Per Angela uno schiaffo che fa male
di GIAN ENRICO RUSCONI (La Stampa, 1/7/2010)
La sofferta elezione (al terzo turno) a Presidente della Repubblica tedesca di Christian Wulff, «il candidato della coalizione», è stato un brutto colpo per il governo, e quindi per la cancelliera Angela Merkel. Soprattutto perché un esito così era inatteso. Anzi la coalizione di governo contava su una netta e pronta affermazione del proprio candidato per cancellare l’imbarazzata uscita di scena del precedente Presidente della Repubblica (che pure era stato un suo candidato). E più in generale sperava in un rilancio della propria immagine politica. E’ successo l’opposto. Oltre che litigiosissima, la coalizione si è rivelata pure infida.
Ma questa è solo una lettura partitocentrica della vicenda. E’ possibile un’altra lettura che segnala un’inquietudine crescente della politica tedesca.
Dietro alla scelta del decimo Presidente della Germania infatti c’è stata una strana anomalia, che in fondo era latente già nelle inattese dimissioni del precedente presidente, Koehler. Riguarda il vero ruolo del Presidente della Repubblica. Le dimissioni di Koehler invece sono state interpretate tutte in chiave personale, di idiosincrasie e permalosità soggettive. O come una sua «estraneità» alla pratica politica di governo. Tant’è vero che la classe di governo si è subito premurata di scegliere come successore un proprio candidato «sicuro», tutto interno al professionismo partitico.
Anche la scelta apparentemente controcorrente della Spd e dei Verdi di presentare un candidato «diverso» è stata più apparente che reale. Era stata infatti concepita sostanzialmente come una candidatura di disturbo.
E’ stato nel corso di quella che impropriamente è apparsa una «campagna elettorale presidenziale» che il candidato della Spd e dei Verdi Joachim Gauck si è profilato come un politico «alternativo», al di là della forte accentuazione dei temi sociali ed etici («libertà e responsabilità»). Gauck del resto è tutt’altro che un uomo nuovo per la politica. E’ un navigato uomo pubblico con complesse e intense esperienze passate (pastore protestante e oppositore nella Germania comunista e primo gestore dell’enorme e delicato materiale dello spionaggio Stasi). Eppure è significativo che - al momento cruciale del terzo turno - non sia riuscito ad ottenere il consenso della sinistra (Linke).
Buon parlatore, con doti demagogiche efficaci ha fatto emergere l’anomalia di cui parlavo sopra.
Nelle scorse settimane infatti si è discusso dei candidati e tra i candidati nei media, nei talk show, nei confronti televisivi all’americana come se si trattasse di una elezione diretta, popolare - di stile presidenziale. Naturalmente tutti sapevano che non era così. Ma nelle manifestazioni pubbliche non si sono confrontate semplicemente due personalità, due stili di discordo pubblico. Ma due idee diverse del ruolo del Presidente.
Sarebbe sbagliato parlare di una latente voglia di presidenzialismo anche in Germania. Ma certamente davanti all’evidente impasse di leadership della cancelliera c’è una voglia di autorevolezza, di grandi visioni per la società nel suo insieme, al di sopra delle beghe paralizzanti dei partiti, che la politica tedesca di oggi non è più in grado di offrire.
E’ difficile dire che cosa succederà ora con un Presidente della Repubblica designato, sì, dalla coalizione governativa, ma che arriva al suo posto attraverso una prova politica tutt’altro che brillante. E’ un segnale di allarme per la cancelliera Merkel.