Jack Kerouac sotto le rose di S. Teresina
di Iacopo Iadarola (Carmelitani Scalzi della Provincia Veneta, 06 Gennaio 2015)
E’ veramente incredibile constatare quanto la nostra S. Teresina sia stata in grado di addentrarsi nella terra desolata del nostro secolo alienato da Dio. A partire dal caso di Pranzini, l’assassino convertito sul patibolo dalle sue preghiere, S. Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo non ha smesso di pregare per i fratelli più lontani e più impaludati nel peccato, secondo la commovente preghiera consegnataci nel Manoscritto C di Storia di un’anima:
Bene, fra questi poveri peccatori tra i quali la nostra santa ebbe l’umiltà di porsi, possiamo annoverare sicuramente Jean-Louis (Jack) Kerouac, il geniale e tormentato padre della beat generation, l’autore del libro di culto On the road (“Sulla strada”).
Anzitutto ricordiamo che Jack non fu mai quell’hippy tutto Buddha, droga & jazz che ci è stato consegnato dai suoi epigoni nonché da una certa lettura ideologica della beat generation. Nessuno meglio di lui può spiegarci, infatti, quale fosse il nocciolo mistico-religioso, e non politico-contestatario, del termine “beat”:
E a distanza di poche pagine aggiunge:
Vero è, d’altro canto, che molto dell’immaginario e della terminologia kerouachiana è intriso di spiritualità buddista, ma è lo stesso autore a sconfessare l’appartenenza a questa confessione religiosa che per lui fu, al massimo, tecnica ascetica e ricerca intellettuale. Così rispondeva infatti al suo amico e poeta buddista Gary Snyder: “«Ah, bene. È fantastico, ma io in realtà credo nel dolce bambin Gesù», oppure nell’«Agnello di Dio»”[4]. Ancora più esplicitamente, lo stesso Kerouac non lascerà più dubbi scrivendo a Parigi nel 1966: “Ma io non sono un buddista, sono un cattolico che rivisita la terra ancestrale che ha lottato per difendere il cattolicesimo contro difficoltà insormontabili, e che eppure alla fine ha vinto”[5].
Non è questa ora la sede per rintracciare le numerose radici del genio cattolico nella vulcanica e poliedrica opera di Kerouac; ci limiteremo pertanto a rilevare come i punti salienti di queste sotterranee radici cattoliche, nei suoi scritti, fioriscono palesi nei Vagabondi del Dharma[6], la sua opera più “religiosa”, che comincia con un cammeo a bruciapelo della nostra S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Siamo nell’incipit del romanzo, laddove il protagonista-autore parte per l’ennesima epopea “sulla strada” saltando su un vagone di un treno merci.
E’ facile notare come la dichiarazione d’essere un monaco buddista sia poco più di un cliché letterario (che come abbiamo visto lo stesso autore sconfesserà più tardi); e come di fronte a questa facile evasione in esotiche figure mistiche, il misterioso passeggero, concretamente reale, lo rinchiodi alla realtà non confutando le sue confuse idee religiose, ma semplicemente tirando fuori dal taschino il sorriso della Santina.
Questo semplice modo di fare lasciò il segno nell’animo del protagonista, se qualche chilometro dopo, sceso dal treno merci e steso sulla riva dell’oceano a fantasticare sul numero delle stelle in cielo, si sarebbe detto:
...per concludere poi così all’inizio del secondo capitolo:
In questo episodio possiamo vedere come, anche nel periodo spiritualmente più equivoco di Kerouac, il suo ancoraggio al cristianesimo è sempre rimasto vivo: e ciò grazie al calore e alla presenza di una santa, che qui come in molti altri casi, ha saputo essere vicina per ricordare alle anime spaesate di questo mondo l’unico Amore, l’unico Amato, Gesù Cristo. Kerouac non lo avrebbe dimenticato mai.
Inoltre, come ci ricorda una sua famosa biografia:
Ancora una volta, la piccola Santa è indicata come cruciale punto di contatto fra lui e Gesù. Sempre dai suoi biografi sappiamo che questa devozione doveva venirgli dal suo contesto familiare, una famiglia francofona canadese fermamente cattolica: fa la madre Gabrielle a insegnare al piccolo Jean Louis a rivolgersi alla Santina, rendendola addirittura presente nella casa materna con una statua. Questa devozione sarebbe stata corroborata anche nel luogo della sua formazione, presso le suore della scuola parrocchiale del suo paese, Centralville (Massachusetts); e lungi dall’essere rigettata, sarebbe rimasta viva nel suo cuore anche quando il giovane Kerouac, come tanti della sua generazione, avrebbe smesso di frequentare regolarmente la Chiesa per bivaccare a quella “mensa dei peccatori” che per lui assunse le dimensioni dell’intero continente americano, squadrata dai binari delle ferrovie e dalle interminabili highways dove i suoi misticheggianti autostop sarebbero entrati nella storia.
