il paese si ferma.

“Protestiamo contro l’esecutivo e i provvedimenti razzisti che ha emanato - spiega Shukri Said, portavoce dell’associazione Migrare - perché il pacchetto sicurezza ha reso reato una condizione umana, quella della clandestinità. E questa cosa è inaccettabile, soprattutto se si decide di fare una regolarizzazione a metà, solo di colf e badanti. E tutti gli altri? Diventano automaticamente delinquenti? É davvero inammissibile”.

La manifestazione è nata in maniera spontanea, “perché abbiamo deciso di organizzarci da soli - dice Shukri Said - quando abbiamo capito che opposizione e sindacati non avrebbero alzato le barricate in Parlamento”. In seguito la protesta “Primo Marzo” ha ricevuto l’adesione di una serie di organizzazioni, tra le quali Emergency e Legambiente, dei partiti politici dell’opposizione e dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, che pur dando il loro sostegno, non hanno proclamato lo sciopero generale a livello nazionale.

A Napoli hanno sfilato più di 20 mila persone in un corteo partito da piazza Garibaldi fino al Plebiscito, sotto lo striscione Nessun uomo è illegale. “Qui in Campania - spiega il presidente dell’associazione senegalesi, Pape Seck - noi stranieri non abbiamo diritti e non veniamo rispettati. In passato in questa città c’era rispetto e dignità per lo straniero ma le cose sono cambiate con la legge Bossi-Fini”. Una legge che il presidente della Camera si è detto pronto a “rifirmare domani”.

A Milano il presidio è partito da pizza della Scala fino a piazza Cordusio: “Ho raggiunto i miei genitori che lavorano qui - racconta Eder Herrera, studente peruviano dell’Università Statale - e non dimenticherò mai quel giorno che mi hanno fermato i controllori dell’Atm. Avevo dimenticato il portafoglio con l’abbonamento e mi hanno trattato come un criminale”.

A Roma si sono svolte molte iniziative corredate da striscioni gialli. Ieri mattina, in collaborazione con Legambiente, centinaia di rifugiati e richiedenti asilo hanno pulito il parco di Colle Oppio. Un presidio si è svolto davanti alla sede dell’Inps di San Giovanni, dove gli immigrati hanno chiesto a gran voce il riconoscimento del proprio lavoro e dei propri contributi, e di riaverli indietro quando lasciano il paese. “Il beneficio dato dai lavoratori stranieri non si ferma al 10 per cento del Pil - spiega Shukri Said - ma va oltre. Perché non si considerano mai, per esempio, tutte le donne italiane che possono lavorare anche se a casa hanno un bambino o un anziano ammalato. E poi se gli egiziani hanno inventato la matematica, vuol dire che non sanno solo mungere le mucche: perché questo paese non se ne accorge e non accetta anche lavoratori stranieri ad alti livelli? L’America è diventata grande perché ha messo insieme tutte le forze immigrate che hanno dato il meglio”. La giornata romana si è conclusa con una grande manifestazione a piazza Vittorio, cuore della città multietnica.

La Lega nord ha definito lo sciopero di ieri “senza senso”, per questo motivo ha indetto una contromanifestazione oggi, a Sesto Giovanni, nel milanese, a favore dei lavoratori italiani, perché “chi viene nei nostri paesi, prima di rivendicare diritti, dovrebbe avere e rispettare dei doveri”. Alla Lega sfugge che gli immigrati lo fanno, pagano i contributi e aumentano il nostro benessere.


Un giorno di marzo per capire cosa siamo diventati noi

Una occasione per riflettere sulle notti della Repubblica popolate da ominicchi, mafiosi, gente disposta a tutto Mentre dall’altra parte brillano come fari i palloncini gialli

di Giuseppe Provenzano (l’Unità, 02.03.2010)

Sì, «loro», gli immigrati... Ma ieri, Primo Marzo - scriviamolo così, d’ora in poi - è stata l’occasione buona per capire come siamo diventati «noi». Sì, gli italiani.

