Inviare un messaggio

In risposta a:

DANTE E SAUSSURE: UNA SOLA TEORIA, QUELLA DEI "DUE SOLI". Ipotesi di lavoro

mercoledì 1 dicembre 2021
IPOTESI DI LAVORO.Materiali sul tema:
"DUE SOLI" IN TERRA. GENERE UMANO: I SOGGETTI SONO DUE, E TUTTO E’ DA RIPENSARE!!! NON SOLO SUL PIANO TEOLOGICO-POLITICO, MA ANCHE ... ANTROPOLOGICO!!!:
Per una rilettura del "De Vulgari Eloquentia" e della "Monarchia" - DANTE (E BACONE), ALLE ORIGINI DEL (...)

In risposta a:

> DANTE E SAUSSURE: UNA SOLA TEORIA, QUELLA DEI "DUE SOLI". --- LA MATEMATICA E’ POLITICA. E’ una disciplina che non ammette principi di autorità. Una rec. del libro di Chiara Valerio (di Marco Verani - "MaddMaths!").

sabato 12 settembre 2020

Matematica e virtù civili: una recensione di “La matematica è politica” di Chiara Valerio

di Marco Verani (MaddMaths! Matematica Divulgazione, Didattica - 12 Settembre 2020)

      • In questi giorni si sta molto parlando del recente libro “La matematica è politica” di Chiara Valerio, pubblicato da pochi giorni presso Einaudi. Vi proponiamo ben due recensioni. Una è di Marco Verani, e la trovate qui sotto. L’altra è di Maria Mellone e la trovate qui.*

      • L’individuo diviene davvero soggetto morale se si rende responsabile della sua condotta, sia essa conforme alle regole e alle abitudini o difforme da esse.[...] Ha ragione Foucault: “Se è vero che ogni azione morale implica un rapporto con il reale in cui si compie e un rapporto con il codice cui si riferisce, è vero altresì che essa implica un rapporto con se stessi, e questo rapporto non è semplicemente ‘coscienza di sé’, bensì costituzione di sé come soggetto morale”.

      • Bisogna dunque costituirsi come “soggetti morali”. Questo è più che mai urgente nel mondo contemporaneo. La complessificazione della società ha disarticolato i vecchi riferimenti[...] La dinamica della complessità ha dilatato gli spazi di libertà, ha implementato le nostre possibilità di scegliere e soprattutto di sceglierci, di modellare noi stessi con più ampia discrezione di un tempo. Ma per trarre giovamento dai mutamenti del presente bisogna esserne all’altezza.

      • (S. Natoli, Dizionario dei vizi e delle virtù)

“La matematica è politica” di Chiara Valerio ci parla di virtù civili, così importanti e così dimenticate, e del ruolo che la Matematica ha nel forgiarle.

      • La matematica si impara in una maniera che coinvolge il principio di causa-effetto, cioè la necessità, essa è la disciplina che, già dalle prime nozioni, fornisce una postura logica, che subito si rivela postura etica e civile. (p.19)

      • La matematica - disciplina estremamente economica a cui tutti possiamo accedere perché si insegna nelle scuole di ogni ordine e grado - si rivela, a osservarla come prassi, e non solo come teoria, una forma di meditazione, di etica e un esercizio sulla verità. (p.21)

Diverse sono le virtù civili che affiorano, come fari, tra le pagine di Chiara Valerio.

Amore per la verità. Verità che deve essere conosciuta, ricercata, detta anche quando e’ scomoda. Mai imposta, mai subita.

