La democrazia è dunque, in primo luogo, colloquio.
di Guido Calogero*
«... Questo è dunque, intanto, l’atteggiamento fondamentale dello spirito democratico: ‘il tener conto degli altri’. [...] Ma come si tien conto della volontà degli altri? Anzitutto, ascoltandoli. Prima ancora che nella bocca, la democrazia sta nelle orecchie - mio inciso: proprio come succede nei talk show della politica! - la vera democrazia non è il paese degli oratori, è il paese degli ascoltatori. Naturalmente, perché qualcuno ascolti, bisogna bene che qualcuno parli: ma certe volte si capisce anche senza che gli altri parlino, e non per nulla si sente fastidio per i chiacchieroni e reverenza per i taciturni attenti.
La democrazia è dunque, in primo luogo, ‘colloquio’. E qui vediamo subito che gli uomini di scarso senso democratico son già coloro che tendono a sopraffare gli altri nella conversazione, che non stanno a sentire quello che gli altri dicono, che tagliano loro la parola prima che essi abbiano finito di esporre il loro pensiero. [...]
La realtà è che la democrazia vera consiste tanto nel diritto di parlare, quanto nel dovere di lasciar parlare gli altri. È un dovere tanto più delicato, in quanto molto spesso le persone più riflessive, e quindi più capaci di dir qualcosa di utile, sono anche le più riguardose e le meno disposte a compiere un atto di forza per inserirsi nell’eloquenza dell’interlocutore e strappargli la parola. Così i mediocri verbosi riescono spesso a sopraffare gl’intelligenti timidi.
Ma naturalmente questo non va inteso come una specie di giustificazione per i timidi. Chi è timido deve imparare a non esserlo, non foss’altro per abituare l’interlocutore a moderare la sua invadenza, allo stesso modo che si ha il dovere di far valere i propri diritti per non avvezzar male i prepotenti».
* Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo (dal cap. I - “L’abbiccì della democrazia”).
Il suo è un liberalsocialismo del «tu», del «lui» e mai di se stesso. Il «tu», una volta riconosciuto, deve proseguire l’opera infaticabile del primo «io». L’«io» e il «tu», quindi, non esauriscono il linguaggio etico perché c’è sempre un altro pronome non identificato che rivendica con timidezza la qualifica del sui iuris.
Sono innumerevoli i «lui» sparsi nel Pianeta. Gli sfruttati di ogni colore chiedono tutela e vogliono il «tu», ma il nostro «io» si addormenta nella contingenza e insegue la retorica delle consuetudini, per dirla con Carlo Michelstaedter. Il «tu» è facile individuarlo oggi, dato che spesso è figlio di un meccanismo opportunistico, di un vizio di mercato, di un atto oneroso. Il riconoscimento del nuovo «tu», lungi dall’alleviare il dolore sociale, è oramai dettato da un circolo perverso che ferisce la purezza e il dono del gratuito. Il Gott ist tot e l’esaltazione capitalistica dell’esistenza tradiscono la speranza progressista della scuola dell’uomo e rinviano l’appuntamento con la «terza persona». (Guido Calogero e la “terza persona” di Francesco Postorino, Micromega, 28 dicembre 2016)
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L’ATTIVISMO ACCECANTE DEL "FAR WEST" E IL "SAPERE AUDE" DELLA "CRITICA DELLA RAGION PURA": JOHN DEWEY SPARA A ZERO SU KANT, SCAMBIATO PER UN VECCHIO FILOSOFO "TOLEMAICO". Alcune sue pagine da "La ricerca della certezza" del 1929, con alcune note