LA TESTIMONIANZA
Terremoto, un italiano a Tokyo:
"Sembrava di stare su una barca"
«Una scossa spaventosa»
MILANO Durante il violento terremoto che ha scosso il Giappone alle 7 di questa mattina (ora italiana) le terra ha vibrato talmente tanto che «sembrava di stare su una nave in mare aperto»: lo ha detto all’ANSA Mauro Politi, ricercatore post dottorale presso l’International Christian University di Mitaka, periferia di Tokyo, raggiunto al telefono.
«Qui a Tokyo la scossa è stata spaventosa sia in intensità che durata - spiega il ricercatore, che vive da un anno in Giappone - ma anche la sensazione è stata diversa dal solito. Vivendo qui per un lungo periodo si fa l’abitudine a scosse frequenti e importanti; ma se normalmente tutto attorno vibra, oggi sembrava di stare su una nave in mare aperto. Credo che la scossa principale sia durata ben più di un minuto, attorno alle 14.45 ora locale, e le scosse minori stanno continuando ininterrotte e nitide».
Intanto, la popolazione reagisce compatta alle conseguenze del terremoto: «La gente è organizzata - continua Mauro - ho visto molti uscire dalle case con caschetto e valigetta. La tv continua a far vedere pochi video di danni che, data l’entità dell’evento, oserei dire minori: "calcinacci" crollati, prodotti nei supermercati che caduti dalle mensole e una raffineria in fiamme. Le immagini più impressionanti sono però quelle dello Tsunami arrivato in una delle province a nord di Tokyo. A pochissimi minuti dalla scossa principale però ogni canale televisivo presentava una chiara allerta per le zone costiere interessate». Al momento, conclude il ricercatore, «la conseguenza del terremoto più evidente qui a Tokyo è una paralisi quasi completa delle linee ferroviarie e metropolitane, il che significa totale incapacità di movimento per gran parte della popolazione».
Il corrisponde Ansa a Tokyo descrive il terremoto di oggi come «un’esperienza allucinante»: che lo dica un italiano può apparire normale, ma che sia descritta con tanto pathos dai giapponesi, soliti a convivere con le scosse sismiche, dà l’idea della forza straordinaria del sisma che ha colpito l’intera costa orientale del Giappone. Ho visto la gente riversarsi subito per strada non appena si è capito che la prima scossa delle 14.46 (6.46 in Italia, di magnitudo 7.9 rivista dalla Jma a 8.8) non era affatto passeggera. Almeno un minuto, interminabile, cui ne sono seguite altre di assestamento che hanno fatto aumentare la gente per strada e in un’area, accanto all’ambasciata americana, piena di uffici. Non ho visto scene di panico, anzi battute e sorrisini di stupore per quanto stava accadendo, sussurrate quasi sottovoce, malgrado l’asfalto sotto i piedi sembrasse più il tapis roulant di aeroporti e grandi magazzini rendendo precario l’equilibrio, mentre i pali della luce e dei semafori oscillavano come potenti fionde. La polizia dinanzi alla rappresentanza diplomatica Usa ha allora preso i megafoni e ha invitato tutti «a non creare ingorghi» e a raggiungere le aree del quartiere deputate a funzionare da raccolta della popolazione in caso di «eventi catastrofali».
Sono spuntati diversi elmetti di plastica, qualcuno ha preso il kit da sopravvivenza, obbligatorio negli uffici e nei luoghi pubblici. A distanza di poco più di mezz’ora una seconda e potente scossa ha spinto altre persone per strada, con molte ragazze scalze e senza tacchi, mentre anche in tv i giornalisti hanno indossato gli elmetti. Dopo più di un’ora c’era una tranquillità relativa e surreale, con i tremolii apparsi quasi normali. A questo punto mi sono posto e ho posto una domanda su tutte: «cosa sarebbe successo in Italia di fronte a una scossa del genere?». «Da questo punto di vista - ha risposto serafico un dipendente di una società di trading - è meglio stare in Giappone».
* La Stampa, 11/03/2011