Ieri, a Palermo i funerali di un uomo, avvocato penalista e politico, che viene massacrato per strada. Non ucciso, finito a colpi di mazza. Ammazzato. Efferatezza ed etimologia. Della decina d’uomini che hanno visto, solo tre hanno parlato. Gli altri, sono andati via. Tre su dieci, ecco i numeri della nazione. La procura, ancor prima del colpevole, cerca i testimoni, e dice: dalla mafia alla vendetta personale, nessuna pista è esclusa. Ecco, tutte le piste, tutte le strade della notte della Repubblica. Sempre più buie, buone a massacrare o tacere. Tutte le strade che portano a Roma.

Siedevano in Parlamento, ancora ieri, sui banchi del Senato, un uomo condannato per aver favorito Cosa Nostra e un altro che risulta schiavo della ‘ndrangheta. Totò Cuffaro e Nicola Di Girolamo. Uno dei due, almeno, ha avuto la decenza (anche fosse semplice tempismo) di dimettersi. L’altro, rappresenta ancora la nazione. Sarà la suggestione, ma mi è sembrata di trovarla nei racconti sulla vita di Gennaro Mokbel l’autobiografia della nazione al tempo delle «cricche»: delle «logge», delle «cosche»... Gli «uomini soli al comando» non esistono, neanche quando fanno di tutto per darlo a vedere. C’è sempre una «cricca» da servire, nell’Italia dei cortigiani.

Il momento più temibile della fine di Berlusconi - e di ogni Berlusconi mascherato - sarà proprio la reazione e la sorte della corte di ominicchi che si raccoglie intorno al corpo del Potere: a raccogliere briciole sottobanco, poltrone di talkshow, affidamenti diretti.

C’è una frase memorabile, che salta fuori da queste settimane italiane di intercettazioni: «Quanti cognati»! Eccoli, gli italiani del 28 febbraio e del 2 marzo: quelli soliti di Flaiano, «un popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti, di cognati». L’Italia delle “Famiglie” mafiose, massoniche, affaristiche, politiche non «meridionalizzata» (come vorrebbe, con un filo insospettabile e forse inconsapevole di razzismo, l’ultimo libro di Aldo Cazzullo) ma fin troppo uguale a se stessa, immutata.

E ora, qualcuno vuole farci venire la paura dello straniero, delle etnie. Davvero, fanno paura i disperati che tornano a Rosarno, per un’altra stagione all’Inferno. Fa paura che a poche decine di chilometri, il boss di Isola di Capo Rizzuto organizzava la raccolta di voti per Di Girolamo in un quartiere turco di Stoccarda. C’è una prossimità inquietante nelle nostre infamie. Ci sono infamie che sconfinano: italiani all’estero. S’è annullata ogni distanza tra tutte le piste della notte d’Italia: Rosarno e Capo Rizzuto, il quartiere turco e il Parlamento.

Ieri, Primo Marzo 2010, guardandosi allo specchio, alcuni italiani sono scesi in piazza. Qualcuno a dire «grazie«. Qualcuno a chiedere «aiuto». Qualcuno semplicemente a liberare un palloncino giallo. Splendeva, in mezzo a tutto questo nero.


Da Milano a Napoli, le piazze degli «invisibili» sono gialle

di Giuseppe Vespo (l’Unità, 02.03.2010)

La giornata di sciopero è nata quasi spontaneamente, in rete, su Facebook, sulla scia del tam-tam che dalla Francia è passato all’Italia, alla Spagna, alla Grecia. Obiettivo raggiunto, manifestazione riuscita.

Anà laistu ‘ansaria: «Io non sono razzista», ripete la signora Bruna Canova, una dei tanti italiani arrivati in piazza Duomo a Milano per partecipare alla manifestazione conclusiva della prima giornata di sciopero degli stranieri. Lei, che non è più una ragazzina, si fa dare una mano da Rita, mantovana trasferita qui per studiare mediazione linguistica. Seguono insieme la lezione di arabo organizzata dai manifestanti con i ragazzi del centro sociale «Il Cantiere».

SENZA DI NOI

È una delle tante iniziative di questo «Primo marzo: un giorno senza di noi», lo sciopero degli stranieri che ha portato a sfilare in sessanta città migliaia di persone di tutte le nazionalità. Insieme contro il razzismo e la xenofobia, e per far pesare il valore, anche economico, del contributo dei migranti all’Italia.

