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CARMELITANI SCALZI ED ECUMENISMO: STORIA E MEMORIA. Ritrovato nel salernitano "file" perduto del tardo Rinascimento

giovedì 14 marzo 2024
UOMINI E DONNE, PROFETI E SIBILLE, OGGI: STORIA DELLE IDEE E DELLE IMMAGINI.
A CONTURSI TERME (SALERNO), IN EREDITA’, L’ULTIMO MESSAGGIO DELL’ECUMENISMO RINASCIMENTALE .....
RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI: LA SCOPERTA DI UNA CAPPELLA SISTINA CON 12 SIBILLE.
Le Sibille di Contursi hanno parentele (...)

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> CARMELITANI SCALZI ED ECUMENISMO: STORIA E MEMORIA. --- Teresa d’Avila. Il mondo è in fiamme. Risposta alle urgenze e ai pericoli del suo tempo (di Christiane Rancé).

sabato 1 dicembre 2018

Il mondo è in fiamme

Risposta alle urgenze e ai pericoli del suo tempo

di Christiane Rancé (L’Osservatore Romano, 02 marzo 2015)

È difficile riassumere la spiritualità di Teresa d’Ávila, tanto è ricca e sottile. Quel che però si può dire, per presentarla, è che trova la sua forza nell’azione. Teresa di Gesù ha elaborato una mistica che rispondeva alle urgenze e ai pericoli del suo tempo e che si articola attorno a tre poli: la sua illuminata comprensione dell’Incarnazione e di ciò che comporta come risposta; la sua invenzione - come si dice della scoperta di un tesoro - del centro dell’anima come residenza di Dio; e infine, la preghiera come operazione amorevole sul mondo.

«Il mondo è in fiamme», scrive Teresa nel primo capitolo del suo Cammino di perfezione. E il mondo, aggiunge, ha bisogno di amici forti (amigos fuertes). Contro quale fuoco vuole agire Teresa d’Ávila? Quello che divora la Chiesa dall’interno, con le idee nuove della Riforma e di altre correnti di pensiero che contestano a Roma il suo dogma e la sua infallibilità. Quel che è accaduto è che la rivoluzione copernicana ha distrutto le basi del mondo antico e diffuso nelle menti di quel XVI secolo, il primo dell’era moderna, un’angoscia generale: né la Terra né Dio sono più i centri di un universo eterno e incorruttibile che girava attorno a loro.

      • [Foto] Vetrata della parrocchia di Santa Teresa a Summit, nel New Jersey

Teresa spazza via magistralmente gli interrogativi che questa vertiginosa scoperta pone alle menti di allora. Che importa se a causa di questa teoria Dio ha perso il suo luogo di residenza? Basta cercare il divino come trascendenza pura, come esperienza interiore, risponde Teresa. Che importa poi se la terra non è più il luogo di un teocentrismo? Se Dio è tutto, se «la macchina del mondo ha, per così dire, il proprio centro dappertutto e la sua circonferenza in nessun luogo», il centro del mondo è là dove c’è l’uomo, e Dio in lui.
-  La citazione di Nicola Cusano ripresa da Pascal, non è un’allegoria; una sfera di raggio infinito ha effettivamente il proprio centro ovunque. Qualunque sia il punto in cui ci si trova in questa sfera, si è de facto a una distanza infinita dal bordo, e ciò in tutte le direzioni dello spazio. Così Dio, poiché risiede nel centro segreto dell’anima, è sempre e inevitabilmente al centro dell’universo.

È questa una delle fonti della spiritualità teresiana: nella scoperta del centro dell’anima. Tomás Álvarez, nel Diccionario de santa Teresa de Jesús, sottolinea l’originalità della madre su questa nozione che diverrà una linea maestra del suo capolavoro, Il castello interiore. Questo centro dell’anima è «la stanza principale, quella dove si svolgono le cose di grande segretezza tra Dio e l’anima». Là, nel suo centro, Dio continua a dimorare e a risplendere. È in questo centro che si celebra l’unione dell’anima con Cristo nostro Signore, precisa Teresa, perché il suo rapporto con lui sia definitivamente stabilito: «L’anima resta sempre con il suo Dio in quel centro di cui ho parlato». Questa concezione, indubbiamente singolare, attirerà su di lei le ire dell’Inquisizione. Si tratta di «errore in filosofia, sogno e fantasia in teologia» decretano i giudici. Quanto all’idea di Dio che sta in questo centro, viene definita un’eresia rivoltante.

Tale è la risposta puramente geniale di una donna che risponde intuitivamente, dalla sua anima, all’angoscia generale che la rivoluzione copernicana genera. Riesce così a mantenere la forza di un divino pacificante. Lei che ha la folle volontà di ridare a Dio il suo posto - di far sì che la sua anima, se si unisce a Dio, ridivenga il centro del mondo - ci riesce: la sua preghiera ricolloca il mondo nello sguardo divino e Dio al centro dell’universo. Pregando, Teresa rimette al suo posto Cristo che viene. Ironia della sorte! Ciò che l’ha quasi fatta definire eretica dall’Inquisizione - la nozione del centro dell’anima - è ciò che ce la rende tanto necessaria.

