Incubo nucleare a Fukushima
il nocciolo rischia la fusione
Nuova esplosione nella centrale. Tokyo chiede aiuto agli Usa. Danneggiati i reattori 2 e 3. Ora si teme una nuova Chernobyl. Il terremoto ha fatto saltare l’energia elettrica, ma i generatori di emergenza hanno continuato a pompare acqua nell’impianto. Poi è arrivato lo tsunami, e ha spazzato via tutto
dal nsotro inviato DANIELE MASTROGIACOMO *
FUKUSHIMA - L’esplosione è improvvisa. Un boato che scuote dieci chilometri di territorio. Gli obiettivi delle telecamere tv, piazzate da giorni sulle colline, stringono verso la costa. Le immagini sono sfocate ma la scena si vede a occhio nudo. Un’immensa nube gialla e rossastra avvolge la struttura bianca in ferro e cemento. Restiamo impietriti. Una voce lancia un grido soffocato: "È scoppiata la centrale". Attimi di panico. Pochi minuti ed ecco un secondo boato, più forte e profondo. La nuvola adesso è un polverone che svetta verso il cielo. Salta la copertura del reattore 3 della centrale di Fukushima 1, la Daiichi. È il mostro che trenta uomini, veri eroi di questa Apocalisse, cercano di domare da tre giorni. Una lotta contro il tempo. Ma l’incubo sembra non finire: alle otto del mattino, quando in Italia era ormai notte, una nuova esplosione scuote Fukushima. E il governo deve ammettere: "Ha ceduto anche il reattore 2. Non possiamo escludere il rischio di fughe radiottive".
Uomini contro macchine. Tre reattori che producono energia a temperature impossibili e squadre di tecnici che pompano acqua di mare per frenare il calore: si combatte per evitare che il combustibile si riscaldi in modo irreversibile e sciolga le camicie di grafite che lo avvolgono. Ma è un’impresa impossibile. L’acqua diventa vapore e la cupola protettiva esterna si trasforma in una pentola a pressione. Salta il tappo, la pioggia finissima di radiazioni nucleari si disperde nell’aria. Sei soldati di guardia e un tecnico sono spazzati via. Altri dieci specialisti, al lavoro nella Fukushima 2, restano feriti. Sono contagiati, uno è un ragazzo di 23 anni.
Passano tre ore, nuovo allarme. Adesso è il reattore 2, rimasto finora silenzioso, che borbotta. Le pompe che succhiano acqua dal mare vanno in tilt. Il processo di surriscaldamento raggiunge il limite critico. Le vasche che ospitano le barre di mox sono quasi vuote. Ci sono solo 30 centimetri di acqua. Il combustibile è rovente. Le camicie del rivestimento si sciolgono, le pasticche di isotopi radioattivi cadono e vagano libere nel cilindro di acciaio che protegge il nocciolo. Poi lo scoppio.
C’è il rischio di una fusione. Accade dentro quella palla di acciaio arroventata. "Per poco tempo", ammette il portavoce della Prefettura di Fukushima. "Solo in parte", si affrettano a precisare i tecnici della Tokyo electronic power (Tepco), gestori delle due centrali. Ma qualcosa di grave è avvenuto. Due ingegneri dell’Agenzia atomica giapponese si presentano davanti ai giornalisti. Più che parlare, balbettano. Hanno un’espressione sconvolta. Sono investiti da una raffica di domande: tutti chiedono cosa sia accaduto, perché ci sia stata una nuova esplosione. Le spiegazioni sono vaghe, molti sono convinti che nascondano qualcosa: qualcosa di terribile, di inconfessabile.
