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GIAPPONE: PAESE IN TILT: TERREMOTO (8.8) E TSUNAMI. Allerta in tutto il Pacifico

venerdì 11 marzo 2011
LA GENTE IN STRADA - PAESE IN TILT
Violento terremoto in Giappone
Tsunami di 10 metri sulle coste
Morte e distruzione: "Un inferno"
Scatta l’allerta in tutto il Pacifico.
Si teme per le centrali nucleari.
Paese in tilt: bloccati aerei e treni
TOKYO.
E’ di decine morti il (...)

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> GIAPPONE --- ANGOSCIA ATOMICA DOPO LA CATASTROFE NATURALE. Per cercare di evitare che gli incidenti in corso diventino prima un remake di Three Miles Island 1979 e poi di Cernobil 1986, il Giappone sta deliberatamente autodistruggendo una dopo l’altra le sue centrali nucleari in difficoltà

lunedì 14 marzo 2011


-  ANGOSCIA ATOMICA DOPO LA CATASTROFE NATURALE

-  Giappone, la corsa contro il tempo per fermare la pioggia contaminata

-  I tecnici cercano di raffreddare i reattori gettando acqua di mare

ROBERTO GIOVANNINI, INVIATO A TOKYO *

La prova più seria della gravità della crisi? La decisione delle autorità di inondare i reattori, che non si riesce a raffreddare, con tanto acido borico (che assorbe i neutroni e rallenta la reazione nucleare) e molte tonnellate di acqua di mare. L’acqua del mare contiene sale, scorie, impurità, che una volta immesse nel reattore lo rendono per sempre inutilizzabile.

Dunque, in queste ore il Giappone - per cercare di evitare che gli incidenti in corso diventino prima un remake di Three Miles Island 1979 e poi di Cernobil 1986 - sta deliberatamente autodistruggendo una dopo l’altra le sue centrali nucleari in difficoltà, buttando al vento centinaia di milioni di yen e riducendo le capacità di produzione.

Nell’arcipelago non è mai esistito un movimento antinucleare forte, come in Europa: come hanno detto intelligentemente, in questo Paese che ama e rispetta la tecnologia l’uso pacifico del potere dell’atomo era una dimostrazione di pacifismo. Ma anche qui cominciano a sentirsi voci diverse. C’è chi critica il «Kombinat» nucleare aziendal-statale, chi dice apertamente che il Paese sta «affrontando una emergenza che ci avevano detto non sarebbe mai avvenuta, per un terremoto che ci avevano detto non avrebbe mai creato problemi».

E invece, i problemi - ancora per fortuna relativamente sotto controllo - sembrano moltiplicarsi, proprio come in quei brutti sogni da cui ci si vorrebbe svegliare. Quei sogni in cui appena evitato un pericolo, ecco subito apparire una nuova insidia. Il blackout dei sistemi di raffreddamento nel weekend si è diffuso in un reattore dopo l’altro: adesso sono tre nel sito di Fukushima 1, di cui uno più pericoloso, perché alimentato con combustibile Mox (una miscela di ossidi di uranio e plutonio) e più lento a raffreddarsi. Uno a Fukushima 2. Ma problemi ci sono anche in un reattore della centrale di Onagawa, e si è tremato per un altro del sito di Tokai, a soli 120 chilometri in linea d’aria da Tokyo. Le fuoriuscite di vapore contaminato «controllate» - se si può utilizzare questo termine quando si spara nell’atmosfera acqua con isotopi radioattivi di Iodio-131, che attacca la tiroide, e Cesio-137, che porta il cancro alle ossa - ma obbligate per non far saltare i «vessel», il contenitore in pressione dove avviene la reazione nucleare, proseguono, e si amplia la tragica lista delle persone contaminate. Ora sono 22, 190 quelle esposte alle radiazioni. E le persone evacuate dall’area di rispetto proclamata dal governo sono addirittura 200 mila. Un esodo di massa che avviene con ordine, e senza troppi mugugni. Per ora.

Come sappiamo ormai, l’« uno-due» sisma-tsunami ha tra l’altro messo ko i sistemi di raffreddamento a causa del blackout che ha arrestato i generatori incaricati di far marciare le pompe, compresi quelli diesel di riserva. Nonostante i timori - il rischio era stato evocato persino dal portavoce governativo, Yukio Edano, che ha parlato anche di meltdown di alcune barre di combustibile - non c’è stata la paventata esplosione di idrogeno anche nel reattore tre di Fukushima 1. E gli operatori continuano a immettere acqua di mare all’interno del «vessel» dove la reazione nucleare è stata pure arrestata. Ma la temperatura continua a superare i livelli di guardia, e non è chiaro se le barre di combustibile abbiano subito un danno, una parziale fusione, se addirittura siano state esposte all’aria. Tuttavia, problemi di raffreddamento si stanno verificando anche in altri impianti: la situazione è diventata infatti critica alla centrale di Onagawa, poi al sito di Tokai 2. Per fortuna a quanto pare la pompa d’emergenza ha ripreso a funzionare continuando a ridurre la temperatura del reattore. Ma l’impianto - costruito negli anni 70 - è lo stesso dove nel settembre 1999 si verificò un grave incidente, con la morte di 3 dipendenti.

Intanto, la tv giapponese comincia a parlare di rischi di «pioggia radioattiva», precipitazioni contenenti anche isotopi provenienti dalle fughe «controllate». Non si sa ancora nulla, infine - fa notare Greenpeace - dello stato delle piscine dove viene conservato coperto d’acqua il combustibile «spento», sempre altamente radioattivo. E il governo ammette - con il premier Naoto Kan - che la situazione è ancora «molto grave».

* La Stampa, 14/03/2011


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