Alle 18,30 a Milano, come in tutte le piazze, centinaia di palloncini gialli colore simbolo di questa giornata si levano al cielo. Davanti al Duomo un enorme striscione chiarisce: «Migrare non è un reato», mentre un gruppo di africani balla al ritmo di «Bouniou Mêro, Bouniou Djapanté, Lou Yale Toudoul, Doumana Amtèye», che più o meno vuol dire: «Non litighiamo, stiamo uniti insieme», traduce Joshep, trent’anni, senegalese, metalmeccanico a Rozzano. Lui è uno dei tanti che oggi non sono andati al lavoro, uno dei 4 milioni di immigrati che contribuiscono al dieci per cento del pil italiano e a sostenere le pensioni, che pagano sei miliardi l’anno di tasse e sette di contributi.

Anche questo vuol dire Italia senza migranti: fonderie e cantieri svuotati della metà, campi privi di manodopera dice Coldiretti scuole e università private di intelligenze. Come quelle di Edith, Larissa e Raoul, tre fratelli del Burundi che studiano qui Biotecnologie industriali ed economia. Pagano la retta delle università private Cattolica e Bocconi con borse di studio e lavoretti.

OBIETTIVI

La giornata di sciopero è nata quasi spontaneamente, in rete, su Facebook, sulla scia del tam-tam che dalla Francia è passato all’Italia, alla Spagna, alla Grecia. Obiettivo raggiunto, manifestazione riuscita. Ora viene il tempo della politica, dice Stefania Ragusa, che insieme a Nelly Diop, imprenditrice senegalese a Milano e Daimarely Quintero, sindacalista Cisl cubana, ha organizzato l’evento. «È presto per i bilanci racconta la presidente del comitato Primo marzo Tuttavia l’iniziativa è riuscita. Siamo riusciti a creare un sacco di contatti. Adesso si apre la parte politica, si tratterà di scegliere dei contenuti e di lavorare su quelli».

Tante le associazioni che hanno partecipato. Da Amnesty all’Arci, da Legambiente alle Acli, a Emergency. E poi i partiti, il Pd, l’Idv, il Pdci, Prc. Uno sciopero «interessante», anche per il Pdl. Il corteo più nutrito a Napoli, ventimila i manifestanti. Qui c’è stata anche qualche tensione, dopo che un disoccupato ha dato uno schiaffo all’assessore alle Politiche sociali del Comune Giulio Riccio. Per il resto, manifestazioni pacifiche in tutte le piazze. A Brescia erano in diecimila, fuori dalle fabbriche per iniziativa della Fiom-Cgil. Mentre a Sesto San Giovanni la Lega ha organizzato una contromanifestazione.

A Roma in cinquemila hanno sfilato fino a piazza dell’Esquilino, passando per la multietnica piazza Vittorio. Il corteo è stato aperto da una delegazione di stranieri di Rosarno, con lo striscione: «Troppa intolleranza, nessun diritto».

«Il successo della mobilitazione è una sfida alla politica perché faccia la sua parte per governare in modo lungimirante il cambiamento», ha commentato Rosi Bindi, presidente dell’assemblea nazionale del Partito democratico. «L’Italia ha aggiunto è un paese fatto di tanti colori e tante lingue. I limiti della Bossi-Fini sono del tutto evidenti e le norme del pacchetto sicurezza hanno aggravato la situazione».


Tutelati dall’art. 3 della Costituzione ma non dalle leggi (l’Unità, 02.03.2010)

Dall’intervento di Ernesto Ruffini nel corso della manifestazione viola di sabato 27 febbraio, a Roma. «Siamo qui per ricordare la nostra Costituzione a tutti quelli che pensano di poterla cancellare senza che nessuno di noi se ne accorga, ma noi non faremo finta di non vedere. I nostri Costituenti ci hanno consegnato quelle che avrebbero dovuto essere le ragioni del nostro vivere insieme.
-  I primi articoli della Carta rappresentano il nostro comune biglietto da visita e l’art. 3, quello che riconosce che le persone sono tutte uguali davanti alla legge, è certamente la più bella presentazione per un moderno Stato democratico. Uguali senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È un principio che è stato scritto per i più deboli, per le minoranze, per tutelare i pochi e non i molti.
-  Vuol dire che gli stranieri hanno i nostri stessi diritti fondamentali, mentre viviamo in un Paese in cui è stato introdotto il reato di immigrazione clandestina. Un Paese dove certi pifferai magici vorrebbero farci credere che i principi di uno stato occidentale si difendono regredendo pericolosamente verso forme primordiali di razzismo. (...)
-  L’art. 3 della nostra Costituzione vuol dire questo e molto altro ancora e noi abbiamo il preciso dovere di riappropriarci del nostro futuro e dei nostri sogni perché, come diceva Gramsci, «Quello che accade, accade non tanto perché una minoranza vuole che accada, quanto piuttosto perché la gran parte dei cittadini ha rinunciato alle sue responsabilità e ha lasciato che le cose accadessero». Non facciamolo noi e riappropriamoci finalmente della parte migliore del nostro passato.


