La forza dell’esempio
di Giangiacomo Schiavi (Corriere della Sera-Milano, - 9 settembre 2011)
Sono in tanti in questi giorni a domandarsi che cosa cambierà nella Chiesa ambrosiana con la partenza del cardinale Tettamanzi e l’arrivo del suo successore Angelo Scola. Accadde la stessa cosa anche nel 2002, quando il cardinal Martini lasciò la guida della diocesi all’arcivescovo che arrivava da Genova. Nove anni dopo si può dire che Tettamanzi ha rafforzato con la forza dell’esempio la pastorale di Martini: come lui, ha sentito il bisogno di testimoniare il suo amore per la città, interpretando con coraggio gli insegnamenti del Vangelo schierandosi dalla parte dei più deboli, dei più fragili, degli indifesi. Non ci saranno traumi in questo passaggio di consegne dettata dall’anagrafe. La complessità e il ruolo di Milano impongono un punto di vista religioso e morale che non può che essere comune: bisogna far crescere la speranza, coltivare la responsabilità, trasformare le paure in energia.
La città si porta dietro uno spirito fatto di memoria, di sfide: e il Duomo è un riferimento per tutti. La Madonnina, che ieri sera Tettamanzi ha ricordata con affetto, ha un valore che va oltre la normale suggestione: è il simbolo di una città amica, che accoglie, che non chiede tessere a nessuno. Davanti al cardinale Scola c’è una città esigente con chi ci vive, capace di ricambiare con gli interessi chi si spende per il suo bene.
Tettamanzi ha dato molto a Milano. Si è fatto carico dei problemi, si è messo in gioco, ha detto tante volte «e io che cosa posso fare?» ribaltando il luogo comune che affida sempre agli altri la soluzione dei problemi. «Tutti noi dobbiamo avere ben presente il tanto che ci è stato donato senza nostro merito, e aprire i cuori alla solidarietà», è uno dei messaggi che lascia a chi ha una funzione pubblica, un posto di responsabilità. «Io da Milano ho ricevuto molto di più di quel che ho dato», ha ripetuto ieri pomeriggio, con semplicità, al sindaco Pisapia e ai consiglieri comunali. Non è azzardato dire che la svolta partecipativa sfociata nella primavera elettorale che ha portato l’attuale sindaco alla vittoria, si deve un po’ anche a lui. Al suo essere un cardinale di popolo, che sa ascoltare e stare con i piedi per terra (e quando occorre, come nella visita al campo rom di via Triboniano, anche nel fango).
Ha avuto coraggio, il cardinale Tettamanzi. Per difendere gli immigrati e la libertà di culto (leggi moschea) ha sfidato l’impopolarità. Per condannare la corruzione e le degenerazioni della politica ha fatto abbassare gli occhi a molti amministratori. In cambio ha ricevuto l’applauso e il calore di una città che sembrava smarrita: le ha restituito fiducia, orgoglio, visione; e in breve ne è diventato la coscienza civica. Il «grazie» che ieri mattina gli è arrivato al telefono dal cardinal Martini non era scontato: è anche il nostro.