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ANTONIO GRAMSCI, SULLA "ZATTERA DELLA MEDUSA". Una lettera dal carcere: una grande lezione di vita, di pensiero, e di libertà - di Federico La Sala.

sabato 6 febbraio 2021
Premessa
ROMOLO AUGUSTOLO: L’ITALIA NON E’ NUOVA A QUESTI SCENARI. C’E’ CAPO E "CAPO" E STATO E "STATO": MUSSOLINI E LENIN A CONFRONTO.
L’analisi di Gramsci (già contro le derive staliniste!), una bussola per non naufragare e una lezione di vita e di libertà
ANTONIO GRAMSCI (1891-1937) (...)

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> ANTONIO GRAMSCI, SULLA "ZATTERA DELLA MEDUSA". --- IL RICONOSCIMENTO (e l’appropriazione) DI BENEDETTO CROCE (di Luciano Canfora).

lunedì 18 aprile 2011

SULLA LIBERTA’ DI GIUDIZIO, SULLA LIBERTA’ DI PENSIERO E DI AZIONE DI GRAMSCI, :UN IMPORTANTE, MA PARZIALE E AMBIGUO, RICONOSCIMENTO DA PARTE DEL ‘GRAN SACERDOTE’ DELLA “RELIGIONE DELLA LIBERTA’”:

“Benedetto Croce recensì nei “Quaderni della critica, (III,8,1947) le Lettere dal carcere. Ed è rimasta celebre la sua potremmo dire appropriazione dell’autore rivelato da quelle lettere: “Come uomo di pensiero egli fu dei nostri”

Cosa intendesse con tali parole è giusto chiedersi. La risposta prenderebbe molto spazio perché comporterebbe di affrontare una delle questioni centrali della cultura italiana del Novecento, e cioè l’implicazione profonda dell’opera di Gramsci, quale fu rivelata daí Quaderni, con le due correnti dominanti del neoidealismo italiano impersonate rispettivamente da Croce e da Gentile, nonché i limiti di tale implicazione e l’innesto che Gramsci tentò di quelle filosofie nell’orizzonte mentale e pratico del comunismo.

Ci terremo invece alla spiegazione che ne dà lo stesso Croce: ammirevole perché fondata sulla sola lettura delle lettere e non ancora dei Quaderni.

In quelle lettere Croce riscontra “apertura verso la verità da qualsiasi parte gli giungesse, scrupolo di esattezza e di equanimità, gentilezza e affettuosità del sentire”, e soggiunge: “noi altri, nel leggerlo, ci confortiamo di quel senso della fraternità umana che, se sovente si smarrisce nei contrasti politici, è dato serbare nella poesia e nell’opera del pensiero, sempre che l’anima si purghi e di salire al cielo si faccia degna, come accadeva al Gramsci”.

E sfida gli intellettuali comunisti suoi antagonisti nella quotidiana battaglia delle idee “a adoprarsi a portare, se potevano, la dottrina comunistica a quell’altezza” (Cfr. Luciano Canfora, Prefazione, a: Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, RCS Quotidiani, Milano 2011, p. 9)


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