-  Immigrati, il giorno dello sciopero
-  "Senza di noi l’Italia si ferma"

Cortei in 60 città, 300 mila in piazza. Tensioni a Torino

di Vladimiro Polchi (la Repubblica, 02.03.2010)

ROMA - L’Onda Gialla parte dal centro di Milano, rimbalza a Roma, arriva fino a Palermo. «Non siamo criminali, non siamo clandestini, ecco a voi i nuovi cittadini». Lo slogan viaggia sul tam tam dei tamburi delle tante manifestazioni: è il "Primo marzo. Una giornata senza di noi", lo sciopero degli immigrati. Sessanta città italiane coinvolte, 50mila membri su Facebook, «trecentomila» cittadini italiani e stranieri in piazza, tutti col colore giallo. L’obiettivo? Dire stop al razzismo e reclamare più diritti per i 4,8 milioni di immigrati che lavorano in Italia.

Astensioni dal lavoro, sciopero dei consumi, cortei, sit-in si sono susseguiti in tutta Italia, in contemporanea con Spagna, Grecia e Francia, dove è nato il movimento "24 ore senza di noi" e dove al ritmo di «rispetto e dignità per gli immigrati» si è scesi in piazza da Parigi a Tolosa. In Italia, la giornata auto-organizzata su Internet (www.primomarzo2010.it) ha visto l’adesione del Partito democratico, Idv, Prc e Socialisti e di Amnesty, Arci, Acli, Legambiente, Emergency, Amref, Cobas, Fiom. I sindacati hanno partecipato in ordine sparso e non hanno proclamato uno sciopero nazionale. Solo la Cisl ha formalizzato la sua contrarietà alla manifestazione.

Le astensioni dal lavoro sono state dunque a macchia di leopardo: a Brescia, secondo Fiom-Cgil 10mila persone sono scese in piazza e in 50 aziende hanno scioperato. «Il tam tam ha funzionato - sostiene Cristina Sebastiani, una delle organizzatrici italiane - in tutta Italia hanno manifestato in trecentomila». Non sono mancati momenti di tensione: a Torino un irregolare è stato arrestato dalla polizia mentre andava al corteo, scatenando la rabbia dei suoi compagni.

Il corteo più grande è stato a Napoli dove a sfilare sono scesi (secondo gli organizzatori) in 20mila. In piazza le maggiori comunità straniere, dal Bangladesh al Burkina Faso, dal Marocco al Senegal. A Bologna hanno sfilato in 10mila. Uno striscione giallo con la scritta "Migrare non è reato" ha aperto il corteo a Milano, con duemila partecipanti. Emanuel, 34 anni del Camerun, dipendente di un grande albergo, ha raccontato di essere a Milano da sei anni, ma «in metropolitana vengo ancora guardato con disprezzo: il punto è che non veniamo considerati cittadini».

A Roma, centinaia di rifugiati e richiedenti asilo, insieme ai volontari di Legambiente, hanno ripulito il parco del Colle Oppio. Un gruppo di immigrati ha manifestato sotto la sede dell’Inps, chiedendo la restituzione dei contributi versati in Italia a quei lavoratori che decidono di tornare in patria. In testa al corteo del pomeriggio, per le via della Capitale hanno sfilato gli immigrati di Rosarno. A Trieste, i manifestanti hanno cancellato le scritte razziste dai muri della città.

Il vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, parla di «una manifestazione significativa, perché mostra quella indispensabile integrazione e convivenza che semina il futuro della nostra società». Mentre la Lega Nord annuncia per oggi, a Sesto San Giovanni, una contro-manifestazione in risposta allo sciopero degli immigrati.


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