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ITALIA: LA NOSTRA PATRIA E’ LA LINGUA, NON LA TERRA NON IL SANGUE. Dante e Saussure insegnano. Due brevi saggi, con approfondimenti - di Federico La Sala

lunedì 5 settembre 2011
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DELLA LINGUA E DELLA POLITICA D’ITALIA. DANTE: L’UNIVERSALE MONARCHIA DEL RETTO AMORE. Per una rilettura del "De Vulgari Eloquentia" e della "Monarchia"
IN PRINCIPIO ERA IL LOGOS - NON IL "LOGO". La questione della "Parola" e della "Lingua" ... (...)

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> ITALIA: LA NOSTRA PATRIA E’ LA LINGUA, NON LA TERRA NON IL SANGUE. --- Una moderna forza democratica dovrebbe riconoscere e costruire i nuovi legami politici e sociali (di Michele Ciliberto - Un rebus tutto di sinistra: ritrovare i legami perduti).

mercoledì 8 giugno 2011

Un rebus tutto di sinistra: ritrovare i legami perduti

Le ideologie moderate e conservatrici hanno portato gli individui in una condizione di solitudine: una moderna forza democratica dovrebbe riconoscere e costruire i nuovi legami politici e sociali

Cultura politica. Nell’800 e nel’900 si parlava di masse e di classi. E oggi?

Quali sono i legami democratici che uniscono gli individui del 2000: l’Europa, l’ambiente, i nuovi lavori?

di Michele Ciliberto (l’Unità, 08.06.2011)

C’è molta euforia oggi nel campo del centro sinistra, ed è comprensibile e positivo dopo tante dure sconfitte. A patto però di saperla gestire perché il passaggio al quale è arrivato il nostro Paese è estremamente delicato: l’intero sistema politico è entrato in profonda fibrillazione, né è facile capire quali sviluppi avrà questa crisi e quali ne potranno essere gli esiti. Quello che mi pare necessario, soprattutto oggi, è avere uno sguardo lungo sia sul piano politico che sul piano della cultura politica. E a questo proposito considero utile soffermarsi su un punto che a me pare centrale e che per chiarezza chiamerò “il problema dei legami”.

Se infatti il carattere proprio della “democrazia dispotica” è quello di rompere i “legami” fra gli individui precipitandoli in una condizione di reciproca solitudine, compito di una cultura democratica è quello di ricostituirli ad ogni livello. Dei “legami” e di ciò che essi significano insisto su questo punto occorre dunque fare il pilastro di una democrazia moderna, contrastando frontalmente le ideologie moderate e conservatrici. Ma i legami che bisogna costituire oggi devono essere diversi da quelli del passato.

Occorre anzitutto partire dagli individui; e su questa base costruire legami che siano capaci di mantenere vive ed operanti le differenze individuali e se necessario anche il conflitto. I legami, infatti, possono essere declinati sia in chiave democratica che in termini autoritari e anche dispotici. Un esempio: l’idea di nazione può essere declinata in termini di “piccole patrie”, chiuse in se stesse come monadi (e qui basta pensare alle politiche della Lega), oppure e questo è il compito proprio di una nuova cultura democratica interpretando in modi nuovi il rapporto fra nazione e territorio, ponendo al centro un nuovo concetto di cittadinanza, in grado di aprire la nazione a nuovi popoli, nella prospettiva di un nuovo concetto anche dell’Europa.

Bisogna saperlo: la democrazia vive di differenze e anche di conflitto. Senza conflitto non ci sono né libertà né democrazia, se è vero come è vero, che la crisi della democrazia la sua patologia consiste proprio nel quietismo, nella indifferenza, nella staticità. I “legami” di cui si avverte oggi l’esigenza, e che occorre costituire, non sono quelli otto-novecenteschi, tipici anche del movimento operaio: la “massa”, la “classe”, insomma le vecchie identità sociali e collettive.

Il conflitto fra capitale e lavoro ha cambiato forma, globalizzandosi; si è esaurita la vecchia ideologia del “progresso” che era stata una bandiera della classe operaia; si sono consumate le tradizionali forme di rappresentanza politica e sindacale; sono cambiati anche i rapporti con il mondo, con la vita: gli “individui” non sono più disposti a sciogliersi nella “massa”, nella “classe”, come nel XX secolo. Essi sono estranei oggi a queste vecchie forme di legami: come dice in una bella pagina Adam Zagajewski, «le epoche muoiono più delle persone, e non ne resta nulla».

Quelli che bisogna dunque costruire sono legami in grado di coinvolgere la dimensione della generalità, ma in termini nuovi. Sono i legami che possono sorgere dalla comune consapevolezza dei limiti delle risorse naturali; dalla comune assunzione della centralità del rapporto, oggi, fra nativi e immigrati, per il futuro dell’Europa e tendenzialmente del mondo; dalla comune coscienza della necessità di nuove forme di esperienza sociale e di lavoro; dalla comune persuasione dell’esaurimento delle vecchie forme di rappresentanza politica e soprattutto sindacale; da un comune impegno intorno al destino dell’Europa, mentre sono venuti meno i vecchi modelli identitari e antropologici ed è diventato indispensabile, specie per una forza riformatrice, individuare nuove rotte ideali, culturali, politiche lungo le quali incamminarsi. Sono legami che devono coinvolgere anche i problemi del genere (della Gattung avrebbe detto il giovane Marx); del rapporto individuale con la vita e con la morte; delle nuove frontiere e metamorfosi del corpo dischiuse dalle moderne tecnologie; della relazione con la natura.

È su questo terreno che è possibile stabilire campi di confronto anche con le religioni, tutte le religioni, imperniati sul reciproco riconoscimento dell’ “altro” e dei suoi valori, anche di quelli della cultura laica. È sbagliato infatti identificare “storico” e “relativo”: dalla storia salgono e si affermano legami che tendono anch’essi alla universalità, e che come tali sono stati vissuti, e continuano ad essere vissuti, da coloro che si battono per essi e vi si riconoscono. In una parola, quello cui bisogna lavorare sono nuovi “legami democratici”. Un punto però deve essere chiaro: pensare di costruire nuovi legami ignorando il piano dei rapporti materiali sarebbe insensato: come sapevano già i classici (a cominciare da Hegel) è il lavoro la struttura costituiva dell’uomo, la condizione originaria sia della sua libertà che in generale della democrazia. Oggi come ieri, il lavoro è il centro archimedeo di ogni legame democratico.


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