È la rete, ancora una volta, a fornire sprazzi di verità. I blog e i tweet raccolgono voci e indiscrezioni. La portaerei Usa "Ronald Reagan", giunta per aiutare nelle operazioni di soccorso, lascia improvvisamente la costa orientale del paese. L’equipaggio, fanno sapere, presenta delle radiazioni dopo aver attraversato una nube in mezzo al Pacifico: in un giorno hanno assorbito la stessa quantità di un anno. C’è poi la fuga dei cittadini francesi richiamati in patria, l’allarme per nuove piogge acide, le tracce di iodio nell’atmosfera vicina alle centrali. Si scopre che adesso, a protezione del nocciolo, resta una sola struttura in acciaio. Deve essere raffreddata in modo costante e continuo. Basta una temperatura troppo alta e il vapore tornerà a premere su questo scafandro. Ma se salta è davvero la fine. Fukushima 1, con i tre reattori, diventa come Chernobyl. Ci vorranno due ore prima di riempire le vasche di raffreddamento. La Natura, spietata e beffarda, assiste. Dall’esterno detta le regole: provoca il terremoto, scatena lo tsunami.È stato questo muro d’acqua alto dieci metri a bloccare il sistema alternativo di raffreddamento. Ce lo confermano fonti autorevoli dell’Aiea, l’agenzia di Vienna per il nucleare.
Finalmente una verità, la prima spiegazione logica ad un guasto che appare inspiegabile. Incredibile. Non reggono le bugie del governo. Il paese sprofonda, chiudono le grandi fabbriche, crolla la Borsa, l’economia è in affanno. Ma non bastono palate di miliardi gettate nel forno del business. È il Giappone intero, ferito, sconvolto, impaurito, a volere chiarezza. Nessuno - almeno ufficialmente - era riuscito a capire cosa avesse messo fuori uso i sette generatori di emergenza, quelli che garantiscono il processo di raffreddamento delle pompe quando c’è un calo di corrente. Gli ispettori dell’Agenzia lo hanno appurato. "La terribile scossa di venerdì scorso", svelano, "ha interrotto il flusso di energia elettrica. Sono entrati in funzione i generatori e le pompe hanno continuato ad immettere acqua assieme al boro, un elemento che ritarda la fissione del nocciolo. Sembrava fatta. Poi è arrivato lo tsunami e ha distrutto i capannoni che ospitavano i generatori. Fukushima 1 era scoperta. L’acqua non arrivava più ai tre reattori, le barre di combustibile hanno iniziato a scaldarsi oltre misura".
Ci sono volute 12 ore prima di mettere a punto un sistema alternativo. Sono accorsi a decine tra tecnici e di specialisti. Ha telefonato mezzo mondo, hanno offerto consigli e suggerimenti. Niente: il Giappone ha ringraziato ma ha deciso di fare da solo. Questione di orgoglio nazionale, sono 60 anni che convivono con l’atomo. Ma la soluzione non arrivava. Il premier, Naoto Kan, disperato, si è rivolto alla Toshiba. "Aiutateci voi". Si è perso tempo e il reattore non aspetta, continua a produrre energia nucleare. Finalmente, ieri sera, l’orgoglio cede il passo e il Giappone chiede aiuto ai tecnici americani e all’Aiea.
Intanto è arrivata l’esplosione di sabato. Uno shock. Lo smarrimento. C’era assoluto bisogno d’acqua. Qualcuno ha guardato il mare: eccola l’acqua. Ha ucciso diecimila persone, può salvarne milioni. Si è costruito un nuovo sistema di raffreddamento. Le pompe hanno iniziato a succhiare e il reattore si è placato. Ma non bastava. L’acqua si riscalda, va cambiata, bisogna immetterla con la giusta dose: né poca, né troppa. Un lavoro di precisione che un sistema di emergenza, improvvisato, senza tarature, non sa fare. Ecco allora che torna a salire la temperatura, si forma il vapore pieno di radiazioni, preme sulla copertura secondaria, esplode e si irradia con il suo carico. Quelle nubi che vediamo sollevarsi sopra le centrali sono piene di iodio 131 e cesio 137. Viaggiano con il vento e il Giappone è un paese dominato dal vento. Ieri andavano verso est, oggi verso sud, domani torneranno a ovest.
Nelle prossime ore è prevista pioggia: sarà inevitabilmente pioggia acida e radioattiva. Se cede anche l’ultima corazza dei tre reattori, il Giappone vedrà l’inferno.
* la Repubblica, 15 marzo 2011