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LA FIOM CGIL, LA FIAT, POMIGLIANO, E IL SOGNO ATEO-DEVOTO DELLA "SOVRANITA’ PRIVATA" DELL’IMPRENDITORE-PAPA. Un’analisi di Carlo Clericetti, con alcune note.

martedì 15 giugno 2010
L’ANALISI
Mano libera in fabbrica
di CARLO CLERICETTI (la Repubblica, 14.10.2010)
"Ho fatto un sogno". Nessun imprenditore italiano ha ripetuto la frase dello storico discorso di Martin Luther King sulla fine della discriminazione razziale, ma si può star certi che la maggior parte l’ha (...)

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> LA FIOM CGIL, LA FIAT, POMIGLIANO, E IL SOGNO ATEO-DEVOTO DELLA "SOVRANITA’ PRIVATA" DELL’IMPRENDITORE-PAPA. ---- DOPO "FORZA ITALIA, "FABRICA ITALIA". Licenziamenti e sanzioni contro i lavoratori, Marchionne alza la tensione sociale e il livello dello scontro (di Rinaldo Gianola).

giovedì 15 luglio 2010


-  Fabbrica Italia guarda al passato
-  Sorvegliare e punire chi dissente

-  Licenziamenti e sanzioni contro i lavoratori, Marchionne alza la tensione sociale e il livello dello scontro mentre prepara la divisione tra Fiat Auto e il resto del gruppo. Ci sono sorprese in arrivo?

-  di Rinaldo Gianola *

L’impiegato Capozzi di Mirafiori, gli operai Barozzino, Lamorte e Pignatelli di Melfi sono le prime vittime della nuova governance della Fiat. Chi pensava che dopo il risultato favorevole, ma certo non plebiscitario, a Pomigliano d’Arco la Fiat potesse aprire una nuova stagione di confronto e collaborazione con i sindacati, tutti i sindacati, e i suoi dipendenti, deve ora riflettere sulle perplessità e le critiche che alcuni, in particolare la Fiom Cgil ma anche diversi osservatori indipendenti, avevano espresso sulle condizioni imposte dal Lingotto per avviare la produzione della Nuova Panda nello stabilimento campano. Le deroghe al contratto di lavoro e all’esercizio del diritto costituzionale allo sciopero, evidenti nel patto di Pomigliano, sono il modello che, nella visione di Sergio Marchionne, dovrà essere implementato in “Fabbrica Italia“, il progetto che con tanta enfasi, e con tante incertezze, è stato lanciato ad aprile per ribadire le radici e la presenza industriale della Fiat in Italia. Ma c’è di più.

L’invito di Marchionne alla cooperazione, all’abbraccio collettivo, le lettere grondanti retorica sul passaggio storico da affrontare insieme,azionisti, manager e lavoratori, sono aria fritta. propaganda a buon mercato, di fronte a licenziamenti punitivi, ad un’azione sistematica che punta esclusivamente al pieno controllo delle fabbriche, anche a costo di alzare la tensione sociale, di irrigidire le posizioni e di scontentare persino i sindacati che avevano firmato di buon grado il diktat di Pomigliano. L’appello paternalista di Marchionne ha un sapore stantio, è roba vecchia, evoca le lettere di alcuni suoi predecessori quando scrivevano alle mogli dei dipendenti della Magneti Marelli implorando comprensione e solidarietà davanti ai prezzi insostenibili pagati dai mariti-operai. “Fabbrica Italia” può raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi di produttività ed efficienza se i vertici dell’azienda considerano i lavoratori non solo un fattore di produzione da comprimere e spremere, ma come un soggetto responsabile, portatore di diritti e che merita dignità e rispetto.

Attorno alla Fiat, invece, tira un’aria brutta. Il licenziamento di Capozzi, delegato della Fiom e aderente al pd, perchè ha usato la mail aziendale per diffondere un volantino sindacale, richiama una lontana stagione quando gli operai iscritti alla Cgil o che portavano in tasca l’Unita venivano spediti nei reparti confino, all’Officina Sussidiaria Ricambi soprannominata Officina Stella Rossa dai lavoratori colpiti. Fa tornare alla mente i brutti momenti dello spionaggio e delle schedature dei dipendenti Fiat. E le sanzioni contro i tre operai di Melfi, perchè hanno bloccato un carrello robotizzato durante una protesta contro gli eccessivi carichi di lavoro, sono un segnale allarmante: anche nella fabbrica-modello, anche nel “prato verde” lucano dove la Fiat si era illusa di superare il conflitto capitale-lavoro, anche qui Marchionne ha bisogno delle punizioni per esercitare e affermare il suo comando.

È così, con questi sistemi, che la Fiat vuole realizzare “Fabbrica Italia”? Oppure Marchionne sta alzando volontariamente la tensione, il livello dello scontro perchè il suo progetto non regge se non c’è l’adesione totale di sindacati e lavoratori, se non viene importato e applicato il “modello polacco”, se non trionfa il suo pensiero unico? O, ancora, c’è qualche cosa di nuovo e sconosciuto che bolle in pentola a Torino dove la prossima settimana sarà varata la divisione tra la Fiat Auto e tutto il resto del gruppo? Ci saranno ricadute industriali e occupazionali finora non previste e non comunicate?

Qualche sospetto emerge, soprattutto dopo che ieri la Fiat ha fatto il muso duro non solo con la Fiom, ma anche con i sindacati buoni che avevano accettato senza obiezioni l’”accordo” di Pomigliano. La Fiat ha negato il premio di risultato che dovrebbe essere pagato a fine luglio, e oggi scatterà lo sciopero di Fim, Uilm e Fismic. Agli azionisti Marchionne ha concesso il dividendo per ripagarli dei loro “sacrifici”, per i lavoratori non è rimasto niente, devono solo accettare le condizioni di “Fabbrica Italia” e stare zitti.

In questa situazione fa una certa impressione leggere sui giornali confindustriali ritratti di Marchionne, al limite dell’agiografia, che certo non fanno bene al giornalismo, in lotta contro bavagli di varia natura. Domenica scorsa sul Corriere della Sera l’amministratore delegato della Fiat veniva così descritto: «È inarrivabile. E proprio questo è il suo problema...Marchionne lavora anche 20 ore al giorno. dorme pochissimo, mangia quando capita, fuma almeno due pacchetti di sigarette al giorno e nonostante questo ha un’energia e una capacità di concentrazione che lascia ancora basiti i suoi collaboratori». È vero, c’è proprio da restare basiti

* l’Unità, 15.07.2010


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