Tutti i segreti del presidente
di Nicola Tranfaglia *
Non avrei mai creduto, di fronte alla scomparsa dell’ex presidente Francesco Cossiga, di trovare nel mondo politico italiano una così grande ed estesa unanimità di giudizi. Sembrano passati secoli piuttosto che anni dai contrasti che avevano accompagnato le “picconate” dei primi anni novanta con le quali l’uomo politico sardo aveva caratterizzato gli ultimi due anni di permanenza al Quirinale, dopo che nel ’91 il maggior partito di opposizione aveva tentato addirittura di destituirlo, con la procedura di impeachment, dalla più alta carica dello Stato anche per i suoi violenti attacchi a un vero servitore dello Stato quale è stato il prefetto generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e al giudice Livatino, che apostrofò come il “giudice ragazzino”, entrambi assassinati da Cosa Nostra.
E sembra passato un tempo ancora più lungo da quando, ministro degli Interni durante il rapimento di Aldo Moro, aveva nominato nel comitato di emergenza, formato dal Viminale per la ricerca del prigioniero, dieci alti funzionari ed era stato facile verificare che quasi tutti (otto su dieci, per la precisione) erano affiliati alla loggia massonica segreta P2 , sciolta qualche anno dopo dall’apposita commissione parlamentare istituita dal governo Spadolini come avversa alla Repubblica e contraria alla Costituzione. E ancora il fatto che fosse stato proprio Cossiga a spingere la polizia contro i manifestanti: a Bologna nel 1976 provocando la morte dello studente Lorusso e l’anno dopo a Roma causando l’uccisione della studentessa Giorgiana Masi.
Questi aspetti della carriera politica di Cossiga sembrano svaniti nel nulla, così come i suoi evasivi giudizi sulla lunga storia di presenza di poteri occulti che hanno sicuramente agito nella nostra storia repubblicana e rispetto ai quali l’uomo politico sardo, una volta divenuto ex presidente della Repubblica, si è più volte espresso, attribuendo al missile di un aereo francese la strage di Ustica, alla Cia americana quella di piazza Fontana a Milano, a un errore di guerriglieri palestinesi l’eccidio di oltre ottanta persone alla stazione di Bologna. Ma senza spiegare mai agli italiani quanto abbia contato in quella lunga scia di sangue la presenza, in un primo tempo, di gruppi neofascisti legati agli apparati dello Stato ex fascista e, in un secondo tempo, di sedicenti comunisti legati a servizi italiani e stranieri, come alla fine avrebbe argomentato la Commissione Stragi del nostro Parlamento.
Insomma, fino all’ultimo, Francesco Cossiga ha tenuto per sé i segreti importanti conosciuti negli anni in cui, prima come sottosegretario alla Difesa con delega ai servizi segreti, poi ministro dell’Interno e infine come presidente del Consiglio, aveva retto per un lungo periodo le sorti difficili del Paese.
* l’Unità, 20 agosto 2010