Ma per quanto lontano sarebbe potuto andare, per quanto moralmente sarebbe potuto cadere in basso, avrebbe sempre trovato al suo fianco la sua amica d’infanzia, che dalla cella della sua clausura aveva saputo andare molto più lontano di qualsiasi girovago beatnik[11], pur di riaccompagnarne i passi per il ritorno alla casa del Padre. Non più Sulla strada, ma sulla Via (Gv 14,6). O “la piccola via” di cui parlò la piccola Teresa nei suoi ultimi colloqui (Quaderno Giallo, 17 luglio):
Solo ora comprendiamo quanto sia pregnante l’immagine della pioggia di rose “sfioccate e irreligiose” menzionata da Kerouac: rose che traggono il loro colore non da vezzosi libricini devozionali o da oleografie stantie di sacrestia[12], ma da questo sangue sputato, che è comunione al sangue versato dal Crocifisso maledetto (Gal 3,13), l’autentico vagabondo che non ebbe mai dove posare il capo (Mt 8,20; Lc 9,58) per venire a salvarci.
[1] Cf. 5v°-6r°. Questo e gli altri testi che citeremo sono tratti da le Opere complete di S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, II edizione migliorata, Libreria Editrice Vaticana - OCD, 2009.
[2] L’autore conferma quest’esperienza, dandone maggiori dettagli, in una sua famosa intervista rilasciata a Al Aronowitz: “Then I went to Lowell, Massachusetts, in 1954. Got a room in Skid Row near the depot. Walked twenty miles around Lowell every day. Went to my old church where I got my first confirmation. Knelt, all alone, all alone in the church, in the great silence of the church. . . And I suddenly realized, beat means beatitude! Beatific! I was beatific in the church. See? It doesn’t apply to anybody else, I don’t think, the remembrance of your first vow."
[3] In J. Kerouac, «Beati: le origini della Beat Generation», in Scrivere bop. Lezioni di scrittura creativa, Milano, Mondadori, 1996, p. 68.
[4] B. Gifford - L. Lee, Jack’s Book. Una biografia narrata di Jack Kerouac, Roma, Fandango, 2001, 225s.
[5] Satori in Paris and Pic. Two Novels, New York, Grove Press, 1985, p.69.
[6] The Dharma Bums, New York, Vanguard, 1958. Traduzione italiana che citeremo più in basso: I Vagabondi del Dharma, Milano, Mondadori 1999.
[7] Il riferimento più letterale di questa preghiera alle parole lasciateci dalla Santa è rintracciabile nel Quaderno Giallo, 9 giugno: “A suor Maria del Sacro Cuore che le diceva: “Che dolore che proveremo, quando ci lascerà!” Oh, no, vedrete, sarà come una pioggia di rose.” Mentre il significato profondo di questa “pioggia di rose” è svelato nel Manoscritto A, 45v°:
“Una domenica, guardando una fotografia di Nostro Signore in Croce, fui colpita dal sangue che cadeva da una delle sue mani Divine: provai un dolore grande pensando che quel sangue cadeva a terra senza che nessuno si desse premura di raccoglierlo; e decisi di tenermi in spirito ai piedi della Croce per ricevere la rugiada Divina che ne sgorgava, comprendendo che avrei dovuto, in seguito, spargerla sulle anime... Anche il grido di Gesù sulla Croce mi riecheggiava continuamente nel cuore: «Ho sete!». Queste parole accendevano in me un ardore sconosciuto e vivissimo. Volevo dare da bere al mio Amato, e io stessa mi sentivo divorata dalla sete delle anime. Non erano ancora le anime dei sacerdoti che mi attiravano, ma quelle dei grandi peccatori, bruciavo dal desiderio di strapparli alle fiamme eterne...”
[8] Ritraduciamo così l’originale termine inventato dall’autore “infideled”, reso con un improbabile “eretizzate” dalla traduttrice.
[9] J. Kerouac, Un mondo battuto dal vento. I diari di Jack Kerouack: 1947-1954, Milano, Mondadori, 2006, pp. 71.197.
[10] B. Gifford - L. Lee, Jack’s Book. Una biografia narrata di Jack Kerouac, cit., p.225.
[11] Riportiamo le lapidarie parole consegnateci in un’intervista rilasciata poco prima della sua morte: “I’m not a beatnik. I’m a Catholic.” CF. J. Lelyveld, «Jack Kerouac, Novelist, Dead; Father of the Beat Generation», in The New York Times, 22 ottobre 1969.
[12] A questo proposito ci vengono in mente le parole di Giovanni Paolo I rivolte alla Santa in occasione del centenario della sua nascita (1973): “Cara piccola Teresa, avevo diciassette anni, quando lessi la vostra autobiografia. Fu per me un colpo di fulmine. "Storia di un fiorellino di maggio" l’avevate definita. A me parve la storia di una "spranga d’acciaio".
* Testo ripreso il 20.10.2020, con il titolo "Santa Teresina, Jack Kerouac e la promessa mantenuta", dal Carmelo Veneto e "Aleteia".