Il rabbino razzista
di Moni Ovadia (l’Unità, 11.12.2010)
Il razzismo è una patologia e una peste sociale da cui nessuno è immune. Lo testimonia una recente insorgenza del morbo che ha scosso la società israeliana e ha fatto grande scandalo. La vicenda è questa: alcuni rabbini che ricoprono cariche ufficiali in municipalità dello Stato d’Israele, di concerto, hanno emesso una raccomandazione a tutti i cittadini israeliani ebrei sollecitandoli a non affittare o vendere case a non ebrei, e nella fattispecie il non ebreo è quasi sempre il palestinese.
Questi rabbini si sono espressi dall’alto della loro autorità religiosa e “morale” e con il conforto dello stipendio pagato loro, in quanto funzionari pubblici, dal contribuente israeliano. Questa specie di fathwa rabbinica ha provocato reazioni molto dure di condanna anche in esponenti del governo e del mondo religioso.
Persino il premier Nethanyau ha condannato il pronunciamento delirante dei rabbini razzisti chiedendo loro di immaginare cosa accadrebbe se qualche antisemita, in un qualsiasi luogo del mondo, avesse raccomandato ai cittadini di quel luogo di non affittare case agli ebrei. La pronta indignazione del sensibile Bibi è commovente a me però fa venire il voltastomaco, il suo tasso di ipocrisia supera la soglia di guardia della decenza.
Chi ha contribuito a creare, fomentare e nutrire la deriva razzista e xenofoba di cui il pronunciamento dei rabbini fanatici è solo il volto sincero. Di quale governo è ministro degli Esteri l’ultranazionalista reazionario e fascistoide Liebermann? Chi ha condannato i palestinesi a diventare cittadini di seconda classe espropriandoli giorno dopo giorno delle loro terre e della loro vita con la violenza dell’occupazione e del colonialismo? Bibi ci risparmi almeno la pagliacciata della sua indignazione.