      • La matematica è stata il mio apprendistato alla rivoluzione, dove per rivoluzione intendo l’impossibilità di aderire a qualsiasi sistema logico, normativo, culturale e sentimentale in cui esista la verità assoluta, il capo, l’autorità imposta e indiscutibile. Accettare questa definizione di rivoluzione significa ammettere che la rivoluzione non è un evento, ma un processo, che non esistono certezze perenni, ma che le certezze camminano sulle gambe degli uomini e sui loro sistemi giuridici ed economici, e che tuttavia, sopra i sistemi giuridici, legislativi ed economici, esiste un’idea di comunità che include in sé, per restare a ogni passo perfettamente umana, il concetto di tempo, e dunque all’interno della comunità uccidere (impedire il tempo) e opprimere (fermare il tempo) non sono ammessi. Accettare questa idea di rivoluzione vuol dire ripensare la democrazia come forma di rivoluzione da esercitare. (p.8)

      • La matematica va a fondo nella definizione della verità. La verità non si possiede mai da soli. O tutti siamo in grado, date le condizioni al contorno e l’insieme di definizione, di giungere al medesimo risultato, o posso gridare forte quanto voglio di possedere la verità, ma griderò invano. La matematica insegna che le verità sono partecipate, per questo è una disciplina che non ammette principi di autorità. Tutti, anche se non siamo Pitagora, possiamo dimostrare il suo teorema. [La matematica] è una disciplina che non ammette principio di autorità giacché nessuno possiede la verità da solo, le verità sono asserzioni verificabili da chiunque, o se non da chiunque (alcune volte è difficile) almeno da un certo numero di persone. Inoltre, la matematica è un linguaggio, una grammatica. Per discutere di matematica bisogna accettarne le regole. Sicché uno studioso, ma anche uno studente di matematica, è abituato a operare in un mondo di regole comuni, per ridiscutere le quali non si può essere in uno, bisogna essere almeno in due. Ovviamente la matematica non procede per voto o alzata di mano, ma per ipotesi e verifiche. (p.31)

Perseveranza. La matematica è palestra per allenare la perseveranza, per coltivare l’attenzione.

      • La matematica, piú di altre, è una disciplina nella quale, al netto delle doti naturali (come per esempio i quadricipiti di Usain Bolt nella corsa), applicazione ed esercizio sono fondamentali.[...] Mi rendo conto che studiare, nella dittatura dell’immediato, che viviamo, è un verbo scomodo, pieno di conseguenze e al quale è stata sottratta la sinonimia, naturale, con progettare o immaginare. (p.18)

      • Sedersi a svolgere un esercizio di matematica è un gesto di protesta nei confronti del presente, che sia urgenza percepita o stasi di forza maggiore, perché studiare matematica significa riprendersi il tempo (p.19)

      • Il lettore, come chi studia matematica e in generale chi studia, è capace di stare da solo. Chi sta da solo è politicamente complesso perché non deve essere intrattenuto (p.51)

Bello ricordare e affiancare a questo punto le parole indimenticabili sull’attenzione di Simone Weil e Cristina Campo.

      • Molto spesso l’attenzione viene confusa con una sorta di sforzo muscolare. Quando si dice agli allievi: “Ora state attenti”, li si vede corrugare le sopracciglia, trattenere il respiro, contrarre i muscoli. Se qualche istante dopo si domanda loro a che cosa siano stati attenti, non sono in grado di rispondere. Non hanno fatto attenzione ad alcunché. Non hanno fatto attenzione. Hanno solo contratto i muscoli. Nella nostra anima c’è qualcosa che ripugna la vera attenzione molto più violentemente di quanto alla carne ripugni la fatica. Questo qualcosa è molto più vicino al male di quanto non lo sia la carne. Ecco perché ogni volta che si presta veramente attenzione si distrugge un po’ di male in se’ stessi. Un quarto d’ora di attenzione così orientata ha lo stesso valore di molte opere buone. L’attenzione consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’oggetto. (S. Weil, Attesa di Dio)