Teresa di Gesù è stata canonizzata per la santità della sua vita, la creazione del suo Carmelo e la sua irriducibile fedeltà alla Chiesa. Ma ciò che ne fa una nostra contemporanea è questa invenzione. Ben più dell’apertura individuale di un’anima perdutamente fedele a Dio, è colei che dona perpetuamente a Dio un futuro, non con un «penso dunque sono» ma con un «credo dunque Egli è». In tal modo forza l’avvento di un mondo di cui Gesù Cristo resterà l’inevitabile misura.

Teresa d’Ávila ha compreso l’attrazione per la materia e le teorie contemporanee dei suoi simili; da qui la sua avversione per la falsa erudizione, la pretesa al sapere e le smanie dello spirito nei suoi conventi. «L’anima non è il pensiero, e (...) la volontà non è diretta da esso, il che sarebbe una vera disdetta. Ne consegue che il profitto dell’anima non consiste nel molto pensare, ma nel molto amare», afferma.

Teresa si è sentita obbligata ad amare il giorno in cui la vista di un crocifisso le ha fatto capire, all’improvviso, quanto Dio l’amava per averle donato la propria vita nell’infamia e nel dolore della croce. Quanto l’amava per essersi fatto così simile alla sua creatura da incarnarsi nell’essere più debole e più umile che ci sia, non in un principe, ma nel figlio di un falegname della periferia della Palestina. Da quel momento comprende, in un lampo, che non potrà accedere a nessuno stato superiore della fede senza una piena consapevolezza e senza una piena esperienza di questo amore, attraverso la fusione in esso: si rende conto che, perché Dio le risponda, si deve impegnare in modo commisurato all’amore che la sua Passione ha dimostrato.

Così la rappresentazione dell’umanità di Cristo in ciò che ha avuto di più parossistico - la Passione - l’ha sconvolta, ed è attraverso di essa e a partire da essa che ha potuto comprendere appieno quella che costituiva la follia e lo scandalo del cristianesimo: l’incarnazione. «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Giovanni 14, 6). Gesù è il volto umano di Dio. C’era forse metafora migliore di questa verità, che Teresa assimilerà come un’ostia, ossia che la realtà di Dio, il suo essere è accessibile solo in Gesù e attraverso Gesù? Nel Libro della Vita scrive che Gesù è il vero libro dove ha scoperto tutte le verità. La vista sconvolgente del corpo sofferente di Gesù le ha inoltre rivelato, in modo folgorante, tutte le promesse del mistero di Gesù uomo-Dio e Dio-uomo. L’umanità di Cristo offre una possibilità di unione, di comunione e di unità d’amore. Per mezzo di Gesù, la reciproca attrazione tra Dio e la sua creatura si formalizza. Che pensi alla Passione o che mediti su questo mistero, l’orante si ritrova ai piedi di una scala che conduce a Dio, una scala come quella di Giacobbe, una scala di preghiera che dovrà salire per giungere all’unione divina, «dove nulla è paragonabile ai godimenti dell’anima».

Da qui l’esortazione di Teresa a pregare. La preghiera è, secondo lei, «un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con colui dal quale sappiamo d’essere amati». Bisogna pregare perché la preghiera è il momento centrale della creazione religiosa di cui Gesù è il maestro. Pregare perché la preghiera è la lingua dell’amicizia, come il silenzio è quella di Dio. Teresa assicura così la sopravvivenza di quella formidabile rivoluzione teologica, teleologica e umana che è l’incarnazione.
-  Pregare e andare avanti: Ir adelante. Il suo motto ritorna ben centotrenta volte nella sua opera. Andare avanti nel mondo e allo stesso tempo penetrare nel più profondo di se stessi. Non possiamo «pretendere di entrare nel cielo senza prima entrare in noi stessi», avverte.

Che cosa c’insegna la sua spiritualità? Agendo d’amore, come si dice d’istinto, l’irradiazione infinita di ognuno dei nostri atti si diffonde nella trama infinita del mondo. Attraverso l’amore, la mistica di Teresa - la sua contemplazione beata, la sua preghiera - diventa un’azione e crea una dinamica da dove scaturisce la carità. Di fatto, cosa sarebbe l’Amore se si accontentasse di se stesso? Se non fosse partorito dalla carità? Se non s’incarnasse a sua volta nell’amore per il prossimo? Sarebbe nulla. Non sarebbe altro che una vuota speculazione, il contrario stesso della spiritualità di Teresa, che è una mistica dell’azione amorosa.

di Christiane Rancé


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