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CARMELITANI SCALZI ED ECUMENISMO: STORIA E MEMORIA. Ritrovato nel salernitano "file" perduto del tardo Rinascimento

giovedì 14 marzo 2024
UOMINI E DONNE, PROFETI E SIBILLE, OGGI: STORIA DELLE IDEE E DELLE IMMAGINI.
A CONTURSI TERME (SALERNO), IN EREDITA’, L’ULTIMO MESSAGGIO DELL’ECUMENISMO RINASCIMENTALE .....
RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI: LA SCOPERTA DI UNA CAPPELLA SISTINA CON 12 SIBILLE.
Le Sibille di Contursi hanno parentele (...)

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> CARMELITANI SCALZI ED ECUMENISMO: STORIA E MEMORIA. -- SPAGNA.«Sorella, io ti credo». La grande indignación contagia anche il convento. Le Carmelitane Scalze di Hondarribia esprimono la loro solidarietà

domenica 29 aprile 2018

Europa

La grande indignación contagia anche il convento

Spagna. Oltre un milione di firme in 48 ore per chiedere la sospensione dei giudici responsabili della sentenza di abuso sessuale, non violenza, per i cinque stupratori del caso de La Manada

di Marina Turi (il manifesto, 29.04.2018)

Sole 48 ore per raccogliere più di un milione di firme per chiedere la sospensione dei giudici responsabili della sentenza di abuso sessuale, non violenza, per i cinque stupratori del caso spagnolo de La Manada. Almeno una ventina di altre petizioni per avviare la riforma del codice penale su abusi e aggressioni sessuali.
-  Da giovedì scorso l’indignazione dilaga, contamina settori sociali diversi e risveglia la fantasia. Il grafico di @mariasande spiega perfettamente perché questa sentenza è perversa e patriarcale.

Se sei di fronte a 5 stupratori, hai 2 possibilità: sei terrorizzata e li lasci fare o hai molta paura, ma opponi resistenza. Nel primo caso il giudizio della società e dei media sarà che sei una facile e che te la sei cercata, mentre i giudici diranno che non è violenza, ma solo abuso sessuale. Nove anni di pena ai 5 stupratori e via. Nel secondo caso resisti e hai 2 possibilità. Sei fortunata: ti immobilizzano, ti violentano, però sei viva.

In questo caso la giustizia dirà che ti hanno rovinato la vita e ti hanno violentata, ma sarai tu a doverlo dimostrare. Se invece sei sfortunata ti violentano e ti ammazzano. In questo caso la giustizia dirà che c’è stato omicidio, ma per te sarà uguale perché sei morta. Lineare ed esaustivo.
-  Come le dichiarazioni delle monache di clausura dell’ordine delle Carmelitane Scalze di Hondarribia che tramite facebook esprimono solidarietà alla ragazza violentata e disappunto per la scelta dei giudici. «Noi viviamo in clausura, portiamo un abito fino alle caviglie, non usciamo di notte, non facciamo festa, non beviamo alcool, abbiamo fatto voto di castità. È una scelta che non ci rende migliori o peggiori di altre, ma è una scelta libera. Difenderemo con tutti i mezzi a disposizione il diritto di tutte le donne di fare liberamente scelte contrarie alla nostra senza essere giudicate, violentate, intimidite, assassinate o umiliate per questo».

Utilizzano lo slogan «Sorella, io ti credo» e ribadiscono, senza alcun timore, che è qualcosa che riguarda tutta la società. Anche loro, che per scelta vivono segregate, si sentono coinvolte quando avviene un’ingiustizia così. Rabbia e manifestazioni, il rifiuto della sentenza riesce ad ottenere consenso in tutto il paese, isole comprese. Giornaliste, scrittrici, politiche, studentesse lanciano l’hashtag #Cuéntalo - che ricorda l’italianissimo #quellavoltache - per raccontare le proprie storie di abusi e aggressioni sessuali.
-  C’è anche chi invita la regina Letizia a non tacere, a partecipare, almeno con un tweet. L’associazione delle giuriste catalane individua nella sentenza di giovedì un appoggio a l’immaginario collettivo in cui chi subisce una violenza deve scegliere tra affrontare o cedere «come male minore». In un comunicato affermano che così si crea un precedente grave contro la libertà sessuale delle donne. «Sfoca la costruzione del consenso e rafforza l’idea che questo possa essere dato in circostanze di pressione». Si dichiarano molto preoccupate del voto di uno dei giudici a favore dell’assoluzione dei cinque imputati. Forse sarebbe anche il caso di interrogarsi sull’idea di sessualità di giudici che esprimono sentenze simili.

Poi ci sono i politici e molti della destra in imbarazzo per un verdetto tanto osteggiato. Iniziano le dichiarazioni copia&incolla per ribadire che «come carica pubblica rispetterò sempre una sentenza, anche quando non mi piace. Però riconosco che come cittadino e come padre mi pesa accettarla. Tutto il mio appoggio alla vittima e alla sua famiglia» così si lava la coscienza Albert Rivera leader di Ciudadanos, il partito politico della destra liberale attualmente in testa a tutti i sondaggi. E allora via a ripetere che si rispettano le decisioni dei giudici, però ci sono proprio giorni in cui è più duro accettarle. E anche «ci sono ragioni e fondamenti giuridici che il cuore non comprende». Un po’ di ipocrisia, un po’ di convenienza.