      • E avere accordato a qualcosa un’attenzione estrema è avere accettato di soffrirla fino alla fine, e non soltanto di soffrirla ma di soffrire per essa, di porsi come uno schermo tra essa e tutto quanto può minacciarla, in noi e al di fuori di noi. E avere assunto sopra se stessi il peso di quelle oscure, incessanti minacce, che sono la condizione stessa della gioia. Qui l’attenzione raggiunge forse la sua più pura forma, il suo nome più esatto: è la responsabilità, la capacità di rispondere per qualcosa o qualcuno, che nutre in misura uguale la poesia, l’intesa fra gli esseri, l’opposizione al male. Perché veramente ogni errore umano, poetico, spirituale, non è, in essenza, se non disattenzione (C. Campo, Gli imperdonabili)

Umiltà. Fare matematica è ripartire dai propri errori, spesso riconoscere la propria incapacità, confrontarsi con il limite, il non-possibile. Smantellare l’idea del tutto è possibile sempre, subito.

      • Ho capito, in quel momento, che conoscere la matematica significava pure capire quando le cose non si potevano risolvere e che, nonostante fossi certa di averlo fatto, non avevo ancora studiato abbastanza. Che le lavagne vanno cancellate anche quando sopra ci hai scritto grandi verità, perché gli altri possano scriverci le loro. E che l’apparenza inganna, anche in ambiti inattesi come i linguaggi formali. Come gli indiani d’America dovevo convincermi che esistevano cose che potevo risolvere e cose che non potevo risolvere e che era necessario affinare la capacità e l’umiltà di distinguere. Scrivo di persone perché l’apprendimento ha a che fare con gli incontri, con il riconoscimento e con la fiducia. (p.23)

Cura del bene comune. Tra i beni comuni più preziosi che abbiamo vi è la democrazia. Fare matematica è difesa ed esercizio di democrazia.

      • La democrazia è un sistema lento e costoso, e va manutenuto. Come la comprensione, la democrazia non si sceglie una volta per tutte, va esercitata, rinnovata e verificata, somiglia a una teoria scientifica. La manutenzione della democrazia si fa esercitando i diritti e rispettando i doveri, ed è esattamente come imparare a contare. La democrazia è complessa. La dittatura è piú semplice. Uno comanda, tutti gli altri eseguono. La dittatura non è matematica, non si evolve e non si interpreta, cambia colore ma funziona sempre allo stesso modo: uno comanda, tutti gli altri eseguono. Non ha altra conseguenza, altra implicazione che l’obbedienza. Non ha altra ipotesi che il principio di autorità. La democrazia è matematica, si basa su un sistema condiviso di regole continuamente negoziabili e continuamente verificabili. La democrazia, come il linguaggio, e tra i linguaggi la matematica, non è naturale, non è un fiore che sboccia, è una costruzione culturale e dunque, in quanto tale, va continuamente ridiscussa, la democrazia non rinverdisce a primavera come certi alberi, bisogna sceglierla, come si sceglie il linguaggio. Dunque, dal punto di vista costitutivo, la matematica è il contrario della torre d’avorio, del castello, del tabernacolo, la matematica esercita al contesto e quindi a essere cittadini e rappresentanti dei cittadini. E da questo punto di vista, la democrazia, che per poter esistere ha bisogno di tempo e discussioni più lunghe di un tweet, è rivoluzionaria. Non si alimenta di urgenze, le prevede più o meno ragionevolmente secondo emergenze che possono o no diventare catastrofi anche in base al modo in cui vengono affrontate e gestite. La democrazia non istiga alla colpa, ma alla responsabilità, non alla differenza ma all’uguaglianza davanti ai diritti e ai doveri. Non esclude, crea comunità. La democrazia e la matematica non subiscono il principio di autorità dell’urgenza. (p.36)

Chiara Valerio usa una bella espressione: ci dice che la matematica è una “disciplina di manutenzione”, manutenzione della democrazia, del con-vivere nel rispetto e nella solidarietà. Bellissima parola “manutenzione” che richiama il gesto paziente, lento e accudente delle mani. Sì, e’ vero: la matematica è politica.

*

Leggi la recensione di Maria Mellone


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: