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REFERENDUM 12 e 13 GIUGNO 2011: QUATTRO QUESITI e QUATTRO SCHEDE. Ecco per cosa si vota. "Io vado a votare. PASSA-PAROLA".

lunedì 13 giugno 2011
Referendum: come, quando e per cosa si vota
Ecco cosa prevedono i quattro quesiti per cui gli italiani saranno chiamati alle urne il 12 e 13 giugno *
ROMA - Con la decisione della Cassazione, che ha stabilito che il referendum sul nucleare si svolgerà anche se il governo con il decreto Omnibus (...)

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> REFERENDUM ---- ECCO PERCHE’ IL QUORUM è POSSIBILE... L’ultima notizia arriva dalla Sardegna, l’isola che pochi giorni ha votato al 98 per cento contro il nucleare. Un gruppo di sindaci si è messo alla testa di un corteo di protesta. Chiedono che l’acqua torni sotto il controllo dei Comuni e che l’impennata dei prezzi venga fermata (di Antonio Cianciullo)..

giovedì 2 giugno 2011

L’ANALISI

Ecco perché il quorum è possibile

di ANTONIO CIANCIULLO *

E’ possibile. Il quorum è possibile. Dal 1995 nessun referendum abrogativo ha raggiunto la soglia del 50 per cento di partecipazione e anche la percentuale di votanti alle elezioni politiche è andata declinando. Il paese è sembrato rassegnarsi, piegare la testa, accettare una guida vecchia e sempre più stanca. Ma questo lungo ciclo di sfiducia, che poteva trascinare l’Italia verso la paralisi e il rischio di un’implosione, si può chiudere il 12 e il 13 giugno. Questa volta non servono sondaggi sofisticati per intuire gli umori del paese profondo. Il test delle amministrative non si presta ad equivoci: due napoletani su tre hanno votato per il cambiamento, a Milano Pisapia ha battuto le previsioni e la costosa macchina pubblicitaria di Letizia Moratti, i candidati fuori dagli apparati ma dentro alla moralità hanno vinto con ampio margine.

Il tentativo di un governo che tutto ha politicizzato di evitare una lettura politica del referendum appartiene alla categoria del patetico, un segno che ha dominato la scena pubblica negli ultimi tempi. La somma dei quattro quesiti in gioco non è infatti solo aritmetica: delinea la possibilità di un salto verso l’Europa, di un recupero della dignità del paese, di una spinta verso la green economy. E dunque il carattere ampio e simbolico della prova referendaria è di tutta evidenza.

Ma c’è un contenuto dei singoli quesiti che è altrettanto forte: mette in gioco il nostro rapporto con l’energia, con la natura, con la giustizia. Ed è importante sottolinearlo. Votando sul nucleare siamo chiamati a scegliere tra due modelli.

Da una parte c’è la Germania, la locomotiva europea che sulla green economy ha costruito centinaia di migliaia di posti di lavoro e una crescita che è arrivata al 5 per cento. Bonn ha ascoltato la voce dei suoi cittadini (largamente orientati verso le fonti rinnovabili) delle grandi industrie (la Siemens ha rinunciato all’atomo, la General Electric prevede il sorpasso del fotovoltaico sul nucleare nell’arco di 5 anni) e poi ha scelto: chiuderà la partita nucleare entro il 2022. Nel giro di 11 anni completerà la sua trasformazione in paese leader dell’economia a basso impatto ambientale.

Dall’altra parte c’è il governo Berlusconi che ha parlato di rinascimento nucleare mentre la produzione nucleare nel mondo era in declino da anni. Che ha garantito la sicurezza della tecnologia considerando i disastri nucleari come eventi assolutamente improbabili poco prima che a Fukushima si registrasse il terzo gravissimo incidente in 32 anni. Che ha scelto come partner Areva, un’industria in forte difficoltà che è stata declassata l’anno scorso da Standar&Pooor’s da A a BBB.

Da questo punto di vista appare emblematico che per bloccare il ritorno del nucleare si debba votare sì. E’ un sì che va inteso come l’adesione a un progetto economico che va oltre allo stop del nucleare e punta a uno sviluppo a misura di ambiente.

Anche sull’acqua, l’altro grande tema ambientale, non si può intendere il referendum come un semplice muro di sbarramento. I due sì servono a respingere l’assalto della privatizzazione selvaggia, svincolata da ogni criterio di efficienza. Servono a rimettere i cittadini al centro di una partita che riguarda un elemento essenziale alla sopravvivenza. Ma servono anche a ricordare che in molti casi, soprattutto nei piccoli Comuni, i servizi più efficienti coincidono con il grado di partecipazione più elevato. Servono investimenti per i cittadini, non cittadini per gli investimenti.

Sono temi poco popolari? A giudicare dalla mobilitazione che sta crescendo di ora in ora non si direbbe. L’ultima notizia arriva dalla Sardegna, l’isola che pochi giorni ha votato al 98 per cento contro il nucleare. Un gruppo di sindaci si è messo alla testa di un corteo di protesta. Chiedono che l’acqua torni sotto il controllo dei Comuni e che l’impennata dei prezzi venga fermata.

* la Repubblica, 01 giugno 2011


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