Ma è chiaro, non solo ai movimenti femministi più radicali e insofferenti, che questa sentenza così accomodante non è un eccesso di garantismo o solo un fallo nel codice penale spagnolo rispetto alla violenza sessuale, ma è la risposta politica allo sciopero globale delle donne dell’ultimo 8 marzo. In Spagna oltre 5 milioni hanno bloccato il lavoro produttivo e riproduttivo, chi per un’ora, chi per un giorno, perché fosse chiaro che un mondo senza donne si ferma. Adesso fermare una marea di donne sarà difficile.


Giustizia spagnola amica del «branco», rabbia in piazza

Sentenza choc. Pene lievi per i cinque che stuprarono una 18enne. «Violenza» declassata ad «abuso».
-  Manifestazioni in tutto il paese al grido di «Sì, io ti credo». Ada Colau: «Sistema patriarcale»

di Luca Tancredi Barone, Marina Turi (il manifesto, 27.04.2018)

Al grido di «Sì, io ti credo», «No è no» e «giustizia patriarcale», ieri sera sono state convocate dai collettivi femministi una cinquantina di manifestazioni in tutta la Spagna per protestare contro la sentenza resa nota ieri ai membri del “branco” che aveva stuprato una 18enne alla festa dei Sanfermines del 2016. Il caso della manada, il “branco” (così si autodefinivano i 5 nel loro gruppo di whatsapp), ha riempito le cronache ed è stata la scintilla che ha spinto molte donne a reclamare maggiore protezione da parte delle istituzioni. E, in qualche modo, ha aiutato a catalizzare le proteste che si sono incarnate nelle enormi manifestazioni per l’8 marzo.

José Angel Prenda, Alfonso Jesús Cabezuelo, Ángel Boza, Jesús Escudero e Antonio Guerrero Escudero, cinque sivigliani con età oggi comprese fra i 26 e i 30 anni si erano recati a Pamplona, in Navarra, per partecipare alle feste dei Sanfermines, una classica occasione per ubriacature collettive. A un certo punto della notte, si avvicinano a una giovane, la insidiano e la spingono in un portale isolato, e la costringono a rapporti sessuali di gruppo (che la sentenza dettaglia con agghiacciante freddezza).

LA RAGAZZA, incapace di reagire dallo shock e dalla paura, rimane passiva tutto il tempo, quasi sempre con occhi chiusi, aspettando che finisca quell’inferno. Il dettaglio è confermato dagli immancabili video che avevano fatto col telefono (senza permesso), in cui si vantavano delle loro prodezze. Dopo di che, i cinque stupratori rubano il telefono della giovane, per impedirle di chiedere aiuto. Altro inquietante dettaglio trapelato dal lungo processo: la difesa aveva fatto spiare la giovane nei mesi successivi, utilizzando la pubblicazione su Facebook di foto sorridenti e spensierate come prova del fatto che non fosse rimasta traumatizzata.

Nnonostante tutto, due dei tre giudici (due uomini e una donna) sono convinti della colpevolezza dei cinque. Uno invece ne ha chiesto l’assoluzione. Ma l’accusa aveva chiesto dai 22 ai 24 anni per ciascuno degli imputati, ravvedendo gli estremi per il reato di «violenza sessuale». I magistrati hanno invece deciso che la mancanza di violenza esplicita, cioè l’assenza di «colpi, spinte e graffi», di colluttazioni o di minacce con oggetti contundenti, era prova sufficiente del fatto che si sia trattato solo di «abuso», assai meno grave, condannando gli stupratori in prima istanza a solo nove anni. Nel codice penale italiano questa distinzione non esiste più, dalla riforma del 1996 che classifica lo stupro come violenza contro la persona.

LA SENTENZA HA INDIGNATO il mondo politico (condanne unanimi da esponenti di sinistra, e di personalità istituzionali come la sindaca Ada Colau) proprio per questa sottovalutazione del concetto di «violenza». Riassumeva un twitero con il nome di @machistometro, se prendi a pugni un guardia civil - processo in corso nei paesi baschi, dove alcuni giovani rischiano pene gravissime per una scazzottata da bar e in cui vengono accusati di «terrorismo» - rischi 65 anni; se invece ti violenta un guardia civil, se ne becca solo 9. Altri sottolineavano il confronto con il caso dei politici catalani, considerato violento (l’accusa per Puigdemont e altri è quella di «ribellione»), mentre quello degli stupratori è solo un «abuso». L’elenco potrebbe andare avanti a lungo: la sostanza, riassumeva fra gli altri Ada Colau, è che la giustizia è ancora molto, troppo patriarcale. L’eurodeputato rossoverde Ernest Urtasun suggeriva ieri di prendere esempio dalla Svezia, che sta discutendo l’approvazione di una legge che prevede di definire stupro qualsiasi rapporto in cui una donna non abbia dato il suo esplicito consenso. La riforma svedese dovrebbe entrare in vigore il 1 luglio.

IL MOVIMENTO Yo hermana te creo («Sorella, io ti credo») che ha convocato le manifestazioni di ieri si ispira al testo che lo scrittore Roy Galán aveva dedicato alla vittima dello stupro all’epoca dei fatti, che si chiude con le parole «non sei sola». La condanna delle femministe spagnole è a una sentenza che ancora una volta mette in dubbio la denuncia di una donna. Nel 2017 è morta una donna a settimana per violenza machista, ma la violenza sulle donne - al contrario di quella contro la polizia - non è considerata né terrorismo, né questione di stato come reclamano le femministe spagnole da tempo. Tanto è così che per il famoso «patto di stato contro la violenza di genere» votato da tutti i partiti nel 2017, la finanziaria 2018 appena presentata dal Pp non è riuscita a destinare che 80 dei 200 milioni promessi.


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